Su La Stampa di Torino la Juventus era prevalentemente affidata alla penna di Massimiliano Nerozzi.
Mi piaceva, lo trovavo piacevolmente critico, obiettivo. Probabilmente troppo, per Agnelli e Co., oppure semplicemente Nerozzi ha cambiato giornale, visto che oggi lo trovo sull'edizione on line del Corriere della Sera. Il suo posto l'ha preso tale Barillà, decisamente moltooo più aziendalista...
L'articolo che segue, su Luciano Spalletti, è riprova dell'arguzia e dello spirito del cronista, decisamente superiore, per me, al collega che lo ha sostituito, che però immagino più gradito alla casa bianconera.
Non so come Nerozzi abbia intercettato questo curioso colloquio tra l'allenatore dell'Inter, ed ex della Roma, e un pugno di tifosi giallorossi, avvenuto dopo la gara di ritorno tra le due squadre, però è divertente, come del resto lo è l'uomo , con la sua verve tutta toscana.
Chissà cosa penserà la mia amica lupacchiotta, Angela, nel leggere le parole del suo vecchio e odiato mister : il suo idolo, Totti, escluso perché "non correva più" (vabbé, però sapeva calciare il pallone, mica roba da tutti), e i compagni si demoralizzavano se lui entrava ( e questo non risulta).
Ci sono altre cose divertenti, e tra queste lo sconsolato "qui non si vince una fava" , almeno finché il gap economico e organizzativo con la Juve resterà l'attuale.
Magari il Napoli lo smentirà proprio quest'anno, ma la logica del ragionamento in effetti suona.
Vabbè, i tifosi di Roma e Inter non saranno contenti, io mi sono divertito.
Roma e Inter, tutti i tormenti del povero Luciano Spalletti
Le confidenze del tecnico a un gruppetto di tifosi
giallorossi dopo lo scontro diretto: «Com’è la situazione qui? L’ambiente è a
un passo dalla follia. Totti? Non correva più»
di Massimiliano Nerozzi
Chiacchierando a notte fonda con sei tifosi della Roma,
davanti a un ristorante di Milano, Luciano Spalletti riavvolge il passato
romanista e racconta il presente nerazzurro: dalle panchine di Totti («non
correva più») al delicato momento dell’Inter («un ambiente a un passo dalla
follia»). È il 21 gennaio, e l’Inter ha appena pareggiato con la Roma a San Siro (1-1): primo
tempo di tormento, ripresa di mezzo portento. Con l’espressione abbacchiata,
l’allenatore entra, da solo, da «Grani & Braci», locale aperto fino a
tardi. A un tavolo sono seduti sei tifosi giallorossi in trasferta, e legati da
un’inequivocabile chat di WhatsApp: «Luciano non ti temiamo».
Sarebbe il momento di dire al loro ex tecnico, che lo scorso
anno tanto hanno fischiato, quel che pensano. Ma nessuno se la sente, pure
perché Spalletti, a tavola senza compagnia, pare davvero giù. Niente, nessuno
se la sente. La cena finisce e i sei vanno alla cassa, con le sciarpe della
Roma penzolanti. Quelle che fanno alzare l’allenatore dell’Inter: «Ragazzi —
attacca — ben trovati. Fate buon viaggio di ritorno a Roma». Il tempo di una
sigaretta, poco fuori il ristorante e Spalletti li raggiunge. Parlerà per quasi
un’ora, in una chiacchierata che diventerà confessione: manca solo Gigi Marzullo.
La prima domanda non è quotata: l’ultima tormentata stagione del Pupone. «Totti
non correva più, e gli altri giocatori si deprimevano se lo facevo giocare». E
poi, il mercato in uscita della Roma. Tutto previsto, confida Spalletti:
«Pallotta mi aveva fatto chiaramente capire che avrebbe venduto i pezzi
migliori».
Non va troppo meglio all’Inter, si deduce dalle espressioni,
e dalle parole: «Com’è la situazione qui? In società non vogliono spendere e
l’ambiente è a un passo dalla follia, tipo Roma: sempre sul filo
dell’equilibrio». Pausa: «A volte, è un ambiente depresso». Davanti, però, ci
sono pur sempre tifosi della Roma, che qualcosa avrebbero voluto vincere. E
allora, altre domande. E il tecnico si sfoga, dopo stagioni davanti al plotone
d’esecuzione delle radioline romane: «Mi avete rotto le scatole, e io ho
portato la Roma
al 2° posto, prima del Napoli. E mo’ col cavolo che lo prendete, il Napoli».
Ragazzi giallorossi quasi ammutoliti, poi però si ricordano «della Coppa vinta
dalla Lazio», e dei sogni di vittoria. «Sì mister, ma noi ogni tanto vorremmo
vincere, una cosetta, una coppetta. In Coppa Italia e in Europa League
un’occasione l’avremmo avuta». Il tecnico non si sottrae, mica siamo in
conferenza stampa, davanti a microfoni e tv: «Certo che c’era l’occasione,
andate a dirlo ai giocatori».
Il problema resta vincere qualcosa, a Roma come a Milano,
solo che Spalletti un’idea chiara ce l’ha: «Volete vincere? Non avete capito
nulla, e non l’hanno capito neanche qui a Milano: con questa Juve, che c’ha due
squadre, e non si vince una fava!». Si parla della partita appena finita: ma
come ci ha visto stasera?, chiedono. Di Francesco ha sbagliato i cambi?
«Vogliamo parlare di errori? E i nostri?». Si avvicinano anche tre tifosi
dell’Inter, e uno comincia ad armeggiare con il cellulare. Spalletti scatta
subito: «Che stai facendo? Niente registrazioni, niente filmati, sto parlando
con degli amici». Ma ormai siamo alla fine. Giusto un saluto, andando via in
macchina: «Mi raccomando ragazzi, stasera non fate danni». Da quel momento, la
chat dei sei tifosi ha un nuovo nome: «Gli amici di Luciano».
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