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giovedì 22 maggio 2014

DAVIDE GIACAOLONE : LUSTRI DI AVANZI PRIMARI E QUEL DEBITO NON SCENDE MAI

 
Quanto riportato da Davide Giacalone nel suo interessante articolo è riecheggiato per altri temi da Luigi Zingales nel suo bel libro (l'uomo mi sta antipatico, ma scrive bene e fa pensare) 2Europa o No" : l'Italia, da un certo punto di vista fiscale  - quello dell'avanzo primario, saldo tra entrate e uscite, al netto degli interessi per il debito - è da tempo,  lustri addirittura, tra i paesi più virtuosi d'Europa e non solo ! Nonostante non si riesca a diminuire la spesa pubblica, aumentiamo le entrate (ammazzandoci di tasse, ma questo è un altro problema) e quindi alla fine il saldo è positivo.  In questo siamo meglio addirittura dei virtuosissimi tedeschi.
Il problema è , appunto, il MODO in cui arriviamo a questo risultato.
Dopodiché altro grave problema è come bruciamo quell'avanzo.
Giacalone lo spiega, inca...ndosi il giusto. 


Ricchezza sprecata



C’è un dato che dovrebbe essere nel vessillo nazionale, ma che viene taciuto, nascosto. Anche perché in quel dato si trova la dannazione nazionale. La dabbenaggine di un sistema che da una parte asfissia e dall’altra soffia in un pallone, gonfiandolo più di chiunque altro. Il dato è quello dell’avanzo primario, ovvero dei conti pubblici prima del pagamento degli interessi sul debito. Osservate la tabella che riporta i dati di quattro anni e otto paesi: noi siamo i migliori, i più bravi, i più rigorosi. Siamo anche quelli che da più tempo hanno il segno positivo, che da più anni (21) sono in avanzo primario. In quanto all’ammontare complessivo, siamo i primissimi.
Spero abbiate gonfiato il petto per orgoglio. Ora stringete i pugni. Il nostro avanzo primario (dato relativo al 2013) è di 36 miliardi. Come è noto facciamo, ogni anno, i salti mortali per restare sotto al tetto del 3% per quel che riguarda il deficit (in percentuale sul pil), ovvero le maggiori spese rispetto alle entrate statali. Si tratta, all’incirca, di 45 miliardi. Sommate l’avanzo primario al deficit e avrete la bella cifra di circa 81 miliardi. Tanti bei soldi con cui si potrebbero finanziare gli scompensi sociali indotti dalle profonde riforme interne di cui abbiamo bisogno. E invece no, perché quei soldi se ne vanno tutti per pagare gli interessi sul debito. Buttati al vento. Riassumendo: il bilancio pubblico è in attivo, a quell’attivo va sommata la disponibilità di quattrini dati dal deficit successivo e il tutto se ne va in fumo, bruciato sull’altare di un debito dissennato. Ora passiamo a due conseguenze politiche e pratiche.
Gli spread hanno ripreso a crescere. Ci siamo sgolati per dire che la medicina somministrata dalla Banca centrale europea era solo un sintomatico e che in ogni momento sarebbe potuta ripartire la speculazione, ma il mondo politico è impegnato a parlare d’altro. Una sorta di delirio egolatrico a sfondo rissoso. Alcuni sintomi si rivedono. Quello cui fare attenzione non è il solo salire dello spread, che non dipende dalle politiche del governo Renzi come non dipese da quelle del governo Berlusconi (semmai dalle non-politiche), ma il divaricarsi fra il nostro differenziale dai tassi tedeschi e quello degli spagnoli. Quando cresce, il nostro spread, lo fa più di quello spagnolo. Quando scende, lo fa meno. E lo spazio s’allarga, considerando il debito spagnolo più affidabile di quello italiano. Il che è una bestemmia economica, se non fosse che loro hanno un governo votato democraticamente, che sta facendo tagli e riforme. Noi no.
Fra i cortilanti della politica italiana si sente dire che dovremmo “andare in Europa” (dove credono di essere? lo sanno che l’Italia è un Paese fondatore?) per ottenere più deficit. Bei fresconi! Così aumenteremo il debito, con quello gli interessi che paghiamo, e con quelli le virtù che sprechiamo. Fra le urla delle risse si sentono tesi bislacche: aumentiamo i soldi in tasca alla "ggente" (ad esempio con 80 euro), così cresce la domanda e con quella lo sviluppo, mettendo in atto una manovra anticiclica. Hanno scambiato il ciclo con il triciclo: se aumenti i soldi senza aumentare la produttività ti limiti a perdere competitività, quindi a diventare più povero; una volta impoveritoti devi trovare i soldi per pagare gli interessi, quindi tassi di più gli stessi cui hai dato i soldi. I soldi in più sono politiche di sviluppo tanto quanto le scarpe che regalava Achille Lauro erano politiche per la mobilità.
Morale: un Paese che ha i numeri riportati in tabella, se abbattesse il debito, dovrebbe avere carburante per correre più veloce di ogni altro, invece lo pompiamo dentro serbatoi i cui buchi ci ostiniamo a non tappare. Anzi, crediamo sia sociale e solidale allargarli. Il tutto a cura di una classe politica che se la prende con la pompa (l’euro), o chiede soldi al motore (le imprese), o li ciuccia via ai passeggeri (famiglie), il tutto accapigliandosi su come si possa usare meglio la benzina che si sparge dai buchi. Poi fanno la boccuccia a cucchiaio del bimbo triste e incompreso, se qualcuno suggerisce l’esempio dei bonzi.

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