giovedì 18 febbraio 2016

IL PROBLEMA ADOZIONI NON RIGUARDA SOLO GLI OMOSESSUALI

Risultati immagini per orfanotrofi in italia

Davide Giacalone è stato tra i primi - se non il primo in assoluto - a notare come ci si scanni sulla stepchild adoption (   http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2016/02/adottare-gia-si-puo-se-le-regole.html ), trascurando che in Italia, a proposito di diritti civili, e dei bambini in particolare (come tutti ci riempiamo la bocca con questo nobile scudo dei bambini...) , il problema delle adozioni è grave e incancrenito da tempo.
 Mio padre, un giudice, non un pericoloso facinoroso nemico delle istituzioni, diceva apertamente quello che è un pensiero diffuso in Italia : troppi interessi economici dietro la gestione dei bambini orfani e/o abbandonati. Gli orfanatrofi, le case famiglia, la pletora di servizi che campano dietro questo dramma.
Il risultato incredibile è che ci siano ben 35.000 bambini che non hanno quell'amore descritto come unica cosa essenziale per il sano sviluppo dei piccoli, a prescindere dal sesso di chi glielo dia.
Ma di quei 35.000 bambini sembra fregare poco, mentre per i 500/600 (tanti ne ipotizza Marco Cianca, nel post che segue ) attribuibili a vario titolo al problema omosessuale, nel parlamento se ne vedono e sentono di ogni.
A me non pare pellegrina l'idea proposta dal giornalista di prendere al balzo l'occasione di così tanta attenzione mediatica (giornali di tutte le razze non parlano d'altro da settimane) per provare a dare una soluzione generale al problema delle adozioni in Italia, ridisegnando le norme che lo disciplinano, superando istruttorie molto simili alla santa inquisizione (se i genitori normali dovessero ottenere il placet di certi giudici per partorire un figlio, in poco tempo gli italiani sarebbero estinti ) ma anche mantenendo il principio che un bambino non è il cucciolo che si sceglie e compra in negozio.
Conoscevo una coppia, dove la donna non poteva avere figli, e aveva iniziato le pratiche per l'adozione, senza progressi.  Mio padre fu interpellato per andare a parlare con la collega ed avere una risposta chiara sulla situazione. Con garbo - forse perché anche mio padre era giudice, chissà - quella spiegò che l'uomo era palesemente inadatto a crescere un figlio non suo : troppi pregiudizi su età, colore, caratteristiche del bimbo.
Conoscendo il padre adottivo in pectore, posso dire che, almeno in quel caso, il giudice aveva ragione.
Un filtro dunque ci deve essere, ma le attuali modalità sono maglie di ferro eccessive.
Si accetti quindi di fare intanto la legge per le unioni civili, e se ne faccia un'altra che affronti in generale il problema delle adozioni.
"Campa cavallo", penseranno sicuramente i fautori del "se non ora, quando ?", e alcuni di loro saranno anche in buona fede.
Altri no. Altri usano palesemente il Cavallo di Troia delle Unioni Civili per far passare uno strappo più grande, dove una maggioranza favorevole non c'è.
Le tattiche squallide (super canguro da un lato, siluro a Renzi e il PD dall'altro ) appartengono ad entrambi i fronti.


 

Il sogno e il diritto di un paese senza orfanotrofi
 I senatori hanno una settimana per riflettere sulla legge Cirinnà, ma ricordiamoci che in Italia ci sono 35 mila bambini che vivono negli istituti

di Marco Cianca

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L’unico requisito per le adozioni è l’amore, scrive Claudio Magris. Amare, tutelare, educare. Ma chi misura l’amore? I politici, che approvano le leggi, e i giudici, che le applicano. E così in articoli, commi, paragrafi, l’arido e repulsivo linguaggio burocratico stabilisce quando un bambino, orfano, abbandonato o conteso, abbia diritto a una famiglia.
E quando una coppia, dopo aver resistito a un processo degno dell’Inquisizione, abbia diritto ad adottarlo. Nel sito www.linkiesta.it, Lidia Baratta riporta i numeri forniti da Marco Griffini, presidente di un’associazione che di questi problemi si occupa: negli orfanotrofi italiani ci sono 35 mila bambini, 400 i neonati abbandonati ogni anno alla nascita, tra mille e milletrecento, sempre in un anno, le adozioni, mentre le richieste sono almeno dieci volte di più. Numeri che fanno impressione, anche se manca una banca dati centrale su tutti i bambini dichiarati adottabili dai tribunali per i minori.
Percentuali più alte sulla scena estera, dove però bisogna avere soldi e coraggio.
Nel rapporto 2013 (ricchissimo di dati, si trova su Internet) della Cai, la Commissione per le adozioni internazionali che fa capo alla presidenza del Consiglio, si contano, in quei dodici mesi, 2825 bambini provenienti da 56 Paesi, in testa Russia ed Etiopia. Intricate e talvolta umilianti trafile, alti costi, lunghissimi tempi di attesa con punte anche di cinque anni e mezzo nel caso della Lituania: come dire che se chiedi di adottare un bimbo di sei anni, quando arriva ne ha quasi il doppio. Percorsi tortuosi che solo famiglie abbienti e colte (lo dicono le statistiche) si possono permettere. Il motivo principale che spinge a entrare in questa giungla è l’infertilità. Ma pur tra tanti ostacoli e nonostante una certa flessione negli anni scorsi, l’Italia, dopo gli Stati Uniti, si conferma come la nazione dell’accoglienza, superando Spagna e Francia.
Quanto si potrebbe fare con iter più semplici, più veloci e meno esosi?
La stessa Cécile Kyenge, che quella commissione ha presieduto quando era ministro e che è stata una delle autrici del provvedimento che equipara figli naturali e figli legittimi, nella premessa auspicava «un ripensamento delle procedure». Da allora le cose non sono cambiate, come ha dimostrato su questo giornale Margherita De Bac.
Eppure in Italia ci sono quasi cinque milioni e mezzo di coppie sposate senza figli. Quante, se le norme fossero chiare, condivise, non presupponessero percorsi mortificanti e l’esborso di decine di migliaia di euro, sarebbero felici di imboccare la strada, nazionale o estera che sia, per avere una bimba o un bimbo da amare, accudire, tutelare? Poi ci sono i conviventi more uxorio, i singoli e, appunto, gli omosessuali. Tante case pronte a illuminarsi per il sorriso di uno scricciolo.
Monica Cirinnà ha inserito nelle norme sul riconoscimento delle unioni civili la possibilità che una coppia gay possa adottare il figlio naturale di uno dei partner, allargando i casi già previsti dalla legge sulle adozioni. Nascondendoci dietro l’inglese diciamo stepchild adoption , in italiano dovremmo parlare di «adozione del figliastro». Fa più impressione, vero?
I politici stanno ergendo mura di incomunicabilità. La contestata proposta potrebbe aprire la strada a ricorsi, a guerre interpretative, forse a un referendum. Guelfi e ghibellini, di nuovo, in questo Paese. Un possibile stralcio è terreno infuocato di scontro, una pura prova di forza, ma potrebbe essere l’unica soluzione possibile.
Ora i senatori hanno una settimana di tempo per riflettere. I sostenitori della legge si rendano conto che spesso il meglio è nemico del bene e gli oppositori si convincano che il tema dei diritti individuali merita una larga convergenza. Si voti la legge con una maggioranza ampia, seria, matura.
 E poi si affronti il tema complessivo delle adozioni, ben più affollato dei cinque-seicento bambini che potrebbero avere due genitori gay. Se, per dirla ancora con Magris, la misura è l’amore, la dolcezza di un omosessuale è certo preferibile alla prepotenza di un padre-padrone. Ma possibile che questo sia l’unico aspetto?
Ben vengano i diritti degli adulti, ma parliamo di quelli degli Innocenti. In nome di un Paese senza orfanotrofi. E senza figli e figliastri, nemmeno se lo diciamo in inglese.

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