E così finisce anche quest'anno, con il lieto fine - per i tifosi bianconeri, chissà se anche per i protagonisti diretti - la telenovela di Conte e della sua permanenza sulla panchina della Juventus .
L'annuncio ufficiale viene dopo il summit di ieri, tenutosi in località segreta, con un tweet della società : «Stagione 2014/15: allenatore Antonio Conte».
Questo a scanso di clamorosi colpi di scena, visto che al momento non viene affrontato un aspetto importante, quale il rinnovo del contratto, in scadenza il prossimo anno.
Se non ci fosse, il rinnovo, l'annuncio prenderebbe una forma diversa, e più che la conferma di un ritrovato feeling ci troveremmo di fronte ad un compromesso, favorito anche dal fatto che, in caso di separazione, nessuno era disposto a fare il primo passo, che ha conseguenze economiche.
In questo senso ho trovato poco coerente l'atteggiamento di Conte che, nel caso di risoluzione del rapporto, chiaramente voluta da lui, però non voleva dimettersi ma essere licenziato, o quantomeno arrivare ad una risoluzione consensuale con un accordo economico e conseguente elargizione di una parte del compenso contrattuale previsto. Il che, oltretutto, fa pensare che il Mister una panchina pronta non l'aveva, e nell'incertezza, si parava.
Tutto sommato quanto si è visto non si discosta dal copione andato in onda la scorsa stagione, con in più lo sfogo credo autentico dell'allenatore che ha preso molto male le tante critiche piovutegli addosso dopo l'eliminazione in Champions e anche in semifinale col Benfica. Esagerate le une, ma anche la reazione del tecnico, che dovrebbe conoscere le regole di un mondo sovraesposto mediaticamente e che per questo lo rende milionario. Se i media, spinti dai tifosi, non assediassero il calcio, da dove verrebbero tutti quei soldi ?
Il pacchetto quindi va preso intero, ricordando di essere alfine dei gran privilegiati. Che è vero che Conte passerà notti insonni, curerà in modo maniacale ogni particolare, però tutto questo lo fa ricco. Altri, tanti, fanno le stesse cose, vivono gli stessi stress, ma non sono milionari per questo.
Nessun moralismo, per carità, se c'è chi paga, chi prende i soldi fa benissimo. Però è un mondo che, con tutte le sue criticità, resta più che dorato per i protagonisti.
I nodi sollevati sollevati da Conte sono noti :
- nessuna garanzia di vincere il quarto scudetto consecutivo (obiettivamente, una cosa inverosimile,che nemmeno il Barcellona di Messi, Xavi e Iniesta c'è riuscito nel suo periodo d'oro ) . Questa squadra, che per 8/11 (!!) dei titolari è rimasta identica a quella del primo scudetto, ha dato il massimo e di più. C'è da mettere in conto anche un fattore naturale di appagamento, oltre al fatto che Buffon, Pirlo e Barzagli sono dei bravissimi seniores, e anche Chiello inizia ad avere i suoi 30 anni, e i suoi non infrequenti guai muscolari denunciano un qual certo logorio. Ci vorrebbe un'iniezione di forze fresche, e non come alternative ma proprio come titolari, correndo il rischio di una non immediata amalgama - che invece riuscì nel primo anno, sorprendendo un po' tutti.
- se è improbabile rivincere il campionato italiano, dove i problemi di soldi ce li hanno tutti i club, pressoché impossibile pensare al miracolo in Champions, dove veramente il gap rispetto alle squadre all star (le solite : Real. Barcellona, Bayern e, grazie ad emiri e paperoni, PSG, Chelsea, Manchester City e United) non è colmabile. Poi certo, capita la stagione in cui tutto gira bene, azzecchi squadra e modulo e arrivi in finale, come l'Atletico Madrid di quest'anno, o il Borussia lo scorso. Però non è qualcosa che puoi porti come obiettivo primario.
Conte queste cose le ha dette in privato e in pubblico (Agnelli non sembra aver apprezzato, però i fatti sono quelli esposti dal tecnico ) , per cui ci si prepara, a noi amici della Signora, un anno di pausa, dopo i bagordi italici di questo bel triennio, infarcito di record eccezionali.
La speranza è che questa pausa sia costruttiva, e quindi preparare una ripartenza, con l'adeguata sostituzione dei campioni a fine carriera e degli altri bravissimi giocatori che hanno obiettivamente dato il meglio di sé.
Che Conte metta le mani avanti e dica a società e tifosi : guardate questo ci aspetta, non aspettatevi nuove imprese ! ci sta.
Ma la domanda è un'altra. Uno così ossessionato dalla vittoria lo accetta di vivere un anno di transizione e ricostruzione (per non fare la fine dell'Inter e del Milan, per capirci ) ?
Alla fine hanno vinto i tifosi, e probabilmente i peana levati allo stadio a favore del Mister hanno avuto il loro peso perché le due parti decidessero di continuare insieme.
Però molti supporter ( Roma da questo punto di vista è maestra, a livelli quasi di Alzheimer precoce) hanno anche la memoria cortissima. I pregi (la grande passione ed entusiasmo) sono l'ombra dei difetti (impazienza patologica). Lo scriveva Di Carlo, ed è vero.
Di seguito, il servizio de La Stampa sulla fumata bianca tra Conte e Signora.
Ancora ConTe
Il tecnico dei tre scudetti resta alla Juve. Il club lo annuncia su twitter Vertice da Agnelli: continuiamo a vincere insieme
Come nelle coppie felicemente sposate cui capita di litigare, in
fondo a due ore e passa di discussione la Juve e Antonio Conte si sono
ritrovati davanti a una domanda: ma perché mai dovremmo lasciarci? Le
rivendicazioni dell’ultimo mese erano diventate comprensione, gli
attriti smussati, e il presente, di nuovo prossimo futuro. Banalmente,
separarsi non sarebbe convenuto a nessuno. E, a voler pensare malissimo,
nessuno aveva migliori soluzioni. Visto poi che la faccenda s’era fatta
intricata, e nulla pareva scontato, anzi sul web già spiravano venti di
divorzio, alle otto e mezza della sera il club bianconero ribadiva con
un tweet un pezzo dell’organigramma: «Stagione 2014/15: allenatore
Antonio Conte». Del resto, come aveva ricordato lo stesso tecnico
domenica sera, «ho un contratto».
Ma tre anni di scudetti, coppe e record, mica potevano finire in una disputa di carte, e di quattrini: e così, questa è anche una storia di commozione (del tecnico) e di lacrime (della moglie Elisabetta), di delusioni finalmente digerite, e di un’intera arena che invoca il tuo nome, da farti venire i brividi. Voce e coreografia dello Juventus Stadium hanno pesato, sull’anima e sulla ragione, di tutti. Perché dieci giorni fa, la Juve e Conte s’erano davvero persi, smarriti in visioni differenti e piani futuri, resi ancor più cupi dall’eliminazione in semifinale di Europa League. Tutte cose che avevano segnato il tecnico, soffiato sui cattivi pensieri e fatto perdere la pazienza al club. Incrinato l’intesa, insomma.
C’erano angoli da smussare, e lì si sono messi all’opera l’ad Beppe Marotta, uno che tratta per mestiere e media per indole, e Pavel Nedved, che non avrà ancora l’esperienza del dirigente ma conserva il carisma del campione. E poi il ds Fabio Paratici, che conosce il tecnico come nessuno. Così, all’incontro di ieri pomeriggio, a casa Agnelli, presidente e allenatore si sono ritrovati attorno a quel verbo diventato ragione sociale della Juve: vincere. Un po’ come accadde l’estate scorsa, quando Conte e società discussero a lungo. E il tecnico, s’è sostanzialmente riconosciuto nelle intenzioni di Andrea Agnelli: questa società condivide il percorso dell’allenatore, e come lui vuole continuare a vincere. Qualsiasi competizione cui partecipa, a cominciare dal quarto scudetto consecutivo. Dopo di che, alla Champions, partecipano ogni anno 76 squadre, e solo una arriva in fondo. Senza garanzia di vittoria, se al Real Madrid la Coppa sfugge da dodici anni, nonostante oltre un miliardo di euro spesi per lo shopping.
Per tutto il resto, ci sarà tempo, raccontano da casa Juve. Compreso il rinnovo del contratto, al momento in scadenza a giugno 2015, ma che non era argomento di discussione. Lo sarà nei prossimi mesi, chissà. Un po’ prima, invece, si dovrà riprendere la discussione dei programmi e, quindi, del mercato. Neppure di questo s’è parlato ieri, ma è chiaro che la linea rimane quella finanziariamente sostenibile del club. Ovvero, per avviare grandi commerci bisognerà venderne uno tra Vidal e Pogba: fosse concessa scelta, la preferenza sarebbe per il primo. Niente rivoluzione, semmai un’evoluzione. Felice però, a sentire Buffon: «Perché non c’è Juve, senza Conte».
Ma tre anni di scudetti, coppe e record, mica potevano finire in una disputa di carte, e di quattrini: e così, questa è anche una storia di commozione (del tecnico) e di lacrime (della moglie Elisabetta), di delusioni finalmente digerite, e di un’intera arena che invoca il tuo nome, da farti venire i brividi. Voce e coreografia dello Juventus Stadium hanno pesato, sull’anima e sulla ragione, di tutti. Perché dieci giorni fa, la Juve e Conte s’erano davvero persi, smarriti in visioni differenti e piani futuri, resi ancor più cupi dall’eliminazione in semifinale di Europa League. Tutte cose che avevano segnato il tecnico, soffiato sui cattivi pensieri e fatto perdere la pazienza al club. Incrinato l’intesa, insomma.
C’erano angoli da smussare, e lì si sono messi all’opera l’ad Beppe Marotta, uno che tratta per mestiere e media per indole, e Pavel Nedved, che non avrà ancora l’esperienza del dirigente ma conserva il carisma del campione. E poi il ds Fabio Paratici, che conosce il tecnico come nessuno. Così, all’incontro di ieri pomeriggio, a casa Agnelli, presidente e allenatore si sono ritrovati attorno a quel verbo diventato ragione sociale della Juve: vincere. Un po’ come accadde l’estate scorsa, quando Conte e società discussero a lungo. E il tecnico, s’è sostanzialmente riconosciuto nelle intenzioni di Andrea Agnelli: questa società condivide il percorso dell’allenatore, e come lui vuole continuare a vincere. Qualsiasi competizione cui partecipa, a cominciare dal quarto scudetto consecutivo. Dopo di che, alla Champions, partecipano ogni anno 76 squadre, e solo una arriva in fondo. Senza garanzia di vittoria, se al Real Madrid la Coppa sfugge da dodici anni, nonostante oltre un miliardo di euro spesi per lo shopping.
Per tutto il resto, ci sarà tempo, raccontano da casa Juve. Compreso il rinnovo del contratto, al momento in scadenza a giugno 2015, ma che non era argomento di discussione. Lo sarà nei prossimi mesi, chissà. Un po’ prima, invece, si dovrà riprendere la discussione dei programmi e, quindi, del mercato. Neppure di questo s’è parlato ieri, ma è chiaro che la linea rimane quella finanziariamente sostenibile del club. Ovvero, per avviare grandi commerci bisognerà venderne uno tra Vidal e Pogba: fosse concessa scelta, la preferenza sarebbe per il primo. Niente rivoluzione, semmai un’evoluzione. Felice però, a sentire Buffon: «Perché non c’è Juve, senza Conte».
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