La storia che leggo sulla Cronaca di Libero.it, non è inconsueta, ancorché leggerla un certo giramento dei cosiddetti lo realizza sempre . La riporto sia perché è comunque utile pubblicizzare questi episodi in cui si vede il rispetto per i cittadini da parte degli organi statali o chiamati a svolgere un servizio pubblico , sia perché ripropone un problema annoso, ed è quello della irresponsabilità di questi uffici per i loro errori e per i loro ritardi.
Come leggerete, il contribuente si è visto dare ragione dalla giustizia tributaria, in entrambi i gradi di giudizio . Ciononostante, a parte la tagliola del 30% da versare comunque subito, ancorché si sia contestato il credito preteso dall'erario, Equitalia ha proceduto comunque al pignoramento della pensione del professionista, con l'applicazione degli interessi (notoriamente in odore di usura ) e delle sanzioni e per restituire quanto ingiustamente incassato ha preso i suoi comodi tempi.
Avendo fiato lungo (vale a dire possibilità economiche ) e determinazione encomiabile, il vessato di turno non si è tenuto beffa e danno e ha citato Equitalia per il risarcimento dei danni derivanti dalla sua condotta.
Sarebbe bello apprendere di una sentenza di condanna, che oltre a fare giustizia nel caso in sé, potrebbe rappresentare un sacrosanto precedente. Troppo spesso infatti le corti della giustizia tributaria, pur dando torto agli uffici erariali oltre il 40% dei casi (!!!) , non condannano gli stessi alle spese legali di processi che li vedono soccombenti, e nei rari casi in cui avviene, la condanna troppo spesso è irrisoria.
E questo non solo è palesemente ingiusto, ma ovviamente costituisce un'agevolazione per Agenzia ed Equitalia a contestare "come viene", potendo contare :
A) in caso di pretese non esose, molti contribuenti, pur avendo ragione, NON impugneranno e pagheranno, sapendo che il costo dell'azione giudiziaria sarebbe comunque superiore rispetto a quanto chiamati a sborsare
B) In caso di soccombenza , come detto sopra, più spesso le commissioni tributarie "compensano" le spese legali, vale a dire ciascuno paga le proprie
C) Il funzionario , nel momento in cui registra la pretesa nei confronti del contribuente, comunque fa "budget ". Lor signori sono infatti pressati dai piani alti per fare ogni anno NUMERI. Vale a dire "scoprire" somme evase. Non dovrebbe essere difficile, visto che si tratta di 120 miliardi , secondo la cifra più ripetuta (ma si può arrivare, per presunzioni, fino a 180, mettendoci però l'economia criminale, che ovviamente è la più fausta ) , eppure quelli dell'Agenzia, e quindi poi Equitalia, nonostante il vasto tesoro a disposizione, poi non si sa come, quasi la metà delle volte si SBAGLIANO. Però a loro questo importa poco, perché ci vuole tempo per determinare l'errore, e intanto il budget annuale E' SALVO. Il discorso cambierebbe radicalmente se le rivendicazioni sbagliate avessero un COSTO per gli Uffici, e magari anche dei ricaschi , almeno nei casi di errori marchiani, o anche troppo numerosi, sulla carriera dei dirigenti .
D) Le pretese del Fisco causano danni anche gravissimi. Intanto, l'esborso del 30% da poco introdotto, a mio avviso ( ma non sono il solo , gente molto più autorevole di me lo sostiene nel bel libro : SUDDITI, edito dall'Istituto Bruno Leoni ) incostituzionale, perché ribadisce un principio illegittimo, quello del "prima paga e poi semmai riavrai" (solve et repete) . In secondo luogo, pagare determinate somme comporta l'impossibilità per l'azienda di sopravvivere. Se questo accade e si scopre che l'erario aveva torto ? Chi ridà vita all'azienda ? Certo, le commissioni tributarie, di fronte a queste prospettive esiziali, concedono la sospensione dell'esecuzione, ma non sempre e non tempestivamente. Ecco, cominciare a far seguire con abitualità condanne di risarcimento del danno determinato dalla falsa, perché erronea, rivendicazione fiscale, lo vedo un buon deterrente.
Avrete forse fatto caso che non uso mai la parola "accertamento". E' voluto. E' insopportabile, ancorché anche legalmente errato, definire "accertamenti" le cartelle dell'Agenzia e poi di Equitalia. Si tratta di LORO contestazioni, di LORO calcoli, che possono essere contestati e che saranno i giudici tributari ad "accertarne" o meno la correttezza. Quindi attenzione quando leggete i fogli di propaganda dell'Agenzia e dei quotidiani ad essa amici . Quando si parla di recupero dell'evasione, molto più spesso in realtà ci si riferisce a quanto ASSERITO dagli uomini di Befera, che poi nel 40% e passa delle volte viene smentito, e quindi NON effettivamente acquisito alle finanze pubbliche. Insomma sono numeri, NON soldi.
Alle proposte adombrate sopra (severa condanna alle spese in caso di soccombenza, risarcimento dei danni , conseguenze per i dirigenti di quegli uffici colpevoli di errori troppo numerosi e/o gravi ) aggiungerei che sulle somme stabilite a titolo di risarcimento e comunque su quelle RIMBORSATE, vengano applicati interessi sanzionatori PARI a quelli applicati dall'erario.
Quasi quasi ci sarebbe da augurarsi un accertamento , sapendo di vincerlo : da comprarsi almeno una multi proprietà coi soldi di Equitalia !! Una soddisfazione che manco Mastercard !
A parte le battute facili, probabilmente ha ragione Monti quando dice che quella fiscale è una guerra. Sbaglia quando pensa di essere lui il "buono" di questa guerra.
Ecco la storia di cui ho parlato, come riportata sul sito di Libero.it
MALABUROCRAZIA
Accusato di evasione.
E' falso Ma Equitalia:
"Paghi lo stesso"
Il fisco ammette l'errore,
però intanto pignora
18mila euro a un ex primario.
Che ora chiede il risarcimento dei
danni patrimoniali e di immagine
20/12/2012
Equitalia
Equitalia colpisce ancora. Ma questa volta, a differenza di molti altri casi documentati negli ultimi tempi da Libero, la vittima non è un imprenditore caduto in disgrazia per l’impossibilità di riscuotere i crediti o un titolare d’impresa vessato da uno Stato sempre più in versione sceriffo di Nottingham.
Stavolta il bersaglio dell’ente di riscossione guidato da Attilio Befera è un luminare della medicina, il dottor Giovanni Mazzoleni, ex primario di chirurgia maxillo-facciale dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, un medico conosciuto in tutto il mondo per essere stato il primo - sei anni fa - ad aver eseguito un trapianto dell’articolazione della mandibola e della base cranica: con quell’intervento la sua équipe riuscì a restituire il volto e una speranza di vita a una signora di 57 anni colpita da un tumore maligno.
A far finire l’ex chirurgo nelle fauci di Equitalia è stata una presunta evasione fiscale di 12mila euro riscontrata dall’Agenzia delle Entrate tra il 2006 e il 2008. Un colpo inatteso quanto ingiustificato. Una volta ricevuta la comunicazione, infatti, il dottor Mazzoleni, dopo essersi consultato con il proprio commercialista e sicuro di non aver sottratto un solo centesimo alle fameliche casse dello Stato, aveva deciso di non versare la somma, e per contestare la richiesta di pagamento si era quindi rivolto alla Commissione tributaria provinciale che, in primo grado e dopo che il medico nel frattempo aveva sborsato circa 4mila euro (ossia il 30% del totale richiesto, come prevede la legge) gli aveva dato ragione: dell’evasione, dunque, non v’era alcuna traccia.
Una sentenza confermata due anni dopo anche dalla Commissione tributaria regionale. Inevitabile, a quel punto, che il legale dell’ex chirurgo chiedesse ad Equitalia l’annullamento del debito che, intanto, con l’ammontare degli interessi era diventato di 18mila euro. Niente da fare. Per quattro anni l’ente che riscuote per conto dello Stato ha fatto spallucce, se n’è fregato di chiedere scusa alla vittima di turno e di mettere così fine a un vero e proprio calvario giuridico, nonostante due gradi di giudizio parlassero chiaro. Ma c’è di più.
Sì perché l’ex chirurgo di Treviso per non avere giustamente corrisposto nulla ad Equitalia, lo scorso giugno si era anche visto pignorare la pensione. Provvedimento annullato soltanto dopo cinque mesi e un nuovo intervento del suo legale che, a fronte dell’ennesimo caso di malaburocrazia all’italiana, ha recentemente deciso di presentare anche una richiesta di risarcimento danni di 3mila euro - una cifra simbolica - fa sapere l’avvocato,«giacché è evidente che l’immagine personale e professionale, oltre che la reputazione del mio assistito, sono state compromesse a seguito di tale episodio».
Equitalia evidentemente reputa sufficiente aver restituito la pensione indebitamente pignorata per 5 mesi. E così la richiesta di risarcimento è stata subito cestinata. Toccherà quindi al giudice di pace, a marzo 2013, dirimere la questione, con un ulteriore esborso da parte del dottor Mazzoleni. Che, grazie alla disponibilità economica frutto della sua brillante carriera, ha potuto battagliare con lo Stato per 7 lunghi anni. Ma da quando Equitalia decide di rifarsi sulle pensioni di migliaia di poveri disgraziati, è un’altra cosa. E la gente trema.
CHE LA MANO SINISTRA DEL SIGNORE NON SAPPIA QUELLO CHE Fà LA MANO DESTRA . SPECIALMENTE I POLITICI INQUISITI.!!!
RispondiElimina(... ED ORA HANNO IL CORAGGIO DI RITORNARE ALL'AREMBAGGIO.)