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venerdì 7 dicembre 2012

L'EUROPA VUOLE MONTI, MA NON PER TRE MESI. PER CINQUE ANNI



Molto nervosismo in giro per questa nuovo coup de theatre di Berlusconi che riprende il timone dei suoi e detta la nuova rotta : basta Monti. Votata la legge di Stabilità (la vecchia finanziaria...chissà perché cambiano i nomi, non è che basta evocarla la "stabilità" per ottenerla sul serio..) il PDL toglierà l'appoggio al Governo.
Personalmente non mi dispiacerà. Non sono un ammiratore del governo dei tecnici. Dicono che ci ha salvato. Può essere, ma se si parla di Spread e di sostegno ai titoli italiani, io continuo a dire grazie all'altro Mario, Draghi. Sulle riforme...a me sembra che l'unica decente portata a termine sia stata la PRIMA, quella previdenziale, con una dolorosa ma comprensibile stretta sia sull'età che sulla contribuzione. Il resto, lascia assai desiderare. Nonostante le tasse e il tesoro dell'IMU (una vera stangata, ce ne stiamo accorgendo tutti no ? ) il debito pubblico è ugualmente salito. Gli esperti dicono che è ovvio : se cala il PIL  ( e siamo in recessione di due punti ) il debito sale, e contenerlo con le tasse è scelta suicida. Non lo dice Berlusconi, lo dice il Fondo Monetario Internazionale, che la politica del solo rigore, senza crescita, la denuncia da tempo come fallimentare. L'IMU poi merita una considerazione a parte : molti soldi vengono dalla tassazione della prima casa, sulla quale Berlusconi aveva tolto l'ICI. Ma la mazzata non viene solo dall'aver reintrodottto la tassazione, ma il QUANTO della stessa, con aumenti salatissimi. Gli stessi che sono stati applicati anche sulle seconde case. Per inciso, Alemanno dice che si ricandida come Sindaco di Roma. Giorgio, dopo aver fatto di Roma la città più tassata d'Italia, anche più di Milano, perché perdi tempo ?
Comunque, detto questo, ecco che si risvegliano quelli del PBD, il pArtito Berlusconi Demonio , i quali, al solo riprospettarsi della candidatura del Cavaliere, gli hanno subito mollato la colpa della risalita dello Spread, che era scivolato attorno ai 300 punti, e oggi è tornato verso i 330. "Ecco, l'Europa trema alla sola idea". Ora, che Berlusconi non sia simpatico all'Europa "per bene", si sa. Ma che Bersani e Vendola siano così tanto meglio, sempre per lor signori badate, non credo. L'Europa vuole Monti, e solo Monti. 
Il problema dunque non è farlo rimanere uno o due mesi in più ( perché di più comunque non dura la legislatura ) ma averlo a Palazzo Chigi per i prossimi 5 anni !
Per capire meglio, ecco l'esplicita pronuncia di quei bravi ragazzi di Standard & Poor's : "  
 «Notiamo, in particolare, l'incertezza riguardo al fatto che la prossima coalizione di governo resti fedele all'agenda di riforme economiche avviata dall'attuale esecutivo»
Chiaro no ?
In questo senso il buon Casini aveva scelto il cavallo vincente, Monti, perché il più amato da Bruxelles e pazienza per gli italiani (il 70% ormai) che dell'attuale premier sono belli che stufi.
Però quest'ultimo aspetto inizia a diventare un problema. Il Centro che "prepara" la permanenza di Monti a Palazzo Chigi non ha quel ritorno che sperava....anzi. I sondaggi danno Casini addirittura sotto al 4%, a rischio Parlamento !! Italia Futura di Montezemolo non seduce e, unendosi nella Lista per l'Italia , oggi restano lontani dalla doppia cifra : un flop, con un 30% di voti di elettori moderati teoricamente senza padrone. In più la grana Fini. Il "Giuda" del dicembre 2010 non porta voti, anzi li fa perdere. Certo, lui ci ha provato a far cadere Berlusconi, gli impegni li ha mantenuti. Ma la gratitudine già nella vita è merce rara, figuriamoci in politica. 
I problemi dell'Amletico Centro (criticano, a ragione, le giravolte di Berlusconi...ma non è che questi "fischiano"...) sono descritti magistralmente dal pezzo a loro dedicato da Pierluigi Battista, sul Corriere di oggi.
Buona Lettura


“La voce roca di un Centro con troppi Primattori”  


"Mancano pochissime ore per capire se la lista centrista in gestazione sarà solo una somma di nomenclature che agiterà il nome e lo stendardo di Mario Monti. O se sarà un'offerta politica capace di dire agli elettori cosa intende fare il Centro, con quale progetto. E con chi. Si sta accelerando vertiginosamente il processo che concluderà l'esperienza della legislatura e di questo governo. Ma chi si appresta a dirigere il mondo centrista tentenna: non c'è più tempo. Il centrodestra berlusconiano si sta decomponendo, ma non c'è nulla nella coalizione di sigle capeggiate da Pier Ferdinando Casini, Luca Cordero di Montezemolo e Gianfranco Fini in grado di attrarre un elettorato moderato in fuga, frastornato, scosso dal senso di crollo rovinoso che emana da un partito che solo quattro anni fa ha totalizzato circa il 38 per cento dei voti. Milioni di voti «senza più casa e profughi»: quale linguaggio intende parlare il Centro con questa sterminata platea disincantata e sofferente? Anche alla sua sinistra il Centro potrebbe lavorare per calamitare consensi insperati. Il 40 per cento dei voti a Matteo Renzi nella primarie del Pd dimostra che anche lì c'è un'area di insoddisfazione verso il continuismo di Bersani, verso i rischi di scivolamento a sinistra racchiusi nell'alleanza con Vendola, uno slittamento culturale in direzione della «socialdemocrazia» classica e tradizionale che appaga chi è già nel recinto della sinistra, ma tiene lontano chi viene da altre esperienze, altre culture, altri insediamenti territoriali. Invece, le oscillazioni del Centro spezzano l'interlocuzione con gli uni e con gli altri. Non attirano l'elettorato diffidente del centrodestra che opterà piuttosto per l'astensione. E non dialogherà con quel pezzo moderno e riformista del centrosinistra frustrato per la sconfitta al ballottaggio di Renzi. Agitare la continuità con il governo Monti non basta. E non basta nemmeno il palcoscenico offerto a qualche ministro dell'attuale governo. Il gruppo di «Italia futura» di Montezemolo, forse come obolo per una nuova alleanza con una parte del mondo cattolico di sinistra, ha messo la sordina alle critiche sulle liberalizzazioni troppo timide, su una politica fiscale che sta lasciando senza fiato il ceto medio e il mondo della piccola impresa, su una politica di dismissioni di un patrimonio pubblico inerte e improduttivo che potrebbe rimpinguare le casse vuote dello Stato. Anche l'Udc parla di crescita necessaria, di sviluppo dell'economia. Sacrosanto. Ma non dice quello che un nuovo governo Monti (o un suo robusto equivalente) dovrebbe fare nei prossimi cinque anni di legislatura, oltre naturalmente alla prosecuzione di una politica di rigore sui bilanci pubblici: irrinunciabile ovviamente, ma che è solo la precondizione per far ripartire il motore bloccato dell'economia italiana. Manca al Centro l'ambizione maggioritaria, la volontà di conquistare la maggioranza dei voti. Ma questa assenza pregiudica la fiducia degli elettori nella capacità di chi prenderà i voti di realizzare ciò che dice in campagna elettorale. I sondaggi sono impietosi, ma la colpa non è del destino cinico e baro. È che si raggiungono a malapena le due cifre della percentuale elettorale nella speranza che il Pd non abbia i seggi sufficienti per governare al Senato e debba perciò rivolgersi al Centro con un altro presidente del Consiglio che non sia Bersani. Dietrologie? Forse. Ma il compito della nuova lista centrista dovrebbe essere quello di fugare ogni dubbio e di parlare agli italiani con il linguaggio della chiarezza. Oggi il Centro si muove tra due poli che vivono condizioni opposte. Alla sua destra si profila un paesaggio di macerie, ossessionato dalla presenza sempre più ingombrante e immobilista di Berlusconi. Alla sua sinistra c'è invece il Pd che con le primarie ha ripreso smalto, vigore, fiducia nelle proprie capacità. Un bagno di democrazia che è stato salutare per un partito che fino a pochi mesi fa era dato per vincente alle prossime elezioni, solo in virtù delle minori perdite rispetto a quelle catastrofiche del centrodestra. Oggi non è più così. E il nuovo Centro, se vuole apparire credibile, e non la semplice somma di tante piccole nomenclature con scarso seguito popolare (oltre a quello tradizionale dell'Udc di Casini), deve presentarsi agli italiani con la stessa apertura democratica, la stessa tonificante dose di dibattito pubblico e di selezione trasparente delle liste, che si è visto nei mesi scorsi in casa Pd. Altrimenti saranno solo piccole ambizioni di chi vuole contare di più per svolgere un ruolo di ago della bilancia. Un film già visto. Una scelta, oramai, troppo tardiva. Mancano pochi giorni per invertire la rotta."

 

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