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domenica 4 gennaio 2015

UXORICIDA NON IMPUTABILE PER INCAPACITA' MENTALE, TORNA LIBERO DOPO 5 ANNI. CHI LO DICE A MIA MADRE ???

 

E chi glielo dice a mia madre ? Un uomo uccide la moglie a coltellate e dopo 5 anni è libero ??? Lei che si angustia che la Franzoni ebbe una condanna a "soli" 16 anni e dopo 13 è libera grazie all'ultimo condono... Non credo che nemmeno possa servire farle leggere tutto l'articolo, con la spiegazione di come in realtà l'uomo fosse stato dichiarato non punibile perché "incapace di intendere e di volere" nel momento in cui commetteva il delitto. Affidato alle cure psichiatriche, dopo 5 anni sembra che le stesse abbiano portato buoni risultati, per cui l'uomo non è più un pericolo per la società e può tornare libero, ancorché sempre sotto controllo medico terapeutico. 
Per mia madre, e chissà per quanti altri, nulla può togliere che quell'uomo ha ucciso. E deve pagare: Ma se non aveva coscienza delle sue azioni ? Fa nulla. Una persona è morta, e deve essere vendicata.
Anzi che non arriva a dire, biblicamente, "vita con vita" !



Uccise la moglie a coltellate
Torna libero in soli 5 anni
Decisione (giusta) che spiazza

La giudice: non è più un pericolo sociale, ma continui le terapie 71 I fendenti con i quali l’uomo uccise la moglie

di Luigi Ferrarella 

Adam Kabobo
 
Uccide la moglie con 71 coltellate e dopo meno di 5 anni è libero da qualunque vincolo o pendenza giudiziaria: pare perfetto per lo scandalismo d’accatto, e invece questo esito interpella le coscienze nel profondo. È «giusto» di civiltà giuridica, ma anche spiazzante. Disorienta, eppure sta nelle regole del codice. È un successo clinico per i medici dell’uxoricida, e una scommessa su di lui vinta dall’apparato giudiziario; ma proprio per questo è nel contempo anche uno choc umano e una ferita che si riapre per la sbigottita famiglia della moglie uccisa.
Perché ora la dichiarazione di «cessata pericolosità sociale», e con essa la fine della misura di sicurezza in Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg), riguarda il marito penalmente assolto nel 2010 in Assise in quanto «incapace di intendere di volere» (e dunque «non imputabile») al momento in cui nel 2009 uccise la coetanea 42enne moglie.
L’uomo (non si daranno qui dati che agevolino l’identificazione né sua né della famiglia della vittima) inizia quell’anno a soffrire di vissuti persecutori e ideazioni ossessive incentrate sulla paura di fare del male ai familiari. Va in cerca di cure, chiede anche di essere ricoverato, ma dai dottori riceve solo prescrizioni di ansiolitici mentre l’insonnia invincibile lo stravolge e una patologica depressione gli altera la percezione delle cose. Finché un giorno, in una città del Nord Italia, assassina la moglie con 48 coltellate al torace, 10 al braccio sinistro, 11 al destro, 2 alla gamba sinistra.
Sia il consulente del gip, sia quello dei legali Mocchi e Patrucchi della famiglia della vittima, convergono su una diagnosi di solo «parziale incapacità di intendere e volere», la stessa ad esempio del picconatore a morte di tre persone per strada a Milano, Adam Kabobo, «sceso» così a 20 anni di pena. Ma al processo la Corte d’assise ritiene necessario un perito d’ufficio, che, pur contestato nelle premesse dal pm Giancarla Serafini, conclude invece per un «disturbo narcisistico della personalità» esploso in «episodio depressivo maggiore grave con sintomi psicotici, ad andamento cronico e ingravescente, che ha determinato la sospensione delle capacità critiche e conseguente abolizione delle capacità volitive».
Un reato è imputabile solo a chi abbia inteso e voluto commetterlo: ecco perché la Corte d’assise nel novembre 2010, di fronte a una valutazione clinica di «totale incapacità di intendere e di volere», assolve l’uomo «perché non imputabile» all’epoca del fatto, ordinandone però la misura di sicurezza in un Ospedale psichiatrico giudiziario fin tanto che sia diagnosticato «socialmente pericoloso» per la collettività.

In passato il carattere ibrido e la durata indeterminata di queste misure in Opg ne avevano fatto una sorta di «ergastolo bianco», e nel febbraio 2012 una legge disporrà la chiusura degli Opg (rinviata però a marzo 2015) sostituiti da Residenze sanitarie regionali, «fermo restando che chi ha cessato di essere pericoloso deve essere senza indugio dimesso e preso in carico, sul territorio, dai Dipartimenti di salute mentale».
Nel caso dell’uomo, subito dopo l’arresto nel 2009 e per pochi mesi il carcere diventa il primo posto nel quale inizia un percorso terapeutico, proseguito a maggior ragione nell’Opg di Castiglione delle Stiviere: e stante gli esiti positivi, comincia presto a godere di brevi permessi esterni, poi sperimenta un contesto riabilitativo in regime alternativo di «articolo 21» da mattino a sera in una sorta di vigilanza terapeutica. I rapporti attestano che il paziente aderisce al programma in maniera puntuale e proficua, è ben seguito dal suo medico, ha l’appoggio costante dei genitori.

E così, quando nemmeno 5 anni sono trascorsi dal non luogo a procedere penale, su istanza dei difensori Donatella Rapetti e Raffaele Della Valle il Tribunale di Sorveglianza verifica che «i riscontri sono soddisfacenti», «i tratti narcisistici appaiono molto ridimensionati», e il medico curante ritiene «non più necessaria, anzi per certi versi controproducente, la misura di sicurezza».
All’esito di «un prolungato decorso clinico», e grazie al «sostegno di servizi sociali, medico e famiglia», la giudice Marina Azzini valuta che «l’esperimento» abbia «sortito un esito positivo» e che sia «cessata la prognosi di pericolosità sociale».
Non c’è dolciume buonista, resta «la necessità di assicurare il forte sostegno terapeutico» a un uomo che «rimane comunque un paziente psichiatrico del quale i competenti servizi specialistici dovranno continuare a farsi carico, per il suo benessere psicofisico e per la sicurezza della collettività». Ma l’«assenza di indicatori (sia interni sia esterni) di pericolosità sociale, lo stabile compenso, l’essere inserito nella famiglia», inducono la giudice di sorveglianza a revocare la misura di sicurezza in Opg. E a riconsegnare l’uomo a una vita totalmente libera.

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