Salvini non lo vedo un garantista, anzi. Però predica la non processabilità in appello di chi è stato assolto in primo grado, accogliendo il principio anglo sassone per il quale, a quel punto, come si potrebbe mai ritenere superabile il "ragionevole dubbio" che nei paesi civili protegge il presunto innocente ?
Insomma, oscilla tra istinto giustizialista e pensiero ragionevole.
Di Maio e i suoi sono più chiari e coerenti : forcaioli ab origine e per sempre.
Infatti i loro eroi sono gente come Di Pietro, Ingroia, Di Matteo, tutti PM dalle manette facilissime.
I primi due per fortuna sono ex, hanno tentato la via politica (il primo con un certo successo, seguito da un mediocrissimo addio e se ne è andato in campagna; il secondo, bocciato subito dalle urne, si è messo a fare l'avvocato e ora è indagato per storie di certi soldi facili in Sicilia), il terzo è un po' appannato, criticato dai colleghi, e confidiamo faccia la fine dei suoi predecessori.
Ma da quelle bande è ancora un modello e andando ai convegni pentastellati gode di autentiche stand ovation con le sue idee deliranti di politica giudiziaria.
Mattia Feltri commenta e ricorda, en passant, una delle tante, troppe storie dove la (non) giustizia sommaria di questi signori ha prodotto danni irreparabili e a volte non solo per i colpiti direttamente, ma anche per le persone a quelli in modo diversi legati.
Tra un applauso e l'altro, conclude giustamente il giornalista, sarebbe bene pensarci su.
Ma non lo faranno mai. Sta a noialtri impedire che questa gente possa mettere in pratica la sua idea di un paese senza garanzie.
Amor di forca
Pubblicato il 11/04/2018
MATTIA FELTRI
Presi da altro, abbiamo
trascurato di dare conto dell’idea di giustizia emersa al festival Sum di
Ivrea, quello di Davide Casaleggio. L’ha dettagliata Nino Di Matteo, pm del
processo sulla trattativa fra Stato e mafia. Possiamo riassumerla così.
1) Pene più alte per
corruzione e voto di scambio. 2) Più operazioni sotto copertura. 3) No a leggi
premiali per i detenuti che si comportano bene, tantomeno indulto e amnistia.
4) Più intercettazioni. 5) Riforma della prescrizione che si blocca
all’apertura delle indagini, quindi prescrizione abolita. 6) Sequestri
preventivi dei beni di chi è indagato per corruzione come già avviene agli
indagati per mafia.
Che noi qui si reputi tutto
ciò terrorizzante conta poco: Di Matteo è stato applaudito prima, durante e
dopo, a prova dell’aria che tira. Però (a proposito di sequestri, intercettazioni
eccetera) vorremmo sottoporvi il caso della famiglia Niceta, ricordata ieri dal
Dubbio, e del cui processo anche Di Matteo si è occupato. Nel 2009 i fratelli
Massimo e Piero Niceta vengono indagati per intestazione fittizia di beni in
nome del clan Guttadauro.
Dopo 18 mesi i due vengono
archiviati. Eppure, negli strascichi e sulle stesse basi, nel 2013 i loro
quindici negozi di abbigliamento sono posti sotto sequestro. I negozi chiudono
uno via l’altro, l’azienda fallisce, centoventi dipendenti perdono il posto e
niente tfr. Se mai i fratelli, oggi nemmeno indagati, riavranno indietro
l’azienda, ne resteranno due o tre milioni di debito.
Quando è finito
l’applauso, pensiamoci su.
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