I miei amici lettori sanno che l'allenatore preferito del Camerlengo è, per distacco, Carlo Ancelotti. Le vittorie, numerose e in tutti i paesi dove ha allenato (oltre l'Italia, Inghilterra, Francia, Spegna e Germania, insomma, tutta l'Europa che conta ) , testimoniano la sua bravura di tecnico, ma quello che a me piace di più è l'Ancelotti uomo : una classe rara ( con la macchia dell'addio al PSG per correre nelle braccia del Real : lì non fu proprio specchiato...) in una persona rimasta semplice nonostante successo e ricchezza.
Sono ovviamente rimasto dispiaciuto per lui per l'esonero da parte del Bayern, e anche stupito dal fatto che stavolta non sono stati i vertici societari (in passato qualche problema lo aveva avuto con Abramovich e Florentino Perez, ma del resto, chi non li ha avuti con due così ?? ) a decretare la fine del rapporto bensì i boss dello spogliatoio (Robben, Ribery, Muller...).
La dote primaria di Carletto è sempre stata proprio la difficile gestione dei campionissimi, tanto da essere uomo amato da uno come Cristiano Ronaldo e prima Terry, Gerard, per non parlare di tutti i campionissimi dell'ultimo Milan stellare ( lustri orsono ormai). Ebbene stavolta, stando ai rumors, la cosa non gli è riuscita.
Bene, come ti reagisce il nostro emiliano dop ? Recriminazioni ? Polemiche ? Accuse ?
Nemmeno una.
Solo sorrisi e saggezza ( "nella vita succede di peggio"), mentre se ne va a Gerusalemme a mantenere la promessa di presenziare un evento sportivo realizzato per i bambini delle varie religioni di quelle terre.
Un grandissimo, sempre.
Il mio sogno, vederlo sulla panchina azzurra, spero si avveri.
Magari presto...
Ancelotti si sente in pace «Tranquilli, ora mi faccio
dieci mesi di vacanza»
di Davide Frattini
A Gerusalemme per insegnare calcio ai bambini
GERUSALEMME I bambini arabi si sfidano a calcio nei cortili
sulla Spianata delle Moschee, i religiosi protestano perché contendersi la
palla in quello che è il luogo più conteso del pianeta — venerato dai musulmani
e dagli ebrei — viene considerato un gesto sacrilego. Di posti per giocare
sulle pietre antiche di Gerusalemme però ce n’è pochi, le mura circondano le
vie troppo strette della Città Vecchia, i giardinetti mancano, qualcuno monta
le altalene e le reti sui tetti piatti, sopra la calca e il rischio delle
violenze tra israeliani e palestinesi.
Così questo rettangolo verde risalta ancora di più in mezzo
alle lastre rosate. È un campo da calcio, da basket, da tennis, ogni campione
ha voluto tirarci sopra le sue righe bianche, sportivi come Javier Zanetti,
Danilo Gallinari, Novak Djokovic che hanno sostenuto la raccolta fondi per
realizzare la struttura. Costruita sui terreni del Patriarcato, sta nel
quartiere armeno e armeno è il sacerdote che prova a dirigere con il fischietto
il traffico di ragazzini che ogni giorno si presenta con le scarpette al
Jerusalem Sports Playground. È come un oratorio delle diverse religioni, aperto
a tutti.
L’ospite d’onore arriva poco dopo il tramonto, lo accolgono
con le maglie delle tante squadre dove ha giocato o che ha guidato, delle tante
con cui ha vinto, in Italia e all’estero, fino a collezionare 19 trofei in 5
Paesi diversi. Per rispetto nessuno tira fuori quella del Bayern Monaco,
gentilezza forse eccessiva, Carlo Ancelotti sembra sentirsi già in vacanza:
«Nella vita succede di peggio» dice. È volato apposta da Londra per questo
evento, ha voluto mantenere la promessa fatta quando dei tedeschi era ancora
l’allenatore. «Non è che ci siamo messi d’accordo perché mi garantissero del
tempo libero e potessi venire qui a Gerusalemme», scherza con Luca Scolari,
l’anima e l’ideatore del progetto italiano inaugurato un anno fa. «Carlo mi ha
aiutato a realizzare questo sogno, ha appoggiato l’idea di Assist for Peace fin
dall’inizio e mi è stato vicino nei momenti duri», spiega.
A pochi giorni dall’esonero Ancelotti si ritrova seduto in
panchina, sulle lunghe assi di legno verde attorno al campetto, e osserva i
bimbi giocare mentre gli raccontano che il monaco armeno ha un buon piede, il
tocco lieve nonostante i chili di troppo. Assicura di non aver perso a 58 anni
l’entusiasmo che trova riflesso ora nei ragazzini, «altrimenti smetterei.
Invece ho voglia di tornare ad allenare, non subito, in Italia possono stare
tranquilli. Vedremo la prossima stagione. Mi aspettano dieci mesi di riposo».
Mesi in cui — sembra assicurare — il campionato lo seguirà solo da spettatore:
«Per quel che ho visto, sono contento per il Napoli e sono contento per
Maurizio Sarri».
La stanza del Cenacolo non è lontana, a qualche viuzza di
distanza qua dietro, ma di Giuda e di traditori, di stelle del Bayern che ne
avrebbero chiesto la crocifissione preferisce non parlare: «Adesso è il momento
di riflettere e restare in silenzio». D’altronde «anche in campo è meglio
tacere», come ripete a chi gli fa notare che i bambini ebrei, musulmani,
cristiani parlano lingue diverse, a volte non si capiscono: «Basta correre e
passarsi la palla, a far comunicare è sufficiente lo sport».
Che per Ancelotti resta la scuola migliore per imparare a
vivere insieme e «a me ha insegnato a superare i limiti, ad andare avanti e
oltre».
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