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domenica 23 dicembre 2012

PER FORTUNA INGROIA NIN CI RIPENSA E SCENDE IN CAMPO. LA GIUSTIZIA CI GUADAGNA E IL PARLAMENTO PAZIENZA



Quello che Camerlengo pensa di Ingroia, l'ho scritto varie volte e qualcuno, per curiosità, può digitare il nome del PM in procinto di aspettativa e leggere qualche post. Basti qui la sintesi che ripeto sempre : Meglio Ingroia politico che magistrato. Fa meno danni. Deve essere vero, se il direttore del giornale che ne ha sempre difeso le iniziative giudiziarie (ultima la penosa vicenda delle intercettazioni al Capo dello Stato, con la Corte Costituzionale a dare ragione al Presidente e torto alla Procura palermitana ), vale a dire Padellaro, del Fatto Quotidiano, lo invitava e ripensarci, perché " il Giudice Ingroia poteva fare più dell'onorevole".
Certo, come paventa qualche caro amico e collega, c'è il rischio che nel Parlamento si rafforzi il partito dei Giudici....Però, intanto qualcuno non si ripresenta (D'Ambrosio e spero anche Carofiglio, per dirne solo un paio ) e poi la lobby di certa magistratura esiste comunque, ed è forte, a prescindere dalla presenza fisica di qualche deputato o senatore in più. Insomma, allo stato, lo considero ancora il male minore. Senza contare che a questo giro rischia di essere fatto fuori anche DI Pietro, che da solo, con l'IDV, certo il 4% non lo prende !
Detto questo, riporto due splendidi interventi sull'ex PM Antonio Ingroia, Il primo è di Aldo Grasso, sul Corriere della Sera, l'altro di Mauro Mellini, un esponente radicale , amante della "giustizia giusta". Infatti così ha chiamato il suo Blog da cui l'articolo è ripreso.
Da Leggere ! Entrambi.


 Una retorica da canzonette del pm quasi-candidato
  
Quelli come Antonio Ingroia non si accontentano di fare bene il loro lavoro, vogliono anche redimere il mondo. Per loro la spada della Giustizia è sempre senza fodero, pronta a colpire o a raddrizzare le schiene. Dicono di impegnarsi ad applicare solo la legge senza guardare in faccia nessuno, ma intanto parlano molto delle loro indagini anche fuori dalle aule giudiziarie, contenti di esibire la loro faccia. L'esposizione mediatica, gli interventi ai congressi di partito sono un diritto, ma per dimostrare la propria imparzialità non bastano frasi a effetto, intrise di retorica alla Toto Cutugno: «Partigiani della Costituzione», «Il libro dei sogni», «Un tesoro smarrito sul fondo dell'anima» (non della schiena, dritta per intenderci).
Dopo un periodo di pausa attiva (da due mesi stava svolgendo un lavoro investigativo patrocinato dall'Onu in Guatemala contro i narcos), dopo il via libera del Csm, Ingroia ha offerto la sua disponibilità a candidarsi (io ci sto!) chiedendo ai vari Di Pietro, Ferrero, Diliberto di «fare un passo indietro». Tra i fan del nuovo líder máximo spiccano i nomi di Moni Ovadia, Sabina Guzzanti, Fausto Bertinotti, Gino Strada, Vauro. L'ex procuratore aggiunto vorrebbe anche Maurizio Landini e Michele Santoro.
In Guatemala ci è finito mentre si chiudeva «la madre di tutte le indagini» della Procura di Palermo, quella sulla presunta trattativa Stato-mafia, con le famose intercettazioni riguardanti anche il Colle (che non pochi problemi hanno creato nei rapporti istituzionali) e il consigliere giuridico del Quirinale, Loris D'Ambrosio, un tempo stretto collaboratore di Giovanni Falcone, stroncato poi da un infarto.
A Palermo ha abbandonato l'inchiesta nella sua fase più delicata e il comizio di venerdì non ha certo giovato alla sua reputazione (già incrinata dalla gestione di Massimo Ciancimino) e alla credibilità della magistratura italiana, alimentando il sospetto che l'attività giudiziaria, specie se clamorosa, venga intesa da alcuni come opportunità per una carriera politica.
Le debolezze del magistrato non lo rendono più umano, ma soltanto più simile a un cittadino al di sotto di ogni sospetto.



             
 PER FORTUNA C'E' INGROIA 
 
Ora è di moda “scendere in campo”. A suo tempo lo fece Berlusconi. Poi Montezemolo ha fatto più volte sapere che sarebbe sceso in campo. Anzi no. Almeno per ora. E’ sceso in campo, anzi è sembrato (o hanno fatto in modo che sembrasse) che fosse sceso dal più alto dei cieli “SuperMario” Monti. Il quale, però, proprio “in campo” non si sa ancora se ci scenderà. Ma secondo le ultime notizie sembra di sì.
    Qua e là per l’Italia “sono scesi in campo” quali aspiranti sindaci, presidenti di circoscrizione, candidati al Consiglio Comunale, personaggi noti ed ignoti (per lo più ignoti). 

    Non mi intendo abbastanza di calcio per sapere se “scendere in campo” si dice di quei giocatori che stavano “in panchina”. I quali non debbono affatto “scendere” perché la “panchina” è sullo stesso piano del campo in cui si giuoca.
    Invece questi personaggi importantissimi che decidono di andare a giuocare la partita della politica “scendono” tutti: si direbbe che stavano tutti tra le nuvole, molto, molto in alto quanto non è dato nemmeno immaginare a noi poveri terrestri.
    Una volta le campagne elettorali si facevano agitando le ideologie e cercando di confrontarle. Qualche volta venivano fuori anche delle idee. Oggi che una Costituzione immaginaria pone gli elettori di fronte alla scelta (si fa per dire) niente meno che del Presidente del Consiglio, che si fanno le Primarie per scegliere un candidato presidente che o è già stato scelto (ricordate le prime Primarie, quelle per scegliere la già avvenuta scelta di Prodi) e probabilmente, magari, sarà sostituito poi da un altro se si farà una coalizione diversa (ma le cosiddette Primarie resteranno quelle che, chi sa perché, anche le persone serie chiamano “una grande prova di democrazia” invece di “una autentica presa per i fondelli”) oggi, dicevamo, le elezioni si fanno a colpi di “discese in campo”.
    Le idee da mettere a confronto, andatevele a cercare. A che servirebbero, del resto? Non vi fidate di quelli che, dall’alto dei cieli scendono in campo?
    Le idee che c’erano o che, almeno, ogni tanto venivano tirate in ballo, magari per dire che occorreva meglio ponderare i particolari etc. etc. oggi non servono più.
    Oggi ci sono i personaggi “di riferimento”: come dire quelli che le idee dovrebbero averle e che non sta bene dubitare che non ne abbiano o  abbiano quelle sbagliate.
E, poi, pare che le idee “discutibili” quelle che varrebbe la pena ipotizzare che i “personaggi di riferimento” le abbiano anche per nostro conto (cioè per conto di quelli di noi che ad essi si “riferiscono”) debbano riguardare argomenti “ammessi”: lo spread, prima di tutto. Il resto, in generale, è considerato solo in quanto capace di influire negativamente sullo spread, di ridurre o aumentare la “stabilità” etc. etc.
    L’Europa, che oggi sembra ci guardi arcigna con una bacchetta con la quale è pronta a colpire se non facciamo i bravi bambini, una volta lanciava giudizi allarmanti sulla nostra giustizia. Insistendo sul generico e su qualche risultato: processi troppo lunghi, libertà del cittadino troppo poco garantita etc. etc. Gli ammonimenti europei, in genere, erano “interpetrati” da ciascuno a modo suo. Oggi manco quello.
    Del resto l’Europa non ha mai seriamente detto una parola sulla trasformazione della giustizia in feudo dei magistrati, sull’esorbitanza del potere giudiziario, sulla subordinazione della giustizia per i cittadini alle esigenze di carriera, di comodità, di potere e di preminenza dei magistrati. Niente, quindi, sul  vero problema italiano della giustizia.
    Figuriamoci dunque che cosa ci resta oggi in questa campagna elettorale sotto la bacchetta dei “poteri forti” europei, da discutere, da sperare, da pensare sulla giustizia.
    Per fortuna, c’è Ingroia. Il Ministro della Giustizia (avvocato da sette milioni di euro l’anno) ha fatto alcune dichiarazioni sulla candidatura (ma chi è che lo candida? A sentire come parla si direbbe che è lui a “candidare” gli altri!). Per la Severino va bene, ne ha il diritto, ma… Ma il problema è che anche la Severino non pare abbia avuto niente da dire quando è veramente “sceso in campo” non da candidato, ma da magistrato, quando ha proclamato da magistrato le “verità” della storia, e delle storie e delle storielle. Quando da magistrato ha annunziato che “lui sa”. In fondo, oggi, candidandosi come uno qualsiasi, Ingroia rientra, si può dire, in una certa legalità.
    E, poi, la sua candidatura impone a tutti di parlare di giustizia o, se vogliamo essere seri e puntuali nel linguaggio, di quella parodia di giustizia che il partito dei magistrati, con le sue frange ed i suoi contorni di estremismo eversivo, ha da anni ammannito al Paese. Di parlarne, certo, con qualche maggior concretezza di quanto ne abbia capacità la Severino e dimostri di esserne capace. Ci impone, o ci imporrebbe di parlare di giustizia e di magistrati. E di politica dei magistrati.
    Se neanche Ingroia candidato basterà a rompere il muro del silenzio che chiude come in un loculo la questione giustizia e la sua centralità nella vita italiana, tuttavia, non ci meraviglieremo. Non c’è maggior sordo di chi non vuol sentire. E nessuno ci venga a dire che ora il miglior modo di fronteggiare Ingroia è quello di far finta che non esita, di non dargli corda. Come se si trattasse di un fatto personale, di una questione, magari d’ordine psicologico o un pochetto psichiatrico.
    L’eco delle parole di Mannino, personaggio che non è certo stato mai nelle nostre simpatie politiche, che ad Ingroia ha detto il fatto suo in televisione (ma non avrebbe dovuto parlare solo di lui, ma di un sistema che, a suo tempo, lo stesso Mannino aveva fatto ingigantire assieme agli Ingroia?) non si è ancora spento.
    Non è proprio che Ingroia candidato ci faccia pensare. Ma è un’occasione per liberarci dalla tentazione di celare il nostro pensiero, su questioni assai più serie di Ingroia stesso e delle sue imprese passate e future.
    In tanto squallore di una campagna elettorale, che ha tutta l’aria di essere una recita a soggetto di guitti che hanno perso il copione, la “questione magistrati” (non parliamo di giustizia per non recarle offesa) richiede, così, che le si dedichi un po’ d’attenzione.
    Meglio di niente. Per fortuna, dunque, che c’è Ingroia.
    Vi ricordate quella canzoncina di tanti anni fa: “E per fortuna che c’è Riccardo quello che giuoca sempre a bigliardo…”.
    Provate a farne la parodia, sarà divertente.




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