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sabato 5 maggio 2012

BEFERA AVVERTIVA I SUOI NEL 2010: ATTENTI A NON APPARIRE ESTORSORI. NEMO PROFETA!!

Chissà cosa passa nella mente del Direttore dell'Agenzia delle Entrate nonché capo di Equitalia, Attilio Befera, quando sul calendario arriva la data del 5 maggio.
Qualcosa sicuramente, visto che sente l'irrefrenabile impulso di SCRIVERE.
Un anno fa, fu una lettera sorprendente, quella che non ti aspetti. C'erano stati molti malumori e manifestazioni fuori dalle sedi di Equitalia e dell'Agenzia. Nel Veneto anche il "sequestro" di un dipendente che aveva notificato una cartella esattoriale.
Ancora non era partita la campagna pubblicitaria contro gli EVASORI, i Blitz a Cortina , e poi a Portofino, Capri, erano di là da venire, così come le barzellette sul "se paghiamo tutti le tasse, ne pagheremo di meno tutti " .
All'epoca Befera si pose il problema che si avvertiva un'ostilità non più di tanti singoli individui, ma collettiva, nei confronti dello Stato esattore e di conseguenza di coloro che per esso accertavano e riscuotevano.
Ma facciamo un passo indietro.
Con la pesante crisi economica del 2008, il crac del sistema bancario americano esteso poi all'Europa, si era accelerato un meccanismo perverso fatto di pressione fiscale crescente, economia e credito decrescenti, esigenze di cassa non più finanziabili col debito allegro di ante euro e quindi necessità di recuperare più soldi dalle tasse , comprendendo anche le categorie che a vario titolo erano state lasciate più "tranquille".
Non parliamo degli evasori TOTALI, di quelli che ogni tanto vengono scoperti ma che per anni, non si ha idea di come , sono riusciti a guadagnare milioni di euro senza pagare un centesimo all'erario....
Non parliamo di quelli con auto case e barche di lusso che parimenti , tramite complessi sistemi di società prestanome, conti off shore e non so quali altre alchimie, pure finiscono per pagare come la pensionata di Voghera.
Parliamo di quelli, tanti, che facendo gli artigiani, i commercianti, i piccoli imprenditori, davano da vivere alle proprie famiglie e a quelle dei loro dipendenti, pagando delle sorte di "forfait".
"Tu lavori per conto tuo, mantieni la tua famiglia, dai lavoro a un po' di gente, non gravi sulle finanze pubbliche impiegandoti/li, anzi versi pure un po' di tasse e contribuisci a muovere la ruota economica. In cambio le tasse che pure ti chiedo, non c'è bisogno che le paghi tutte. Un po'. "
Scandaloso direte ma per decenni questo è stato il patto silente tra Stato e tantissimi lavoratori che si mantenevano da soli, anzi davano lavoro, non fruivano dei bonus e delle garanzie proprie SOLO dei dipendenti pubblici (in Italia quasi una piccola nazione a sé con oltre tre milioni  a tempo indeterminato, più gli altri).Niente ferie pagate, niente 13^  (quando non è 14^ e premi), niente permessi, niente indennità, niente congedi, niente lavoro sicuro. Però se dichiaravi X anziché Y, e vabbé, si chiudeva un occhio.


Non era legale, ma era sensato ai fini della PAX SOCIALE, quella garantita dalla DC per decenni.
Col passare del tempo però i costi di questo "patto", e del consenso sotteso, sono divenuti sempre più onerosi, senza contare che chi questa macchina gestiva si abituava sempre di più a riscuotere onerose prebende al riguardo, sia ufficiali che non.
E così si è gonfiata la spesa pubblica, che negli anni 60 era ancora il 30% del PIL nazionale, e che dagli anni 80 in poi ha varcato la soglia del 50% senza scendere più . Anzi , per mantenerla in quella proporzione percentuale, le tasse sono aumentate e la comprensione per l' "evasione parziale", quella del pactum sceleris sopra descritto,  ha iniziato a declinare. NON perché eravamo diventati più etici, ma perché servivano sempre più soldi!!
 L'eticità non c'entra nulla con i modi che lo Stato mette a disposizione di Befera per recuperare quanti più soldi può:
1) regola del "solve et repete". Prima paghi poi se hai ragione te li ridiamo. Se hai un contenzioso con l'erario, devi comunque pagare una parte del PRETESO, poi, se la giustizia, in terzo grado, ti darà ragione, lo Stato ti rimborserà (forse, o magari diventerai l'ennesimo creditore non pagato).
2) se hai un contenzioso fiscale, non puoi pretendere i tuoi crediti nei confronti di qualsiasi ente pubblico. Quindi se ho una cartella di 5.000 euro, contestata e in giudizio, e un credito NON contestato col Comune di 100.000 euro, non posso esigerlo. Ah, Befera ha detto che ha dato disposizione ai suoi che il blocco deve essere commisurato alla pretesa fiscale, ma così più spesso non succede!
3) Un credito di 10, diventa in poco tempo il doppio e il triplo, secondo un sistema di sanzioni, interessi e aggio a favore dell'esattore che manco i Casamonica , noti usurai della Capitale...
4) Se applichi la legge, devi stare attento a non farne "abuso", perché se il ricorso a determinate norme porta a un vantaggio fiscale non "corretto" - chi lo decide a quel punto visto che mi sono attenuto alle norme??? - sarò perseguibile io e il commercialista che mi ha guidato
5) Pur di scoprire il sommerso, si rispolvera la delazione con tanto di 30 denari come il buon Giuda con Gesù.
6) Privacy nel cesso. Lo dice anche il Garante ma all'Agenzia che gli frega? L'abuso di diritto esiste per i cittadini mica per loro!!! E quindi diritto dell'erario di controllare qualsiasi conto corrente a prescindere da una notizia di reato, di irregolarità. Semplicemente possono farlo.
SI potrebbe continuare.
C'è qualcuno che vede qualcosa di ETICO in uno Stato siffatto?
Davide Giacalone, un repubblicano d'antan, e Piero Ostellino, ormai filosofo liberale, ci vedono semmai uno stato pericolosamente DISPOTICO.
A quel punto avoglia Befera a scrivere lettere ancorché encomiabili e condivisibili come quella dell'ottobre 2010 dove si leggeva:
" Un ufficio dell'amministrazione finanziaria che assuma atteggiamenti vessatori verso un cittadino, per esempio quando pretende di portare a casa comunque un "risultato" nonostante l'accertamento sia in realtà infondato, finisce «quasi per apparentarne l'azione (dell'amministrazione finanziaria, ndr) a quella di estorsori».
Parole forti  di qualcuno che, almeno a parole, mostrava percepire il disagio che effettivamente esisteva ed esiste  tra i contribuenti, al di là della fondatezza o meno di singole posizioni.
E ancora,  il 5 maggio 2011 :
«Continuo a ricevere – scrive sempre Befera – segnalazioni nelle quali si denunciano modi di agire che mi spingono adesso a rivolgermi direttamente a tutti voi per richiamare ognuno alle proprie responsabilità e ribadire ancora una volta che la nostra azione di controllo può rivelarsi realmente efficace solo se è corretta. E non è tale quando esprime arroganza o sopruso o, comunque, comportamenti non ammissibili nell'ottica di una corretta e civile dialettica tra le parti».
Insomma , come detto,  un «disagio reale», che non poteva essere trascurato. E in particolare, Befera stigmatizzava i casi in cui «viene riferito che qualcuno, a giustificazione di tali comportamenti, farebbe presente di operare in quel modo per necessità di raggiungere l'obiettivo assegnato».
Per evitare queste situazioni Befera conferma le indicazioni operative già fornite nella precedente lettera.
«Se un accertamento non ha solido fondamento – scrive – non va fatto e se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudo infrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la verifica stessa sembri essersi chiusa negativamente».
Per Befera, insomma, se il contribuente ha dato prova sostanziale di buona fede e di lealtà nel suo rapporto con il Fisco, non va ripagato con la moneta dell'«accanimento formalistico». Così come non è ammissibile pretendere dal contribuente adempimenti inutili, ripetitivi e defatiganti, mentre costituisce una grave inadempienza ritardare l'esecuzione di sgravi o rimborsi dovuti. Sulla risposta a questa situazione, Befera è categorico: «Poiché i comportamenti negativi che ho appena descritto sono gravi per le conseguenze cui danno luogo, gravi saranno anche le relative sanzioni, nessuna esclusa».
Nel rileggere queste righe, mi verrebbe da osservare al Direttore, oggi che a distanza di un anno esatto rprende carta e penna per dirsi preoccupato per la crescente tensione nei confronti dei suoi uffici , con rischio del personale che in essi lavora, che se le sue lettere precedenti avessero avuto un minimo seguito coerente, oggi forse le cose che lui denuncia non ci sarebbero.
Ci pensi. 

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