Curioso di storie. Mi piace ascoltarle e commentarle, con chiunque lo vorrà fare con me.
domenica 1 giugno 2014
ZINGALES E LE PREOCCUPANTI ANALOGIE TRA UNIFICAZIONE ITALIANA ED EUROPEA
Tra le cose interessanti trovate leggendo l'ultimo libro di Zingales - Europa o No - c'è un curioso parallelo tra l'unificazione italiana e quella europea.
Vediamolo.
Zingales parte dall'individuazione di due filoni principali alla base del nostro risorgimento : quello idealista e romantico, di Giuseppe Mazzini, che vede l'unità come una religione laica; l'altro, più pragmatico e realista, fa capo a Cavour, che vede invece nel progetto unitario il mezzo per raggiungere altri fini quali l'espansione sabauda, la modernizzazione del paese o comunque un modo per accrescere il potere politico della nascente borghesia industriale.
L'unificazione tra il Nord e il Sud, scrive Zingales, non fu solo il risultato dell'abilità militare di Garibaldi e dell'abilità politica di Cavour, ma soprattutto l'esito di una serie di circostanze fortuite.
" Al momento del raggiungimento dll'Unità non esisteva in Italia un significativo divario economico tra Nord e Sud : tutto il Paese era piuttosto povero e sottosviluppato. C'era più che altro un divario tra la parte ovest del Paese (da Genova a Palermo), che era più sviluppata, e la parte est, che lo era meno."
Una maggiore differenza si registrava nel campo dell'istruzione, decisamente bassa al sud, che la politica unitaria combatté inizialmente poco e non efficacemente.
Questo era anche dovuto all'organizzazione baronale e latifondista prevalente nel Mezzogiorno, che però fu mantenuta e difesa, nell'Italia Unita, dai 60 battaglioni del neo esercito italiano . Zingales è tra quelli che definiscono il brigantaggio come una rivolta sociale contro la proprietà dei "galatuomini" più ancora che una insurrezione antiunitaria.
Tra l'altro questa guerra fu inevitabilmente dispendiosa ( mobilitare e mantenere 120.000 soldati costa ) e questo comportò una elevata tassazione che da Nord si estese al Sud, decisamente poco avvezzo a tasse alte.
Il nuovo stato italiano, tra l'altro, per comprare il consenso delle elite locali e della finanza anche internazionale, si assunse tutto il debito pubblico degli stati preunitari. Per pagarlo, il governo fu costretto a imposte molto pesanti, tra cui la famosa e odiata tassa sul macinato, che flagellò soprattutto il Sud, come detto abituato ad un livello di tassazione inferiore.
Inoltre il mezzogiorno si trasformò in un mercato protetto per le nascenti industrie settentrionali e per le banche nordiste. Il risultato fu che la Sicilia, che nel 1871 aveva un reddito pro capite uguale a quello dell'Emilia Romagna, nel 1911 se lo ritrovava inferiore del 21% e nel 1958 del 48%.
Un'unione politica monetaria non riuscita troppo bene...
Fatta questa sintetica premessa, veniamo ai fattori in comune ravvisabili tra i due processi di unificazione.
In primo luogo anche in Europa si può ritrovare il dualismo tra anima ideale del progetto unitario, proprio di un Altiero Spinelli , a fronte di quello più machiavellico di uno Schuman e di un Mitterand.
Come in Italia, quella che prevale, finora almeno, è la seconda, e come nel nostro Risorgimento, le popolazioni coinvolte restano passive.
Come per i nostri eroi risorgimentali, lo Stato Nazione era il fine che giustificava qualsiasi mezzo ( e infatti non si lasciò nulla di intentato, terrorismo e cospirazioni internazionali comprese) , così per i padri fondatori l'idea di Europa era l'unica via per evitare un nuovo massacro dopo le centinaia di milioni di morti di due guerre mondiali. Di fronte ad un ideale così nobile, non c'era ragione che tenesse, non ci potevano essere calcoli di costi e benefici : l'imperativo era categorico.
Entrambe le due unificazioni fusero insieme popolazioni con lingue, tradizioni e livelli di istruzione profondamente diversi. Nel 1871 solo il 10% della popolazione sapeva, all'occorrenza, parlare italiano. Probabilmente in Europa la percentuale di coloro che potrebbero esprimersi in inglese correttamente e compiutamente sono ancora meno, che curiosamente è anche la lingua ufficiale del paese europeo che dall'Unione vuole andarsene...
Anche a livello di istruzione, benché dal dopoguerra forti progressi siano stati fatti, il gap resta sensibile, se in Svezia un cittadino su sei è laureato contro un portoghese su 27. Non si tratta solo di "scuola" ma anche di senso civico e di efficienza dell'amministrazione pubblica, assai difformi tra i vari paesi europei e dove il Sud(Est) Europa si mostra decisamente indietro rispetto al Nord(ovest).
Una così forte differenza dei punti di partenza legittima la domanda di Zingales : è giusto il principio di "un mercato, una legge" applicato dall'Unione Europea ?
A questo punto Zingales parla di una realtà che conosce molto bene, gli Stati Uniti, e rileva come nonostante questi ultimi siano molto più omogenei al loro interno, NON hanno la pretesa di uniformare la legge tra i vari Stati.
OGNI Stato può scegliere le proprie leggi e la propria regolamentazione. "Il principio fondamentale è che questa regolamentazione non deve impedire il commercio tra Stati. In questo modo la libertà di circolazione delle merci e dei servizi è protetta, senza forzare necessariamente un'uniformità che non può funzionare".
Purtroppo, l'Europa soffre del centralismo di matrice francese ; se le leggi discendono dalla ragione, questa è unica e quindi le leggi devono essere uniformi, in tutti i luoghi. Non c'è spazio per la diversità.
Sempre pensato che i cugini d'oltralpe, nella loro supponenza, fossero anche un tantino ottusi.
Tra l'altro a questo punto si pone il grande e grave problema di chi sceglie la legge "unica" per tutti.
Nell'Italia postunitaria furono i conquistatori, i piemontesi, con risultati non eccezionali. In Europa a dettare legge è stato il binomio franco-tedesco, e oggi, con la crisi di Parigi, si è imposto un monopolio germanico.
Zingales fa un esempio pratico : la regolamentazione dei prodotti alimentari. Il 70% dei consumatori vuole conoscere l'origine del cibo che consuma, cosa che a noi italiani andrebbe benissimo, vantando una buona nomea in campo alimentare, ma non così Francia e Germania che invece vedrebbero soffrire i loro prodotti. Indovinate chi ha prevalso ?
Alle analogie fin qui ricordate se ne aggiungono altre.
L'Italia post unitaria non si pose l'obiettivo di risolvere i problemi del Sud (ad esempio avviando la limitazione del latifondismo) , piuttosto quello di tenerli sotto controllo affinché non esplodessero e non creassero problemi politici.
Ecco, l'Europa del Nord si pone più o meno allo stesso modo con gli stati del Sud. Francesi e tedeschi non hanno alcun interesse a risolvere i problemi di italiani o greci o spagnoli, che tra l'altro, risanati, sarebbero pericolosi concorrenti (noi sicuro), quanto semplicemente a contenerli e non farli esplodere.
Così gli aiuti finanziari che vengono permessi a Draghi, hanno quella funzione. E noi siamo così stolti da non capire che così male impiegando quelle risorse, senza mai avviare il rinnovamento risanante, resteremo condannati in questa posizione di declino crescente.
Ulteriore aspetto tristemente analogo è il fenomeno dell'emigrazione. Nell'Italia postunitaria milioni di persone ad un certo punto non videro altra soluzione che lasciare la loro terra e cercare nuove possibilità altrove. A fare questa scelta, nota Zingales, non sono solo quelli disperati, ma anche, tra loro, quelli con maggiore coraggio e talento.
Di fronte ad una organizzazione o ad un paese che non funziona, l'individuo ha due sole soluzioni : la protesta o l'uscita.
La seconda scelta riduce la pressione della protesta e quindi anche la capacità di un cambiamento dall'interno.
In Italia si conta che sono 100.000 in questi ultimi due anni gli italiani che hanno ritrovato la via dell'emigrazione.
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