Secondo i sondaggi sopra riportati, come era stato previsto da molti, Camerlengo compreso, il PD arretra rispetto al boom delle primarie, ma resta saldamente il primo partito e con SEL si avvia a vincere le elezioni con la stessa percentuale di voti che per il PD di Veltroni significò sconfitta nel 2008 (33%).
Bersani, lo abbiamo detto più volte, ha potuto non sacrificarsi a favore di un Renzi, che avrebbe ottenuto ben più voti, certo che il disfacimento della destra sarà tale da consentirgli di vincere con nemmeno il 35% dei voti espressi, grazie all'ormai rivalutato Porcellum...
E in effetti, ancorché Lega e PDL corressero insieme, non vengono accreditati di più del 25% dei voti.
Quello che sorprende semmai è il flop del centro, con Futuro e Libertà di Fini al di sotto del 2% (che godimento ragazzi !! ) l'UDC sotto al 6, e Italia Futura, dopo tanti squilli di tromba, anch'essa a risultati infimi (1,7). In totale, i partiti che corrono per Monti, non arrivano al 10%.
Certo, può darsi che l'effetto Monti ancora non si sia realizzato, ma del resto, con l'atteggiamento sibillino del Premier non è poi strano.
Altra bella notizia è lo spappolamento dell'IDV, con Di Pietro disperato e depresso.
Qui c'è tanta gente che, in un modo o nell'altro, ha prosperato col berlusconismo ed è normale che tramonti con esso. Con la differenza che Berlusconi ha forza SUA per comunque essere rieletto e portare in Parlamento un partito non insignificante, mentre Fini, Di Pietro e tanti altri dietro di loro, stanno mendicando uno strapuntino.
Il Movimento di Grillo viene dato stabile al 15% che per una forza all'esordio è molto, ma isolata da tutti gli altri resta ininfluente.
Se dunque si votasse domani, sarebbe certa la vittoria della sinistra alle Camere, con una maggioranza solida garantita dal premio tanto agognato e difeso (anche giusto, per la compagine vittoriosa, ma in questa misura , scollegato da una soglia minima di voti, già la Corte Costituzionale ha espresso la sua condanna ). Resterebbe in dubbio il Senato, dove il premio pure c'è ma su base regionale. Per cui, dicono gli esperti, la Lombardia si potrebbe rivelare la regione decisiva, avendo un grande numero di senatori (49) , per stabilire la maggioranza anche nell'altra camera parlamentare. Nel 2006 Prodi vide la vittoria azzoppata proprio dall'avere alla fine avuto solo due senatori di maggioranza , decisamente pochi per governare. In questo caso addirittura , in caso di alleanza tra Lega e PDL, viene data per probabile che la sinistra la maggioranza proprio non l'ottenga. A quel punto, l'alleanza con il centro (ammesso che quest'ultimo abbia senatori utili da portare alla causa ), che Bersani già dice far parte della sua idea di governo futuro, diverrebbe obbligatoria, con potere contrattuale ben diverso, e quindi con il segretario PD in difficoltà a gestire due alleati assai disomogenei : il centro Montiano, con la sua agenda, del tutto indigesta a Vendola e all'ala sinistra del PD.
Questo è lo scenario che ben descrive Davide Giacalone, che prevede un risultato elettorale comunque insufficiente per governare. Angelo Panebianco, nel suo editoriale, guarda alla convergenza di interessi di Bersani e Berlusconi a radicalizzare lo scontro tra di loro per impedire qualsiasi decollo della lista pro Monti, con il primo che spera di arrivare ad una vittoria completa - quindi Senato incluso - e il secondo di essere nel peggiore dei casi, il capo dell'unica vera opposizione in Parlamento con un partito che, in questo ennesimo referendum sulla sua persona, potrebbe arrivare ad un 20% di voti, secondo gruppo parlamentare, doppio per consistenza rispetto al Centro definitivamente ai margini.
Sia Panebianco che Giacalone paventano il ritorno ad un l centro-sinistra di fine seconda repubblica, fortemente spostato però verso il partito di maggioranza relativa, che ieri era la DC e oggi sarebbe il PD.
Non proprio un miglioramento.
Ecco l'articolo di Giacalone
Buona Lettura
Cilecca elettorale
Ci avviamo verso una cilecca
elettorale. Saranno due mesi di polemiche, al termine dei quali ci ritroveremo
senza capacità di governo. Il vuoto dell’agenda Monti è già stato messo in
luce. Per come è scritta potrebbe essere condivisa da chiunque, se solo non
refrattario ai luoghi comuni e all’approssimazione statalista. La fiscalità
satanica è, in quello scritto, espiazione e soluzione. C’è da dire, però, che
la pratica del centro destra non è stata poi così diversa, mentre il programma
del centro sinistra e financo peggiore.
Il centro destra arriva
all’appuntamento elettorale in grave crisi di leadership. La vecchia guida è
l’unica esistente, quella designata non ha saputo rendersi autonoma e s’è
dimostrata pronta solo alla gestione delle sconfitte. L’idea di trovarne una nuova,
cotta e mangiata nel giro di due settimane, è generosa, ma anche ingenua. E’
evidente che, in quelle condizioni, nessuno avrebbe poi la forza per coalizzare
e trattenere alcunché. Sempre ammesso che altri ne siano capaci.
Il centro sinistra giunge, per
la terza volta nel corso della seconda Repubblica, all’appuntamento con una
vittoria annunciata, ma, per la terza volta, nelle migliori condizioni per
trasformare la vittoria in sconfitta. Coalizione disomogenea, leadership
debole, l’unico cavallo vincente tenuto fuori dalla pista. Potrebbero pure
vincere un terno al lotto (difficile) e trovarsi con la maggioranza in ambo le
Aule, nel qual caso provvederebbero essi stessi ad annientarla, non appena sarà
chiaro che l’autonomia operativa del governo è tendenzialmente pari a zero. Più
facilmente si troveranno privi di maggioranza al Senato, nel qual caso la già,
reciprocamente, annunciata alleanza con il centro montiano non consoliderebbe
un bel nulla, anzi scioglierebbe l’apparente unità a sinistra.
Una cilecca annunciata. Tanto
che nel mentre inizia la campagna elettorale già si suppone che ne sarà
necessaria un’altra. Perché non sia la storia triste di una inutile agonia,
però, occorrono due condizioni: a. che nella sinistra vinca la linea che è appena
stata sconfitta, quella di Matteo Renzi; b. che nella destra si rompa ogni
inutile continuità e una nuova generazione trovi il coraggio, la lucidità e la
forza d’imporsi su chi ha, oramai, esaurito la funzione. E non parlo di una
sola persona, ma di tutto intero un gruppo dirigente. Se queste sono le
premesse, serve poi la capacità di capire che esiste un solo modo per evitare
che l’Italia non si trasformi in un protettorato, privo di sovranità effettiva,
e consiste nel modificare la Costituzione. Non esclusivamente, come dice la
vuota agenda Monti, la sua seconda parte, ma il suo nocciolo istituzionale. La
storia ha già chiuso, da molti anni, il dopoguerra, mentre la politica non ne è
ancora capace e le istituzioni sono rimaste inchiodate alla guerra fredda. In
queste condizioni possiamo solo decadere.
Non impressioni (troppo) la
cilecca prossima ventura. Rientra nell’esasperante rito della lunga fine della
seconda Repubblica. Deve fare paura la non consapevolezza della condizione
reale in cui ci troviamo, con gente che discetta sulla differenza fra scendere
e salire, supponendo di dire qualche cosa di lontanamente significativo. Deve
fare paura un sistema oramai esasperato da personalismi paranoici, talché tutto
si riduce a chiedersi cosa fa Tizio o Caio, laddove si dimostreranno inutili le
loro gesta e ridicolo il loro annettersi meriti fuori dalla realtà. La cilecca
può essere utile, se servirà a dire: basta. L’Italia ha forza, ricchezza e
classe dirigente per reagire. Ma serve capire che un capitolo è chiuso. In modo
inglorioso.
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