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lunedì 13 febbraio 2012

ATENE ESPLODE, LA BORSA SE NE FREGA. QUALCUNO MI SPIEGA?

Dunque, i Greci si rivoltano in piazza. Assalti e incendi. Banche, Mc Donald's ma anche edifici privati...120 feriti ufficiali, chissà quanti reali.
I greci non vogliono tornare poveri. Perché questo è il loro prossimo futuro. Magari chissà, in quello remoto le cose andranno meglio....grazie anche alla svalutazione, ad un turismo a prezzi stracciati...non so.
Certo quanto accade lì dovrebbe far riflettere bene tutti.
1) E' veramente corretta la strada dettata dai grandi organismi politico finanziari mondiali  (Commissione Europea, Banca Europea e Fondo Monetario Internazionale?). Temo di si,  a naso. Se la Grecia era veramente "ricca", perché mai oggi avrebbe bisogno di 130 miliardi di nuovi prestiti ? La terza tranches di aiuti, mentre per i vecchi debiti è lì che tratta per un pagamento prefallimentare del solo 30% del dovuto? In questo anno e passa, cosa è iniziato a cambiare veramente dell'economia del paese? Al di là delle tasse, dei tagli a pensioni e stipendi, cosa ne è dei provvedimenti utili a che quel paese cambi e ricominci a crescere stavolta correttamente?
2) SE la ricetta è corretta, non sarà il caso che da NOI, per evitare che si arrivi a baratri del genere, si accetti un futuro prossimo meno generoso di quello conosciuto e si facciano oggi dei passi indietro magari fiduciosi che domani, stavolta sul binario giusto (che NON è quello del Debito pubblico ) si torni a farne in avanti? In altre parole, evitare arroccamenti conservatori (in primis i sindacati , ma ovviamente non solo), nella consapevolezza che "la festa è finita"?
3) Il Governo Monti si deciderà a muoversi con più decisione nella direzione delle privatizzazioni VERE, incassando soldi VERI dalla dismissione di zone di controllo economico come RAI, POSTE, FINMECCANICA , col duplice risultato di incassare denaro con il quale abbassare il monte del debito pubblico e di favorire nei FATTI la concorrenza in settori ben più significativi di quelli finora interessati?
Resta comunque il dubbio GRANDE che se l'origine della malattia è nota - aver vissuto TUTTI al di sopra dei propri mezzi grazie al DEBITO - la ricetta imposta finora da governi "rigoristi" sia troppo dura nei TEMPI.
Se per decenni (da noi almeno 40!!!) si è lasciato che il debito corresse e su di esso si è basata la "Milano (e l'Italia) da bere", ebbé poi non si può pretendere che di un botto tutto si rivoluzioni.
Per i tossici c'è la disintossicazione...Quindi il rientro è giusto ma i tempi forse vanno rivisti.
Un'ultima considerazione. Atene brucia, ma alla borsa conta il SI del parlamento e quindi i listini SALGONO. Ma possibile mai?
Comunque ecco il drammatico reportage da Atene
ORE DI SCONTRI URBANI: STUDENTI, «ANARCHICI», CASALINGHE, IMPIEGATI
Molotov e bombe carta in piazza Syntagma Palazzi in fiamme, prese di mira le banche
Decine di feriti nella più grande manifestazione dall'inizio della crisi

ATENE - Niente racconta la maledizione a cui va incontro l'Europa come gli scontri di Piazza Syntagma, ieri, nel cuore della capitale greca. Violenza e disperazione. Bombe carta, bottiglie, sassi, petardi, molotov. E lacrimogeni e petardi stordenti. Edifici dati alle fiamme, almeno una decina. Presi di mira banche, negozi, cinema. Sessanta feriti, scontri che sono continuati nella notte. Ma, soprattutto, due mondi che si scontrano: il Palazzo e la piazza. Nel Parlamento, in alto su bastioni ornati dalle targhe dedicate agli eroi del passato, i deputati, simboli e scheletro della democrazia, che discutono il piano di austerità imposto, come una pistola puntata alla tempia, dai «salvatori» europei. Assediato, protetto da migliaia di poliziotti imbottiti di gommapiuma, con gli scudi, i lancia-lacrimogeni, le maschere antigas. Intorno, decine di migliaia di manifestanti di ogni età e di ogni classe, la carne della democrazia, che chiedono, sugli striscioni, di «non gettare al vento quello che abbiamo costruito». Una giornata di dramma e battaglia per stabilire chi ha il diritto di decidere il destino, comunque gramo, della Grecia.
Nel pomeriggio torna il sole su Atene, dopo il diluvio. Arrivano i primi manifestanti. E i carretti degli hot dog, le signore greche determinate a farsi sentire ma a mani nude. Sotto gli aranci al centro della piazza, un gruppo di ragazzi monta una tenda con la croce rossa: primi soccorsi, non si sa mai. Si aprono gli striscioni. «Danke Frau Merkel, Merci Monsieur Sarkozy: popoli europei svegliatevi, i prossimi della lista siete voi». Bandiere greche, ma anche falci e martello. Militanti, gente comune, intellettuali: anche Mikis Theodorakis, 86 anni, musicista nel mito, a protestare.
Davanti agli occhi della polizia schierata davanti al Parlamento, scudi poggiati a terra e aria ancora distesa, passa un gruppo organizzato: dodici file a passo di marcia, cappucci neri e grigi, manici di piccone con uno straccetto rosso a fare da bandiera: sembrano i Katanga - un po' più trasandati - della Milano anni Settanta. Parecchi hanno maschere antigas, altri mascherine bianche «giapponesi». La folla cresce, arriva da tutte le strade che portano a Syntagma: chiamata dai sindacati maggiori, pubblici e privati, per manifestare contro le nuove misure di austerità in discussione dentro al Palazzo, contro il «Memorandum», come si dice qui, cioè i licenziamenti, il taglio a salari e pensioni, la riduzione dell'assistenza medica chiesti dalla Ue. Alle 17, la piazza è gonfia, piena, e la gente arriva ancora. È chiaro: questa sarà la maggiore manifestazione di protesta dall'inizio della crisi greca, «la più grande in assoluto che io abbia mai visto», dice una signora: decine e decine di migliaia di persone.
Un quarto d'ora dopo le cinque del pomeriggio, verso un angolo del Parlamento, si vedono pezzi di marciapiede volare verso la polizia, sassi, legni. Sono i collettivi «anarchici» (si fa per dire), vestiti di nero, arrivati con l'obiettivo - un'illusione - di impedire il dibattito dei deputati. Due minuti e la polizia spara lacrimogeni. Prima un paio, poi parecchi. La gente non respira e deve lasciare la piazza, di corsa, dalle strade da cui arrivano cortei in direzione opposta. Inizia la guerriglia. «Una giornata storica», dice un ragazzo di 23 anni che vorrebbe tornare alla dracma, che cioè la Grecia abbandonasse l'euro: «Almeno decideremo noi del nostro futuro, non voglio arrivare a cinquant'anni in questa crisi». Bottiglie molotov, pezzi di marmo e bombe carta da una parte, lacrimogeni dall'altra. Ore di scontri, in piazza e nelle vie laterali bloccate dai poliziotti. Cariche dei manifestanti organizzati e contro cariche delle forze dell'ordine, i cui cordoni spesso cedono. Qualche volta lo scontro è fisico ma, per lo più, la polizia fa solo muro. Verso sera, qualche centinaio di militanti organizzati conquista alcune vie, dà fuoco a negozi, caffetterie, a un centro commerciale: qualcuno viene arrestato. Davanti al Parlamento la manifestazione rimane pacifica.
Una ragazza, avvocato, parla con i poliziotti, giovani come lei ma rigidi, in silenzio, diventati tesi. «Quello che non sopporto - dice - è che io so perché siamo a questo punto, ma loro, questi della polizia, non sanno niente, sono qui e basta». Forse non è proprio così, anche quei giovanotti dietro lo scudo e con i caschi bianchi vivono la crisi drammatica della Grecia, probabilmente il loro padre o la loro sorella hanno perso il lavoro. Ma non sanno da dove si ricomincia, chi ha ragione, come ci si salva. E il fatto è che non lo sa nessuno. Non loro. Non la ragazza avvocato. Non quei deputati dentro al palazzo a discutere del «Memorandum» scritto tra Bruxelles, Francoforte, Berlino e Washington. E, probabilmente, nemmeno i leader della Ue, della Banca centrale europea, del Fondo monetario internazionale sono proprio sicuri che la Grecia si salvi in questo modo. È un pasticcio generale che diventa una maledizione: chi deve decidere? I politici legittimamente eletti, ma ormai sotto la tutela se non l'imposizione straniera, o il popolo in piazza? Dov'è il cuore della democrazia? Nel caffè della Starbucks e nella filiale della Eurobank che ieri sera bruciavano? Nell'odore di lacrimogeni che a un certo punto è entrato nell'aula del Parlamento mentre i deputati discutevano? Nella moneta unica, in crisi, che chiede una disciplina generale anche se mai votata? Questo si è chiesta ieri la Grecia. E l'ha chiesto a tutta l'Europa.

Stefano Turchetti ha condiviso un link.

video.corriere.it
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