La campagna elettorale, col suo contorno di sondaggi e previsioni, assomiglia al gioco del calcio mercato (quello estivo, ché l'invernale, si è capito, serve a nulla), quando tutti possono sognare di vincere (a Roma è un classico assoluto..., per fortuna in genere già a Natale i sogni sono sfumati...) .
Non raramente, accade poi che i sondaggisti sbaglino, e non succede solo da noi (si veda Trump negli USA, con la Clinton che ancora poveretta parla da sola) .
Però ho notato una cosa curiosa. L'errore è più consueto quando il vincitore in pectore è di sinistra...
Accadde nel 1994, la famosissima "gioiosa macchina da guerra" di Occhetto, quasi riaccadde nel 2006, quando l'Unione la spuntò di un niente, senza una vera maggioranza in Senato (tanto è vero che Prodi durò solo due anni, e poi si tornò a votare), e ancora nel 2013, con la "non vittoria" di Bersani.
In tutti e tre i casi citati, la sinistra, e poco centro, erano dati per strafavoriti.
Nel 2001 e nel 2008, quando i sondaggi davano avanti il centro destra, il pronostico fu assolutamente rispettato, tanto è vero che nel primo caso Berlusconi finì la legislatura, nel secondo ci volle il tradimento di Fini (brutta fine i traditori.., ma Alfano si vede che la lezione non l'aveva imparata) e poi il terremoto della crisi economica, con lo spread alle stelle e le pressioni europee, per far cadere il Cavaliere nel 2011.
Alla vigilia del voto del 4 marzo, tutti i sondaggisti danno vincente la coalizione del centro destra, specialmente nei collegi uninominali, dove invece è assolutamente debole il movimento 5 stelle, che non ha assolutamente personaggi di spicco per spuntarla nei duelli diretti (vince a volte nei ballottaggi comunali, ma lì perché si prende i voti del terzo escluso..., vedi Torino e Roma, dove Appendino e Raggi sono state elette coi voti del centro destra).
Arrivare primi (come coalizione, mentre tutti i partiti di centro destra prendono meno voti di M5S e PD) probabilmente non basterà per avere la maggioranza in Parlamento e quindi governare da soli.
Anzi, questa previsione per la stragrande maggioranza degli osservatori viene data per certa.
Ho trovato quindi interessante leggere oggi su Repubblica - giornale che peraltro non sarà stato contento di prendere in considerazione tale ipotesi - come uno studioso di scienze politiche, il professor Vassallo dell'università di Bologna (personaggio peraltro vicino ai democratici piddini) delinei una maggioranza parlamentare del centro destra come assolutamente possibile.
In buona sostanza, la partita si giocherebbe in 87 collegi uninominali : se il Cavaliere ed alleati conquistassero 57 dei seggi in palio, il risultato sarebbe raggiunto, sempre che altrove i pronostici, dati per pressoché sicuri, fossero rispettati.
Impresa non semplice, si tratta di vincere in oltre il 50% dei casi, ma non impossibile perché, viene spiegato, si tratta di seggi contendibili, incerti per tutti ( ancorché con percentuali di successo diverse a secondo dei singoli collegi).
Interessante no ?
Diversa questione è se poi il Cavaliere auspichi veramente questo scenario all'indomani del 4 marzo , con un governo non semplice con Salvini e Meloni (ma le poltrone di governo e sotto fanno miracoli...) , oppure preferisca, come tanti sostengono esplicitamente, la piccola intesa (grande mi sembra parolone) con il PDR (il pd renziano, o il partito di renzi, a scelta).
Obiettivamente, oggi come oggi vedo meno distanza tra i due che tra il cav e gli altri leader della coalizione di centro destra.
Da parte mia, andrebbero bene entrambi gli esiti, con una preferenza, lo confesso, per il secondo, ancorché non la veda facile la convivenza di simili galli ruspanti (Berlusconi e Renzino) .
La cosa proprio da evitare è un governo coi 5 Stelle, in qualunque modo declinato (Lega, PD, Liberi e belli....). Oggi i sondaggi escludono abbastanza nettamente una simile possibilità, ma, lo sappiamo, che sbaglino non è infrequente.
Incrociamo le dita.
Di seguito prima l'analisi dei risultati dell'elaborato, poi il commento sullo stesso da parte dell'autore dello studio, il prof. Vassallo.
Buona Lettura
ELEZIONI, NELLA BATTAGLIA DEI COLLEGI ALLA CAMERA
COMANDA IL CENTRODESTRA
L'analisi collegio per collegio sugli scontri uninominali
per Montecitorio. Per il Movimento 5 Stelle solo 4 collegi sicuri. Ma i numeri
indicano chiaramente come solo il centrodestra può ottenere la maggioranza.
Almeno stando ai sondaggi di queste settimane
di LAVINIA RIVARA. Con un contributo di SALVATORE VASSALLO
La partita per il governo il centrodestra se la gioca tutta
in 87 maledettissimi collegi uninominali sui 232 totali, quelli dove la
vittoria della coalizione di Berlusconi, Salvini e Meloni è possibile ma non
certa. Al centrodestra, che parte da un bottino sicuro di 259 seggi (115
uninominali), basta conquistare 57 di quei collegi per avere la maggioranza di
316 deputati a Montecitorio.
Al Pd, che conta su 133 seggi blindati (24 uninominali) non
resta che sperare che la battaglia al Sud tra 5Stelle e centrodestra volga a
favore dei primi, che partono da 112 possibili deputati (solo 4
nell’uninominale). Magari non troppo, perché Renzi punta al gruppo parlamentare
più numeroso per restare in partita se il centrodestra fallisce la maggioranza
assoluta.
A questo risultato approda la simulazione elaborata da
Salvatore Vassallo, ordinario di Scienza politica all’Università di Bologna,
che pubblichiamo oggi fotografando i rapporti di forza tra i tre principali
poli in tutti i collegi uninominali della Camera, (domani quelli del Senato).
Lo studio si basa solo sui sondaggi delle ultime due
settimane, ma anche sui flussi da un partito all’altro applicati ai risultati
delle politiche 2013 in
ogni collegio del Rosatellum. Naturalmente si tratta di stime approssimative e,
al netto del normale margine di errore statistico, gli elettori possono
riservare sorprese.
IL MEZZOGIORNO.
Il centrodestra parte da un vantaggio di 144 seggi sicuri
nelle liste proporzionali e di 115 nell’uninominale. Totale: 259 deputati. Per
arrivare a quota 316 gliene servono almeno 57. Dove può prenderli? Il terreno
per fare nuove conquiste è soprattutto il Mezzogiorno, visto che al Nord la
coalizione sembra già molto forte.
In particolare, come si vede dai dati delle singole regioni,
è in Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia e Basilicata che la partita sembra
apertissima, con quasi tutti i collegi, 31 per l’esattezza, ancora da
assegnare.
Ma a contenderseli con il centrodestra sono solo i 5Stelle,
mentre la coalizione di centrosinistra perderebbe ovunque. Un destino che
sembra toccare anche le contestate candidature di Viceconte e Mancini.
IL CENTRO.
L’alleanza di destra
è forte anche nel centro. Neanche i seggi di Gentiloni e Madia a Roma sono
blindati. In Campania avrebbe 17 collegi sicuri su 22 e i 5 in bilico se li contende
ancora con i grillini, con i quali la partita è apertissima anche in quattro
collegi dell’Abruzzo. In Campania sembrano destinati alla sconfitta col
centrosinistra anche il pediatra Paolo Siani, il maestro Rossi Doria, il figlio
di De Luca(Piero), e il nipote di De Mita (Giuseppe). Blindato invece appare
Sgarbi ad Acerra.
Già espugnati dal centrodestra anche 10 collegi nel Lazio,
cioè la metà. Ma qui in diversi casi l’avversario è il Pd. Anche se non ce la
dovrebbero fare né Fioroni, né Fattorini e l’unica in pole per la vittoria è
Prestipino.
LE ROCCAFORTI ROSSE.
In Toscana e in
Emilia la situazione si ribalta, ma non al punto da poter dire che il Pd fa
cappotto. Nella terra renziana può contare su nove collegi blindati su 14, tra
cui quelli di Padoan, Lotti, Giachetti, Romano, Di Giorgi, Della Vedova
(+Europa). Ma è in bilico Donati nella Arezzo di Banca Etruria. A Massa
doverebbe farcela invece Bergamini, fedelissima del Cavaliere e a Lucca
Zucconi(Fdi).
In Emilia il centrosinistra ne avebbe di sicuri 10 su 17,
tra cui quelli di De Vincenti, Delrio e Lorenzin (Civica popolare). Non così
blindato invece il collegio di Ferrara dove corre il ministro Franceschini: è
quotato al 35%,mentre la sua avversaria,la leghista Tomasi, al 31%. Del resto
sono sempre i leghisti ad insidiare in altri 5 collegi il centrosinistra.
In entrambe le regioni infatti i 5Stelle non toccano palla,
ad eccezione di Rimini dove la grillina Sarti ha qualche chance. In Umbria e
Marche la corsa è apertissima. A Pesaro il ministro Minniti viene dato al 33% e
deve vedersela sia con il 5Stelle Cecconi che con la forzista Renzoni. Perchè
mentre in Umbria i pentastellati sono fuori, nelle Marche spesso la contesa è
ancora a tre.
IL NORD.
Nei 37 collegi della Lombardia il centrodestra fa filotto al
netto della decisione della Corte d’Appello di Milano sui 15 candidati di ‘Noi
con l’Italia’ al momento esclusi (tra loro Michela Vittoria Brambilla): solo
due sono in bilico a Sesto San Giovanni e a Milano 2; qui la dem Quartapelle
cerca di battere la leghista Molteni. Blindate le azzurre Brambilla, Gelmini e
Ravetto. Situazione analoga in Veneto. Una sfilza di collegi blu, esattamente
17 su 19 e tra questi il seggio di Brunetta. Il Pd prova a combattere solo a
Venezia e a Padova.
Il quadro non cambia in Friuli: 4 seggi su 5 a Lega e FI; a Goriza l’unica
speranza per i dem. In Piemonte la situazione è più fluida: il centrodestra può
contare su nove collegi, quasi tutti leghisti, mentre altri otto se li litiga
con gli altri due poli. Quadro complicato anche in Liguria: il centrodestra si
aggiudica due collegi, i dem se la giocano in quattro e i grillini in tre.
Valle d'Aosta non considerata perché esclusa dai sondaggi. Infine il Trentino:
il Pd grazie al patto con Svp prende tre seggi , tra cui quello dell’ex
ministra Boschi, gli altri tre se litiga con la Lega.
IL VANTAGGIO DEL CENTRODESTRA E LA CENTRALITÀ DEL PD
di SALVATORE VASSALLO *
Le simulazioni qui pubblicate non derivano da un singolo
sondaggio ma sono il prodotto di una mia personale elaborazione, svolta sulla
base di una molteplicità di fonti, tra cui anche i dati di due rilevazioni
campionarie cortesemente messe a mia disposizione da SWG, da cui ho ricavato
una "matrice dei flussi", cioè degli spostamenti dell'elettorato da
un partito all'altro, differenziati per macro-aree, che ho applicato ai
risultati elettorali del 2013
in ciascun collegio del Rosatellum.
Il modello è stato costruito assumendo che ogni partito
ottenga sul piano nazionale un risultato pari a quello previsto dalla media dei
sondaggi sulle intenzioni di voto pubblicati nelle ultime due settimane. Assume
quindi anche che le varie liste minori alleate del Pd e la "quarta
gamba" del centrodestra non superino la soglia del 3% ma, prendendo poco
più dell'1%, portino in dote questi voti ai partiti maggiori sul proporzionale
in cambio di qualche seggio in collegi uninominali sicuri.
Naturalmente, non è affatto detto che il 4 marzo gli
italiani voteranno così. E cambiamenti di pochi punti percentuali, dentro il normale
margine di errore statistico, possono produrre variazioni importanti nella
ripartizione dei seggi. Presumo però che anche altri analisti o istituti
abbiano usato una tecnica simile e che quindi i risultati della mia analisi non
siano tanto distanti da quelli presi a riferimento dai dirigenti di partito per
compilare le liste.
Dalle tabelle relative ai singoli collegi si capisce,
dunque, quali sono i candidati che leader e capicorrente hanno scelto di
privilegiare, quali candidati sono finiti in collegi persi in partenza, quali
in collegi in bilico, in cui dovranno combattere se vogliono conquistare il
seggio. Possono anche essere lette come una stima del vantaggio o dell'handicap
con cui ciascun candidato si presenza ai nastri di partenza. Da questo punto di
vista, forniscono un parametro in base al quale si potrà valutare "se e
quanto" ciascun candidato avrà contribuito, in positivo o in negativo, al
risultato finale.
Il modello che ho adottato produce una stima puntuale del
risultato atteso di ciascuna coalizione in ogni singolo collegio. Ma si tratta
di stime che vanno prese come approssimazioni spannometriche.
La definizione di 'collegio sicuro' indica una vittoria
annunciata. Vuol dire che il candidato in questione parte favorito, ad una
distanza dal secondo di almeno cinque punti percentuali. 'Collegio in bilico'
indica che due o tre candidati sono all'interno di un margine ridotto, e quindi
quel collegio è contendibile. Un collegio può essere considerato 'perso' per un
candidato che parte con un handicap di almeno cinque punti rispetto al
favorito.
Non bisogna dimenticare che nei collegi uninominali si
assegna solo il 37% dei seggi. Per l'assegnazione di tutti gli altri, su base
proporzionale, vale la percentuale di voti presa da ciascun partito e l'ordine
di presentazione dei candidati nelle liste dei collegi plurinominali. Siccome
la stessa persona può essere candidata contemporaneamente in un collegio
uninominale e in cinque collegi plurinominali, alcuni dei candidati che
appaiono senza speranze nell'uninominale, hanno in realtà già in tasca il
biglietto per i palazzi romani grazie alla posizione in lista.
La previsione dei "seggi sicuri" nella quota
proporzionale è in alcuni casi più semplice e certa, in altri assolutamente
aleatoria. Ad esempio, i capilista del PD e del M5S, salvo sconquassi, sono
quasi tutti blindati. In molte circoscrizioni lo sono anche i secondi o i
terzi. Ma quando si arriva alla assegnazione dei seggi sulla base dei
cosiddetti "resti" inizia una specie di lotteria i cui meccanismi
sfuggono anche ad alcuni professionisti del settore. Si intende: i
"professionisti" che hanno compilato le liste conoscono abbastanza
bene questi tranelli e usano l'alea sottostante per persuadere i candidati meno
informati ad accettare posizioni scomode oppure per piazzare in posizioni solo
apparentemente insicure candidati che intendono garantire.
Un ulteriore fattore che rende poco trasparente l'ordine di
lista è costituto dalle candidature multiple. Nei partiti piccoli come Liberi e
Uguali o Fratelli d'Italia sono comprensibilmente utilizzate dai leader per
trainare voti e per mettersi in tasca più biglietti della "lotteria".
Nei partiti grandi viene usata anche per aggirare le norme sull'equilibrio di
genere. Se, come capita spesso, i maschi a cui si vuole garantire il seggio
sono in numero superiore alle donne, che si fa? Si candidano donne nemmeno così
note in due o più collegi plurinominali in posizione sicura. Non per garantire
con assoluta certezza la loro elezione (per quello basterebbe che fossero messe
in posizione sicura in una sola lista), né perché attraggano voti. Ma perché
così, risultando già elette in un collegio, fanno scorrere la lista negli altri
collegi plurinominali a vantaggio dei candidati maschi che seguono. Quindi, candidati
che appaiono collocati in posizione non eleggibile, sono in realtà destinati ad
entrare in Parlamento.
Quanto al risultato complessivo, se le tendenze nelle
intenzioni di voto rilevate ormai da qualche settimana con una certa regolarità
si dovessero stabilizzare, rimane una sola incognita, politicamente molto
rilevante.
Pare assodato che 5 Stelle e Pd siano troppo distanti dal
centrodestra per arrivare primi. L’unico quesito è se la coalizione elettorale
messa insieme da Berlusconi otterrà oppure no la maggioranza assoluta dei
seggi. Nel primo caso non solo potrà ma - anche contro le aspettative di alcuni
suoi leader - dovrà per forza di cose diventare una coalizione di governo.
Se invece la maggioranza non c'è, il Pd, anche con un
cattivo risultato in termini percentuali, potrebbe mantenere un ruolo centrale
in qualsiasi tentativo di tenere in vita la legislatura con un governo "di
continuità", di "larghe intese" o con "un governo per la
riforma dell'Unione Europea" sulla linea Merkel-Macron.
Ad oggi, il centrodestra sembra molto vicino al risultato.
Se prendessi completamente sul serio, fino ai decimali, le intenzioni di voto
rilevate dai sondaggi e il mio modello di simulazione, dovrei dire che lo ha
raggiunto: di pochissimo alla Camera e con un margine un po' più ampio al
Senato.
Mi pare più realistico assumere che l'esito finale sarà
deciso in quei circa ottanta collegi uninominali della Camera e nei circa
trenta collegi uninominali del Senato che risultano contendibili per il
centrodestra. Se li prende tutti, ottiene una confortevole maggioranza in
entrambi i rami del Parlamento. Più o meno la metà di questi seggi sono contesi
tra il centrodestra e il centrosinistra nel Lazio e nel Nord, l'altra metà sono
contesi tra il centrodestra e i Cinque Stelle nel Sud. Quindi, per uno strano
paradosso, la centralità parlamentare del "Pd di Renzi" è appesa al
successo elettorale del "partito di Di Maio".
* Salvatore Vassallo è professore ordinario nell'Università
di Bologna, dove insegna Scienza politica e Analisi dell'opinione pubblica.
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