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martedì 15 ottobre 2013

LA FANTASIA AL POTERE NON E' MAI ARRIVATA. MA QUELLA SUI NOMI DELLE TASSE IMPERVERSA

 
Dunque non avremo più né l'IMU ne la TARES. Festeggiamo ? No davvero, visto che al loro posto ne avremo altre il cui gettito alla fine state pur sicuri sarà maggiore di quelle pensionate.
Una certezza dovuta all'esperienza, che diventa fattuale quando si legge dell'aumento del prelievo fiscale sulle rendite finanziarie e sugli investimenti. Si continua a tassare il risparmio, facendo felice gentaglia come la Camusso, con la fola di detassare il lavoro.
Quello che non accade MAI, ma veramente MAI, è incidere pesantemene sulla spesa, nonostante sia ormai palese anche ai mentecatti che con una pressione fiscale del genere questo Paese è destinato al ritorno alla povertà. 
Che qui siamo tutti nati per lo più nella seconda metà del ventesimo secolo, e siamo cresciuti nell'Italia del boom economico (decennio 55-65 prevalentemente) e della redistribuzione sociale, con follie economiche come la scala mobile, le baby pensione, la previdenza sganciata completamente dai contributi versati, i servizi gratuiti per tutti, benestanti e ricchi compresi...
Tutto questo all'inizio non tanto grazie alle tasse, nominalmente mai basse ma con una grande tolleranza sull'evasione, quanto al crescente ricorso al debito pubblico, e a strumenti quale l'inflazione e la svalutazione. Robe che con la globalizzazione e le norme anti trust europee avevano mostrato il loro declino funzionale negli anni 90 per esplodere nell'era post euro.
Ora tutto questo è finito, siamo dovuti ricorrere alla tassazione selvaggia vera per cercare di tenere in piedi il baraccone costruito, e abbiamo un mondo spaccato in tre : quelli di PRIMA, che riescono ancora a godere della "Bella Epoque" costruita sui debiti lasciati ai posteri ; quelli di MEZZO, che hanno sì fruito della coda di quel periodo ma che vedono un futuro decisamente grigio ; quelli di OGGI ( e Domani...) che, se non cambia qualcosa, veramente conosceranno un ritorno all'indietro inimmaginabile solo 5 anni fa.
Come hanno scritto in tanti, e Giacalone e Ricolfi più spesso, 'sto Paese si regge sull'alleanza familiare tra "nemici" : che i privilegiati di PRIMA, che godono di tutele lavorative e previdenziali che quelli di oggi e domani SI SOGNANO, sono poi i nonni e i padri degli altri, e spesso li aiutano, attingendo a risorse godute grazie al "furto generazionale". Quando questo sostegno finirà, se nel frattempo non sarà accaduto qualcosa (un'economia che riparte per qualche non so quale miracolo), allora sarà da piangere (e già abbiamo iniziato).
In tutto questo però i nostri governanti non mostrano nessun colpo d'ala, nessun passo verso una riduzione dei costi assistenziali per favorire energie per il ritorno alla produttività. 
Una battaglia di retroguardia sfinente.
Intanto, si legge che l'Irlanda sta uscendo, lei veramente, dal tunnel.
Chiedere loro come si fa ?
Di seguito, l'appunto giustamente polemico di due osservatori economici del Corriere , Fracaro e Saldutti, sulla fantasia fiscale del governo, mai accompagnata da una sui tagli.


"La fantasia del fisco sulle nuove tasse e quella che manca per i tagli"
 

Se c’è una cosa che il Fisco riesce a fare con grande facilità, è cambiare i nomi delle tasse. Così al posto dell’Imu e della Tares ne arrivano addirittura tre: Trise, Tari e Tasi. Il lettore abbia un po’ di pazienza e più sotto troverà svelato il mistero delle sigle, ma intanto fermiamoci al fatto che sono troppe. La fantasia, quando si tratta di imposte, è davvero al potere. Mentre, quando si deve decidere dove tagliare la spesa, la mente del governo, di qualsiasi governo, sembra per qualche strana ragione rattrappirsi. Rispetta questo vizio anche la bozza del decreto Stabilità da ieri in circolazione. Un provvedimento che, stando alle anticipazioni, contiene alcune cose buone come l’aumento delle detrazioni per i lavoratori dipendenti, gli sgravi Irap per chi assume. Il problema è che per finanziare le cose buone si finisce, spesso, per fare cose cattive. Come aumentare le tasse già esistenti. O peggio, inventarsene di nuove.
E così per finanziare la miniriduzione del cuneo fiscale si è pensato di elevare l’aliquota che colpisce le rendite finanziarie (interessi sui depositi bancari, dividendi, cedole sulle obbligazioni, capital gain) portandola dal 20 al 22%. Aumenterà anche la minipatrimoniale sugli investimenti (dall’1,5 per mille all’1,65). Come dire: la vera riserva nazionale, il risparmio, in grado di far sopportare al Paese la grande crisi, è ancora presa di mira. Risultato: gli investitori, anziché avvicinarsi, potranno allontanarsi. Certo, che in Italia sia corretto tassare meno il lavoro, e un po’ di più le rendite improduttive è corretto: dal 2011, però, l’aliquota su interessi e dividendi è quasi raddoppiata passando dal 12,5% al 22%. Un incremento che va anche nella direzione delle richieste della Cgil di Susanna Camusso. E veniamo alla commedia Imu. Confermato che non si pagherà più sull’abitazione principale. Non verrà però sostituita dalla Service Tax, come sembrava, ma dalla Trise (Tassa sui rifiuti e sui servizi). Una tassa bicefala fatta dalla Tari — la ex Tares destinata a coprire i costi della raccolta rifiuti — e dalla neonata Tasi che servirà a finanziare i costi dei servizi indivisibili dei Comuni. I proprietari immobiliari per la Tasi non dovrebbero pagare, complessivamente, più di quanto avrebbero sborsato con l’Imu — ma attenzione con l’aliquota massima prevista dalla legislazione e non con quella applicata dal Comune — più un piccolo obolo dell’1 per mille. Una sorta di clausola di salvaguardia. Le seconde case torneranno a pagare l’Irpef al 50% sulla rendita catastale. Una misura inserita ad agosto, poi ritirata. Insomma il Fisco è fantasioso. E anche testardo. Troppo .

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