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lunedì 7 gennaio 2013

PAROLISI : PENSAVO MI GIUDICASSE UN GIUDICE, NON UNO PSICOLOGO. FINALMENTE UNA COSA INTELLIGENTE L'HA DETTA.


Come era prevedibile, gli avvocati di PArolisi hanno "brindato" alla lettura delle motivazioni della sentenza del Giudice Tommolini. Il GUP infatti aveva sì accolto le richieste dell'accusa di riconoscere colpevole il marito dell'uccisione di Melania Rea, ma adducendo tutt'altro movente, il "raptus" da rifiuto sessuale, nonché una ricostruzione delle modalità dell'omicidio difformi dalla Procura.
Con queste motivazioni, per la difesa di Parolisi l'appello contro la sentenza appare meno complesso. In primo luogo, in un processo indiziario - perché prove , nel senso proprio del termine, non ve ne sono contro Parolisi , e questo la gente a casa farebbe bene e imprimerselo nella memoria - il fatto che gli indizi che dovrebbero essere gravi e convergenti portino invece a ricostruzioni molto dissimili non depone bene per l'ipotesi accusatoria. E' vero che poi entrambi, PM e Giudice, arrivano alla stessa conclusione ma qui non siamo nel campo della matematica dove cambiando l'ordine dei fattori il risultato non cambia. Qui se A dice che l'indizio significativo è Alfa, e B invece lo nega, affermando che è Beta, in realtà ecco che questi indizi perdono entrambi di significato stringente. Nel processo penale vale, dovrebbe meglio, il principio del ragionevole dubbio, che deve essere superato per una sentenza di condanna. In un quadro indiziario contraddittorio, o comunque diversamente interpretato da accusa e Giudice, magari la Corte d'Appello potrebbe decidere che proprio superato questo dubbio NON è.
Il fatto stesso che il Giudice abbia infarcito la sua motivazione di parole possibilistiche , come "plausibilmente", "verosimilmente" ecc. , sembrerebbe indicare, frudianamente, che lo stesso magistrato è consapevole che di elementi certi, anche solo ragionevolmente (fattualmente abbiamo già detto che PROVE non ce ne sono. Questo è pacifico anche per l'accusa) , in questo processo alla fine non ce ne siano. 
Vi è poi la questione dell'ergastolo, comminato nonostante la scelta della difesa di Parolisi di affrontare un giudizio con rito abbreviato, che dovrebbe comportare comunque una riduzione della pena in caso di condanna. A Parolisi non solo è stato dato il massimo della pena, ma aggiungendo anche sanzioni afflittive aggiuntive come l'isolamento per non ricordo quanto tempo. 
Però l'accusa aveva descritto un omicidio Premeditato, pensato e poi perpetrato. E quindi, al di là della questione del rito prescelto sopra esposta, sulla base della ipotesi della Procura il "Fine pena mai" ci sta.
Ma se si parla di una reazione scellerata del momento ? Il "raptus" dovuto all'insopportabile (per menti malate) rifiuto sessuale? Oltretutto con la moglie inginocchiata a fare pipì, all'aperto, con la figlia piccola lasciata sola poco distante ? Al di là della fantasiosità o meno di questa ricostruzione ( a me pare MOLTO ), un "raptus" esclude, per definizione, la premeditazione. E quindi anche il massimo della pena.
Vi lascio quindi alla conferenza stampa indetta dagli avvocati di Parolisi , i quali , ovviamente, sono intenzionati a chiedere che il processo d'appello si tenga a porte aperte : male che gli vada loro avranno comunque la massima visibilità mediatica. Della serie comunque sia, sarà un successo !
Ah, tra i commenti all'articolo, non poteva mancare un ever green " Allora Melania l'avrebbe uccisa un colpo d'aria fredda o un alieno con le mani a forbice! Ma che dignità hanno questi sciacalli di avvocati?".
Sulla dignità degli avvocati, in assoluto, non punterei molti soldi, ma sulla demenza di certi commentatori tutto quello che ho. 
Buona Lettura


DOPO LA SENTENZA

Delitto di Melania, gli avvocati di Parolisi: «Condannato in un deserto probatorio»

I legali del caporalmaggiore condannato all'ergastolo per l'omicidio della moglie ricorreranno in appello

I legali di Parolisi durante la conferenza stampaI legali di Parolisi durante la conferenza stampa
TERAMO - «L’ergastolo è una pena smisurata rispetto al deserto probatorio della sentenza, il giudice ha condannato con il dubbio quando invece con il dubbio si assolve». Sono i primi commenti che Valter Biscotti, Nicodemo Gentile e Federica Benguardato, legali di Salvatore Parolisi, il caporalmaggiore condannato all’ergastolo per l'omicidio della moglie Melania Rea, uccisa con 35 coltellate il 18 aprile 2011 in un boschetto nei pressi di Ripe di Civitella, hanno rilasciato ai giornalisti nel corso della conferenza stampa convocata lunedì mattina a Teramo.
MASSIMA PENA - Gli avvocati hanno parlato per oltre un’ora approfondendo i contenuti del provvedimento con il quale, al termine del rito abbreviato, il gup Marina Tommolini ha comminato a Parolisi la massima pena prevista dal codice penale. «Siamo andati a trovare Salvatore questa mattina – hanno detto - e lo abbiamo trovato molto preoccupato, ci ha detto che pensava di essere giudicato da un giudice e non da uno psicologo e che non sa come difendersi. La motivazione della sentenza non ci convince perché dà certi alcuni presupposti che certi non sono. Basta leggere le ultime pagine per rendersi conto di quante volte il giudice, nel ricostruire la vicenda, utilizzi avverbi di dubbio come verosimilmente, presumibilmente, probabilmente. Se apriamo il processo alla fantasia, non servono neanche gli avvocati».
INDIZI E MOVENTE - Secondo i legali di Parolisi, sarebbero serviti al contrario un approfondimento tecnico sugli indizi di colpevolezza e un profilo tecnico sul movente, inoltre il giudice avrebbe completamente taciuto sulle indagini svolte dagli uomini del Ris e sulla presenza di altri sulla scena del delitto oltre ad aver compiuto macroscopiche sviste come scambiare un’impronta di calzatura su una delle tavole del chiosco per l’impronta di una mano. Lacune, errori e in alcuni casi forzature (come il presunto stato di eccitazione del caporalmaggiore alla vista della moglie seminuda nell’atto di urinare nel bosco) che, ha sottolineato Biscotti, lasciano «ampi spazi per un appello vincente e siamo convinti che ciò accadrà. La battaglia è ancora lunga».
BUGIE -Gentile ha riconosciuto come il gip Tommolini «non abbia negato nulla in termini di garanzie alla difesa durante la fase dibattimentale» e, inoltre, come sia stato l’unico giudice a rilevare «alcune anomalie nell’alibi e nelle consulenze scientifiche con cui l’accusa sosteneva le proprie tesi». Tuttavia, «pur accogliendo in parte le nostre argomentazioni e di fatto non accogliendo quelle del pm, ha superato queste ultime costruendo una sorta di teorema privato che difficilmente potrà reggere. Siamo dispiaciuti per Salvatore: come nella favola del lupo e dell’agnello di Fedro, cambia la sceneggiatura ma il lupo rimane sempre colpevole. È vero che ha detto tante bugie ma lo ha fatto per un atteggiamento difensivo, questo non può giustificare tutto».
RICORSO IN APPELLO - Gli avvocati di Parolisi, che presenteranno nelle prossime settimane il ricorso in appello, hanno annunciato l’intenzione di chiedere un processo aperto in modo da coinvolgere anche l’opinione pubblica su questa vicenda. L’avvocato Benguardato, infine, ha sottolineato come il consulente tecnico del giudice tutelare presso il tribunale di Nola abbia stabilito l’importanza di una «immediata ripresa degli incontri tra Salvatore e la figlia».


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