E' divenuta effettiva la modifica della custodia cautelare, che stabilisce tante cose buone e giuste :
1) a parte i reati di mafia e terrorismo, non solo il carcere prima del processo e della condanna definitiva non è obbligatorio (e meno male) ma, all'opposto, è l'extrema ratio. Il Giudice, chiamato a vigilare sulle richieste della procura, dovrà verificare la sussistenza CONCRETA delle ragioni cautelari e l'INIDONEITA' di misure alternative ( tra cui i noti arresti domiciliari, ma prima di queste ce ne sono di meno cogenti).
2) di questa verifica coscienziosa il Giudice deve dare prova attraverso adeguata motivazione, per cui non potrà limitarsi a riportarsi, o copiare e incollare, le ragioni espresse dalla procura
3) La stessa cosa dovranno fare quelli del Tribunale del Riesame, che tra l'altro NON potranno sostituirsi al giudice pigro e negligente, che non ha adeguatamente motivato, supplendo con la PROPRIA motivazione. Se il provvedimento di custodia si presenta carente da questo punto di vista, dovrà essere annullato.
Tutte cose belle, se non fossero, come giustamente osserva Davide Giacalone (uno dei garantisti stranamente arruolati da Libero, l'altro è Facci, per il resto, tolta la difesa del Cavaliere, quelli di Belpietro potrebbero scrivere sul Fatto) tutte - o quasi - già previste nel passato. Solo che , siccome troppi pm e giudici se ne fregavano, si è pensato che non avessero ben capito, e hanno ribadito i concetti però rendendoli più espliciti.
Pensate che i destinatari si adegueranno ? Io non credo.
Infatti i nodi fondamentali di questo bieco andazzo non sono stati toccati. Il primo, come Giacalone ricorda, è la contiguità (incestuosa, aggiungo sempre io) tra accusa e giudice. Sono COLLEGHI, appartengono allo stesso ordine (casta), sono iscritti allo stesso sindacato (anm), ancorché magari in correnti diverse, partecipano agli stessi convegni, riunioni, party. Si danno del tu, tranne che, per salvare la forma, in udienza. Non succede in nessuna parte del mondo, ma quando glielo obietti, ti rispondono che "l'Italia ha una realtà particolare". Dicono sempre così, anche quando fai presente che nessuna democrazia ha il premio di maggioranza, oppure per giustificare il divieto pregiudiziale ad un sistema presidenziale ( salvo poi farlo entrare dalla finestra, come sta avvenendo da noi...senza a quel punto le garanzie e i cd. "contrappesi" vigenti nei paesi presidenzialisti veri).
Tornando ai magistrati, il nodo è dunque la famosa Separazione delle carriere. Sembra un'ossessione degli avvocati, ma trattandosi di un principio sacrosanto, magari tra qualche generazione verrà finalmente riconosciuto. Non è accaduto così anche per il divorzio e l'aborto negli anni '70 ? E ora per i diritti degli omosessuali, le unioni di fatto, l'eterologa ? Le cose cambiano, a volte anche nel senso giusto.
Il secondo nodo è l'impunità perdurante di chi continuerà a fare come prima, ignorando di fatto il più esplicito dettato normativo.
Poi magari ci sarà un giudice a Strasburgo che condannerà lo Stato Italiano per la scorretta applicazione delle leggi, e magari ti liquiderà pure una mancia per gli anni di galera che ti sei fatto (laddove tu ti sarai rovinato per pagare le spese legali che nessuno ti rifonderà).
Speriamo che il mio pessimismo sia smentito dai fatti prossimi venturi.
Manette amare
Buona la riforma della custodia cautelare, del carcere imposto a cittadini che devono essere considerati presunti innocenti. Con qualche nota amara. Il legislatore ha paura ad occuparsi della separazione delle carriere, fra chi accusa e chi giudica, ma ci gira attorno. Però avverte la necessità di affrontare quel nodo.
Con il voto favorevole del Senato è divenuta legge la modifica di alcune parti del codice di procedura penale. La custodia cautelare è ora obbligatoria solo per reati di mafia e terrorismo, mentre negli altri casi dipende dalla valutazione del giudice. Che dovrà attenersi a tre linee guida: a. ogni altra misura cautelare (dai domiciliari al ritiro del passaporto) deve dimostrarsi inidonea; b. i pericoli di fuga, reiterazione o inquinamento devono essere concreti e attuali, non teorici; c. si deve seriamente motivare il perché delle prime due cose. Bene, ma qui c’è la prima ragione per avere un po’ di amaro in bocca: era già così. Le norme (vecchie) che presiedevano alla preventiva privazione della libertà contenevano già quanto ora è più esplicitamente ribadito. E’ positivo che lo si sia chiarito perché prima lo si ignorava. Bastava dire: il Tizio è pericoloso e può reiterare, inquinare o fuggire, e, in barba al testo e al senso della legge, quel cittadino perdeva la libertà.
Il nuovo testo va oltre. Sempre in bene. Il giudice (gip) che dispone la carcerazione preventiva non potrà più limitarsi a ricopiare le considerazioni a lui presentate dalla procura, dal pubblico ministero, ma dovrà dare conto di come e perché è giunto all’autonoma valutazione di dovere disporre quelle misure cautelari. Il tribunale della libertà, cui il detenuto (da nessuno mai condannato) potrà ricorrere, non solo avrà tempi stringenti e vincolanti, per decidere, ma dovrà annullare la misura cautelare se il primo giudice avrà omesso di motivarla in proprio. In altre parole: se il primo giudice fa copia e incolla non è che il tribunale può sforzarsi di trovare poi le motivazioni mancanti allora, ma deve annullare. Bene, ripeto, ma anche qui c’è un retrogusto amaro: a parte che si sono voluti lustri per accorgersi di quello che scriviamo da troppi anni, ovvero che il gip è spesso un passacarte della procura e il tribunale della libertà un certificatore del copiato, resta il fatto che se il legislatore avverte (giustamente) il bisogno di specificare che questa roba non si può fare e va troncata è perché sa bene, come l’esperienza insegna, che quegli organi di garanzia lavorano in sudditanza rispetto alle ipotesi d’accusa. Il giudice, quel giudice, è subordinato all’accusa. Non mancano le eccezioni, ma proprio perché tali ulteriormente significative. Ebbene, cos’è questo se non il modo per riconoscere che esiste eccome il problema della separazione? Salvo scantonarlo.
In quanto ai termini, anche in questo sono anni che lo ripetiamo: siano tutti perentori. Era assurdo che quelli della difesa lo fossero, mentre quelli della procura e del giudice no. Anche questo è un passo in avanti. Per arrivare a meta serve ancora un piccolo sforzo: nessun termine è mai derogabile.
Altra cosa giusta: le misura cautelari non potranno essere rinnovate. Chi sostiene che sia un favore ai criminali ha quel tipo di cultura che lo spinge anche a dire che, adesso, non potranno più arrestarsi gli assassini. Sbagliato: è il giudice che assume su di sé la responsabilità di quella scelta, e non credo che per il killer di Milano se ne trovi uno solo che fatichi a farlo. Una volta arrestato, se le prove sono tali da non avere dubbi, quindi da spingere a trattenerlo ancora, allora lo si processi. Al killer di Milano, per restare all’esempio, la condanna non gliela leva nessuno. A quel punto in galera ci resta, ma da condannato.
L’amaro c’è, dunque, perché si è arrivati tardi e con contorcimenti a quel che il diritto e i diritti reclamano da sempre. Ma la bevanda è potabile, il che segna un notevole salto di qualità, rispetto a quella fin qui servita. E avvelenante. Ora si tratta di vedere come si passa dalle parole ai fatti, posto che, fin qui, delle prime s’è sovente fatto un falò.
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