Pagine

giovedì 29 settembre 2011

PUBBLICATO IL DIKTAT DEL 5 AGOSTO A BERLUSCONI . NON SI PARLA DI EVASIONE FISCALE MA DI RIDURRE GLI STIPENDI DEGLI IMPIEGATI PUBBLICI.

 Pubblicato sul Corriere il testo della lettera inviata in agosto dai presidenti di Banca Europea e Banca d'Italia Trichet e Draghi , e che fu la "madre" della manovra poi così faticosamente partorita in settembre.
Si parlò allora di commissariamento, di diktat, di Italia a sovranità limitata. 
Cose in parte vere. Ma del resto, far parte dell'Unione Europea comporta rinuncia a parte della propria sovranità e lo vediamo da almeno un decennio.
Possiamo anche dire che tutto sommato essere costretti da paesi più virtuosi del nostro a sottostare a dei parametri di uno Stato meno bizantino rispetto a quello cui siamo naturalmente portati non sarebbe di per sè cosa poi negativa. 
Ma di questo si potrebbe discutere, perché poi, visto già il florilegio di leggi che ci opprime a livello nazionale, non è che si sentisse  il bisogno di aggiungere centinaia di ordinanze e regolamenti europei..Ad ogni modo questa estate il discorso è stato semplice : i titoli di stato italiano erano sotto attacco (speculativo o no, venivano venduti a milioni e il loro valore si deprezzava, con conseguente necessità di aumentare i tassi di rendimento e sopportare una maggiore spesa per interessi ) e il "ricatto" fu di fare una manovra che realizzasse il pareggio di bilancio per il 2013 se si voleva l'aiuto sul mercato della BCE.
Ovviamente accettammo.
La BCE mantenne subito la promessa, noi ci abbiamo messo decisamente di più (non era, non è facile, diciamolo onestamente) .
Ma la questione che emerge dalla lettura NON è questa. Si sapeva che le cose erano andate così.
Non si sapeva bene la sostanza, il COME l'obiettivo del pareggio di bilancio andasse raggiunto.
Adesso si sa.
Ed è del tutto diverso da quello che è stato fatto.
Vi lascio alla lettura della nota del Corriere con una domanda : come mai quando gli economisti SERI parlano di soluzioni dei nostri problemi fanno riferimento alle pensioni, alla spesa pubblica, alle liberalizzazioni, agli stipendi statali e NON all'evasione ?


Buona Lettura



ROMA - C'è chi l'ha definita un programma di governo, chi un diktat e chi ne ha messo perfino in dubbio l'esistenza. Di sicuro la lettera «segreta» spedita il 5 agosto scorso al governo italiano dal presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, e dal suo successore in pectore, Mario Draghi, oggi governatore della Banca d'Italia, ha infiammato il dibattito politico dell'estate, e poi condotto ad una manovra di finanza pubblica di entità mai vista nella storia della Repubblica italiana. È un documento «strettamente confidenziale», e che era dunque destinato a rimanere riservato. L'abbiamo cercato e infine ottenuto, inutile dire, per vie traverse.
Mario Draghi
Mario Draghi
La lettera segreta di Trichet e Draghi è qui sotto, pubblicata nel suo testo originale, inglese, e nella traduzione, così che ciascuno possa farsi un'idea sulla forma e i contenuti. Tanto precisi e puntuali questi ultimi, quanto è esplicito, di certo estraneo allo schema classico della liturgia delle banche centrali, il linguaggio utilizzato. La drammatica situazione dei mercati di quei primi giorni d'agosto, l'ampliamento del differenziale tra i tassi sui titoli italiani e quelli tedeschi, forse, imponevano di andare dritto al dunque.
Fatto sta che il «messaggio», come lo definisce Jean-Claude Trichet anche ieri nell'intervista rilasciata al Corriere della Sera , è arrivato chiarissimo. E durissimo. Fin quasi al limite del cinismo, almeno per come è stato vissuto dai destinatari diretti. Il pareggio di bilancio anticipato dal 2014 al 2013, e dunque a incrociare la fine della legislatura e le elezioni, che ha fatto mettere le mani tra i capelli a Silvio Berlusconi. E la richiesta di raggiungere un deficit pubblico pari all'1% del prodotto interno lordo addirittura già nel 2012, con una manovra di tre punti di prodotto interno lordo, una cinquantina di miliardi di euro, in un solo anno, che ha fatto tremare le vene ai polsi di Giulio Tremonti.
Jean Claude Trichet
Jean Claude Trichet
Si sottolinea la necessità di rendere più severi i criteriper ottenere le pensioni di anzianità e di allungare l'età pensionabile delle donne nel settore privato in modo da avere risparmi di bilancio «già nel 2012». E l'opportunità di ridurre «significativamente» il costo degli impiegati pubblici, rafforzando le regole sul turnover e, «se necessario, riducendo gli stipendi».
Per accelerare la crescita dell'economia, Trichet e Draghi richiamano esplicitamente l'esigenza di rivedere le norme sulle assunzioni e i licenziamenti dei lavoratori (per i quali nella lettera si usa il termine «dismissal») nelle imprese applicando l'intesa del 28 giugno tra la Confindustria e i sindacati, «che si muove in questa direzione». Ma che evidentemente non basta.
Sempre per la crescita serve la «piena liberalizzazione» degli ordini professionali e dei servizi pubblici locali, prevedendone la «privatizzazione su larga scala». Ed un «serio impegno» per abolire o consolidare alcuni livelli amministrativi intermedi, «come le Province» puntualizzano Draghi e Trichet.
Tutte misure da inserire in un decreto legge da varare il prima possibile ed approvare in Parlamento entro la fine del mese di settembre. Perché sono interventi «essenziali», scrivono i due governatori, per rafforzare l'affidabilità della firma sovrana, il valore ed il merito di credito dei titoli di Stato italiani, insomma. Non per assicurarsi l'appoggio della Banca centrale europea ed il suo impegno ad acquistare sul mercato i nostri Btp.
Cosa che poi è avvenuta, ma in questa lettera così puntuale non se ne fa minimamente cenno. Il governo ci ha ragionato un po', ha convocato le parti sociali, ha reso nota l'esistenza della missiva, ma senza svelarla. E sabato 13 agosto, passata una settimana, ha varato la manovra per l'anticipo del pareggio di bilancio. Tre giorni dopo, alla riapertura dei mercati, la Bce e il sistema europeo delle banche centrali, i cui governatori erano stati subito informati della lettera e dei suoi contenuti, sono intervenuti.
Tutto ciò non ha evitato il declassamento del rating dell'Italia, decretato un paio di settimane fa dall'agenzia americana Standard and Poor's. Il differenziale di rendimento tra i nostri Btp ed i Bund tedeschi, che si stava avvicinando a inizio agosto ai 400 punti base, quattro punti di tasso d'interesse, lì per lì si è ridotto. Ma oggi, passati quaranta giorni dal varo della maxi-manovra antideficit, lo "spread" gravita ancora in quella pericolosa zona.
Forse perché il governo non ha attuato alla lettera tutte le prescrizioni, per esempio accantonando gli interventi sulle pensioni d'anzianità, scegliendo un percorso più agevole per il pareggio nel 2013, lasciando decidere alle parti sociali sull'articolo 18. Forse perché la medicina raccomandata dalla Bce non era quella giusta. O l'una o l'altra. A meno di non pensare che i problemi siano diversi. 



Nessun commento:

Posta un commento