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martedì 11 novembre 2014

L'AQUILA : UN COLPEVOLE PURCHE' SIA NON SERVE A FARE GIUSTIZIA




Sulla sentenza che ha assolto i membri della Commissione Grandi Rischi dall'accusa di omicidio colposo (!?!?) per i fatti tragici dell'Aquila avevo riportato ieri l'articolo de La Stampa, con la solita introduzione nella quale, tra l'altro, riportavo i vari post scritti in precedenza su questa vicenda. Chi vuole, trova il tutto sul post http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/11/assolti-i-condannati-in-primo-grado-per.html.
Oggi, leggendo vari commenti, ho trovato questo di Anna Maldolesi che mi è molto piaciuto e per questo lo propongo
Buona Lettura

Onorare quei morti 
costruendo insieme case (e regole) nuove
 

Il lutto dell’Aquila resta (per ora) senza veri colpevoli. Ma un colpevole purché sia non serve a fare giustizia. Per questo, pur nel rispetto del dolore della città e dei familiari delle vittime, buona parte della comunità scientifica internazionale oggi saluterà questa assoluzione come la fine di un incubo. Non era mai accaduto che scienziati e tecnici incaricati di valutare il rischio sismico venissero condannati in primo grado per omicidio e rischiassero di pagare con la prigione per le troppe cose andate storte nel corso di un terremoto che nessuno poteva prevedere. 
Al posto dei costruttori che hanno costruito male, al posto delle autorità che non hanno vigilato sul rispetto delle norme antisismiche. In questi anni tanti sismologi di tutto il mondo hanno seguito con incredulità quel che accadeva in Italia. Mentre in Giappone gli errori del terremoto del 2011 (quello del disastro di Fukushima) portavano alla revisione delle procedure di valutazione dei rischi, qui le mancanze rivelate dalla tragedia dell’Aquila stavano alimentando una caccia alle streghe. La scienza è utile, non onnipotente. Gli scienziati hanno competenze specifiche, non sono necessariamente preparati a capire la psicologia della gente, non sono neppure eroi capaci di raddrizzare da soli le storture di un Paese che non ha una tradizione trasparente di policy-making. Onorare i morti significa anche imparare a utilizzare meglio la scienza. Riavviare il dialogo che si è interrotto tra le macerie di quella maledetta notte del 2009 e poi nelle aule di tribunale. Costruire con spirito di collaborazione case, regole sulle responsabilità legali dei consulenti, procedure di comunicazione del rischio all’altezza delle nostre mappe di pericolosità sismica.

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