Davide Giacalone aveva ragione quando scriveva ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2016/02/adottare-gia-si-puo-se-le-regole.html ) che la possibilità per il membro di una coppia omosessuale di adottare il figlio naturale della compagna/o esiste già.
Certo, occorre, come per ogni adozione, il vaglio da parte dell'organo giudiziario, la verifica di una serie di condizioni e tra queste quella che personalmente condivido maggiormente e che invece suppongo stia sullo stomaco di gente frettolosa : una relazione duratura, consolidata negli anni.
Non ho nessuna fiducia degli abitanti del Tribunale per i Minorenni di Roma, però la sentenza che riporto mi persuade abbastanza.
La propongo a colleghi e interessati. Può essere utile, in attesa che l'INTERA materia delle adozioni sia riformata ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2016/02/il-problema-adozioni-non-riguarda-solo.html), come è tempo (lungo..) che sia
Stepchild adoption: i giudici bruciano sul tempo il legislatore
Tribunale, Roma, sentenza 29/10/2015
L’adozione “in casi particolari” ex art. 44, comma 1 lett.
d) l. 184/1983 può essere disposta a favore del convivente omosessuale del
genitore dell’adottando, quando essa risponde al superiore interesse del minore
e garantisce la copertura giuridica di una situazione già esistente da anni,
che nulla ha di diverso rispetto ad un vero e proprio vincolo genitoriale.
Con ricorso al Tribunale per i Minorenni di Roma, ex art.
44, c. 1, lettera d) L. 184/83, come modificata dalla L. 149/2001, una donna
riferiva di avere intrapreso, dal febbraio 2009, una relazione sentimentale
omosessuale.
Fin dai primi anni, la ricorrente e la sua compagna avevano
sentito il desiderio di avere un figlio.
Conseguentemente, nell'ottobre 2012, dopo aver maturato fino
in fondo e responsabilmente la loro decisione, entrambe si erano recate in
Belgio per sottoporsi alle pratiche di procreazione assistita; intanto, avevano
deciso che a portare avanti la procreazione biologica sarebbe stata la più
giovane delle due e, quindi, con maggiori possibilità di riuscita della
inseminazione intrauterina.
La ricorrente aveva seguito lo stato di gravidanza della partner
con affetto e dedizione, vivendo anche lei l'attesa con animo commosso e
proteso all'evento.
Dopo la nascita, la ricorrente aveva instaurato con la
minore un rapporto così significativo, da essere riconosciuta come mamma.
Ciò premesso, la ricorrente chiedeva, alla luce dei rapporti
instaurati e consolidati con la minore, di poterla adottare.
Il Tribunale acquisiva una relazione del competente Servizio
Sociale sulle condizioni di vita delle due donne, sul loro rapporto con la
bambina, sulle figure familiari di supporto.
Il Collegio, inoltre, stante la non lunga durata del periodo
di convivenza e la tenera età della minore, decideva di disporre una C.T.U. al
fine di ulteriormente verificare la qualità delle relazioni familiari, il
livello di funzionalità, le dinamiche e le risorse del nucleo nel suo complesso
e gli eventuali interventi di sostegno finalizzati alla acquisizione e/o al
potenziamento delle funzioni genitoriali.
Espletato l'esame peritale il procedimento veniva trasmesso
al P.M.M. per il parere.
Il P.M.M. esprimeva, tuttavia, parere negativo
all'accoglimento del ricorso, in mancanza del “”presupposto ineludibile
della norma indicata, costituito da una situazione di abbandono” ed in
mancanza della “nomina di curatore speciale al minore, ravvisandosi
conflitto di interesse tra la madre della piccola e la figlia medesima".
Il Collegio ha accolto il ricorso.
L’adozione richiesta dalla ricorrente è disciplinata dal
titolo IV della legge 4.5.1983 n. 184 (come modificata dalla legge 28.3.2001 n.
149) agli arti. 44 - 57.
Si tratta di un tipo di adozione in "casi
particolari", che mira a realizzare l'interesse del minore ad una
famiglia in quattro specifiche ipotesi, in cui legislatore ha voluto facilitare
il procedimento di adozione, per un verso ampliando il novero dei soggetti
legittimati a diventare genitori adottivi e, per altro verso, semplificando la
procedura di adozione.
L'art. 44,
L . n. 184/1983 prevede quanto segue:
“1. I minori possono essere adottati anche quando non
ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7:da persone unite al
minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto
stabile e duraturo, quando il minore sia orfano, di padre e di madre;dal
coniuge nel caso in cui il minore sia figlio, anche adottivo dell'altro
coniuge;quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'articolo 3,
comma 1, della legge 5 febbraio 1992,n. 104,esia orfano di padre, e di
madre;d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento
preadottivo.2. L'adozione, nei casi indicati nel comma l, è consentita anche
in presenza di figli legittimi.3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d)
del comma
|
L'adozione "in casi particolari",
disciplinata dal citato articolo, risponde all'intenzione del Legislatore di
voler favorire il consolidamento dei rapporti tra il minore e i parenti o le
persone che già si prendono cura del minore stesso, prevedendo la possibilità
di un'adozione con effetti più limitati rispetto a quella legittimante,
ma con presupposti meno rigorosi.
Viene data in tal modo rilevanza giuridica a
tutte quelle situazioni in cui, pur essendo preminente la finalità di
proteggere il minore, mancano le condizioni che consentono l'adozione con
effetti, legittimanti di un soggetto minore di età.
La ratio legis trova una espressa manifestazione
nell'art. 57, n. 2, laddove impone al tribunale di verificare se l'adozione ex
art. 44 L .
184/83 "realizza il preminente interesse del minore".
Nella fattispecie in esame, prevista dalla lettera d) del
comma 1 del citato articolo, il minore può essere adottato, anche quando non
ricorrono le condizioni per l'adozione legittimante, quando vi sia la
constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
La giurisprudenza di merito ha dato di questo articolo
un'interpretazione più ampia, riconoscendo che l'impossibilità di affidamento
preadottivo può essere una impossibilità non solo di fatto, che
consente di realizzare l'interesse preminente di minori in stato di abbandono
ma non collocabili in affidamento preadottivo, bensì anche una impossibilità
di diritto, che permette di tutelare l'interesse di minori (anche non in
stato di abbandono), attraverso il riconoscimento giuridico di rapporti di
genitorialità più compiuti e completi.
Nel caso di specie non si ravvisa alcun conflitto
d'interessi tra la figlia e la madre; quest’ultima risulta l'unica
rappresentante legale della minore in grado di esprimere il suo consenso cosi
come previsto dall'art. 46 della legge che regola le adozioni in casi
particolari.
In conclusione, il Collegio ritiene che l'art. 44, comma 1,
lett. d) consente alla ricorrente di adottare la minore purché, in fatto,
l'adozione risponda al preminente interesse della minore medesima.
Né può ostare all'adozione della minore da parte della
ricorrente la circostanza che la madre non è, ai sensi dell'ordinamento
italiano, coniugata con la ricorrente.
Invero, un rapporto di coniugio tra il genitore
dell'adottando e l’adottante è previsto solo dall'art. 44, c. 1, lett. b), e
non anche dall'art. 44, c. 1, lett. d), che trova applicazione nella fattispecie
de qua.
Peraltro, il criterio dell'imitatio naturae, in virtù
del quale l'adozione dovrebbe rispecchiare il modello dominante della famiglia
tradizionale unita dal vincolo del matrimonio, aveva già subito un
ridimensionamento con la sentenza della Corte Costituzionale n. 145/1969
dove veniva precisato che, con riferimento agli artt. 3, 29 e 30 Cost., queste
disposizioni "non vincolano l'adozione dei minori al criterio
dell’imitatio naturae", esprimendo, invero, una mera indicazione di
preferenza per l'adozione da parte di una coppia di coniugi, sulla scorta
dell'esigenza di garantire al minore la stabilità necessaria sotto il profilo
educativo ed affettivo.
Ne consegue che, ad avviso del Collegio, l'adozione ex
art. 44, comma 1, lett. d) può essere disposta a favore del convivente del
genitore dell'adottando, ricorrendone gli altri presupposti di legge.
La conclusione raggiunta non può non applicarsi, ad avviso
del Collegio, anche a conviventi del medesimo sesso.
Ciò, in primo luogo, alla luce dell' inequivoco dato
letterale di cui all'art. 44, comma 1, lett. d). Tale norma non discrimina
tra coppie conviventi eterosessuali o omosessuali. Una lettura in senso
diverso sarebbe, peraltro, contraria alla ratio legis, al dato
costituzionale nonché ai principi di cui alla Convenzione Europea sui Diritti
Umani e le Libertà Fondamentali ("CEDU"), di cui l'Italia è parte.
Osserva il Collegio, che, alla luce delle motivazioni
svolte, sarebbe illegittimo respingere la domanda sottoposta dalla ricorrente
solo ed esclusivamente a motivo del suo orientamento sessuale, in aperto
contrasto con la lettera e la ratio della norma, nonché con i principi
costituzionali e i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU.
Nel caso di specie, non si può non tenere conto delle situazioni
che sono da tempo esistenti e cristallizzate: la minore è nata e cresciuta con
la madre e e la sua compagna, instaurando con loro un legame inscindibile che,
a prescindere da qualsiasi "classificazione giuridica", nulla ha di
diverso rispetto a un vero e proprio vincolo genitoriale. Negare alla bambina i
diritti e i vantaggi che derivano da questo, rapporto costituirebbe certamente
una scelta non corrispondente all'interesse della minore, che, come indicato
dalla Corte Costituzionale stessa e dalla Corte Europea dei Diritto dell'Uomo,
occorre sempre valutare in concreto.
Nella fattispecie, in esame, non si tratta, infatti, di
concedere un diritto ex novo, creando una situazione prima inesistente,
ma di garantire la copertura giuridica di una situazione di fatto già
esistente da anni, nell'esclusivo interesse di una bambina che, da sempre é
stata allevata da due donne, che essa stessa riconosce come riferimenti
affettivi primari, al punto tale da chiamare entrambe "mamma".
La sentenza in rassegna si inserisce in un filone
giurisprudenziale che valorizza sempre di più l’interesse del minore e dà
rilevanza a ai rapporti familiari di fatto instauratisi.
Si segnala, peraltro, che in una fattispecie analoga (in
cui, però, la coppia omosessuale era legata da vincolo matrimoniale ed uno dei
coniugi coniuge aveva ottenuto all’estero l’adozione della figlia dell’altro),
il Tribunale per i Minorenni di Bologna ha ritenuto di sollevare la questione
di legittimità costituzionale degli artt. 35 e 36 della legge n. 184/1983 “nella
parte in cui – come interpretati secondo Diritto vivente – non consentono al
giudice di valutare, nel caso concreto, se risponde all’interesse del minore
adottato (all’estero), il riconoscimento della sentenza straniera che abbia
pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere
dal fatto che il matrimonio stesso abbia prodotto effetti in Italia”.
Esito della domanda
Accoglimento.
Precedenti giurisprudenziali
Corte Cost., 27.11.1969, n. 145;
Corte Cost., 18.7.1986, n. 198;
Corte Cost., 3.7.2007, n. 348 e n. 349;
Corte Cost,. 3.11.2009, n. 317;
Corte Cost., 15.4.2010, n. 138;
Cass. Civ., n. 21651 del 19.10.2011;
Cass. Civ., n. 601 dell’11.1.2013;
Trib. Min. Milano n. 626/2007;
Corte App. Firenze n. 1274/2012.
Corte Europea Diritti dell’Uomo, Grande Camera, 19.2.2013, X
e altri c. Austria, ric. n.. 19010/07.
Riferimenti normativi
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, artt. 8 e 14.Artt. 3, 29, 30, 117 Cost.
Art. 44, lett. d) L. 4.5.1983, n. 184 (“Diritto del minore ad una famiglia”), come modificata dalla L. 28.3.2001, n. 149 (“Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile").
Art.
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