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lunedì 18 aprile 2016

LA SCONFITTA DEI REFERENDARI NON E' LA VITTORIA DI RENZI : MANCA LA CONTA VERA

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Si sa, la politica, soprattutto per chi ci campa - sempre meglio che lavorare no ? - è anche passione, tifo di tipo calcistico, e così si spiega il "ciaone" sbeffeggiatore partito via twitter da non so quale peone renziano alla certezza che il referendum non aveva raggiunto il quorum. A dire il vero, al 32% non c'è andato nemmeno vicino, ancorché Emiliano sia contento degli oltre dieci milioni di sì ottenuti.
E i 30 milioni e passa di NON SI' ?
In questi giorni si sono ascoltate e lette tante polemiche sulla questione dell'astensione, cavalcata dai contrari ai quesiti referendari che piuttosto della sfida in campo aperto preferiscono l'alleanza con la crescente massa di gente che a votare ormai non ci va più.  Personalmente ho espresso il mio accordo con Ainis, che ha definito "sleale" ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2016/04/michele-ainis-perche-votare-domenica.html) questa strategia. Però, in politica, si sa, la "lealtà" non è un valore considerato, e questo da chiunque (viene invocata solo quando fa comodo, e rinnegata dagli stessi soggetti la volta successiva, quando la convenienza si è spostata).
Conta il risultato, e quindi io, contrario al referendum, non sono andato a votare per essere più sicuro che perdessero i sì.
Semplice.
Il problema poi resta, e renzino e i renziani fanno male a cantare vittoria. Temevano la "spallata" ? A parte che, un po' da conigli, avevano molto depotenziato il referendum, mettendo mano alla legge in modo che sopravvivesse un solo quesito. E poi, se è vero che i referendari hanno perso - con "onore" o meno conta poco, in politica così come nel calcio, basta chiedere ai tifosi - non è che il governo possa cantare chissà quale vittoria, proprio per la scelta della tattica "evitativa" dell'astensionismo.
Ottieni il risultato, ma resta la conta mancata.
Io, e come me  ne conosco moltissimi, non siamo certi non andati a votare per appoggiare il governo, ma perché non condividiamo la retorica e la demagogia ambientale.
Siamo d'accordo nel prendere le maggiori misure di sicurezza possibili, che nonostante queste potrebbe sempre accadere un incidente con relativo disastro ambientale, però qualcuno vuole vivere in un mondo carente di energia ? Sì, qualche mattacchione c'è pure, ma non certo i milioni che hanno votato sì.
Questi ultimi credo siano composti da gente convinta nelle energie alternative, che mi sembra stentino al momento a coprire le necessità/comodità cui nemmeno loro (nella stragrande maggioranza) rinuncerebbero mai, o che l'energia vada acquistata dagli altri, non prodotta da noi, laddove è possibile.
E' come la storia dei rifiuti, che invece di gestire noi, preferiamo affidare agli altri, pagando lautamente (vedi Napoli, ma non solo).
Salvo poi lamentarci ovviamente per lo stato esoso (per carità, lo è !!) e le solite tasse ( troppe, ma anche per colpa di cose come queste).
Spiegato, in estrema sintesi, il perché del "no" , è evidente che ci sia una semplice coincidenza di intenti coi renziani, non certo un appoggio al governo.
Un'ultima curiosità. Renzi e i suoi aficianados oggi cavalcano il principio che una minoranza qualificata non basta per cambiare una legge (abrogarla) e questa cosa va bene. Però hanno partorito l'Italicum, un sistema elettorale per il quale, senza quorum sulla partecipazione al voto, si può diventare padroni dell'Italia anche con un 20%, o meno, di voti validi, basta essere la minoranza meno peggiore...
Renzi vuole l'armageddon sul referendum relativo alle riforme costituzionali, mettendo tutto insieme, non dividendo le varie misure (incongruenza rilevata da molti tra cui Ainis  http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2016/04/ainis-troppe-spine-nella-rosa-della.html), e lì veramente lo avrà.
Magari lo vince, però io voterò no, e se vedrò che l'astensione potrà fare più male, magari sul piano più squisitamente politico (una riforma "storica" approvata da un 20% di cittadini, non proprio un successone ...) mi asterrò.





Il primo Verdetto

di Antonio Polito

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Le trivelle in alto mare non sono come l’acqua che esce dai rubinetti. Non provocano le stesse angosce sul nostro futuro e sulla nostra salute. Per quanto i politici tentino sempre di sfruttarne le paure, il corpo elettorale ha una sua pachidermica saggezza, e si muove solo per cause che ne valgano la pena. Così, a sorpresa, cinque anni fa rivitalizzò lo strumento referendario raggiungendo il quorum in difesa dell’acqua pubblica. Stavolta invece la materia delle trivellazioni in mare è apparsa ai più troppo complessa tecnicamente e forse troppo pericolosa economicamente per un Paese che ha fame di energia. Bisogna anche aggiungere che il movimento referendario aveva già ottenuto buona parte delle sue richieste, spingendo il governo ad accettarle per via legislativa, e che era rimasto sulla scheda solo un quesito di minor portata e valore. Il che, se da un lato conferma l’esistenza di una forte sensibilità ambientalista nel Paese, e anche di una combattività su questo tema delle Regioni (nove delle quali avevano promosso la consultazione), dall’altro lato rendeva ancora meno importante e convincente la battaglia referendaria residua.

Allo stesso tempo , il tentativo di politicizzare il referendum, e di trasformarlo nel debutto di una Alleanza contro Renzi di tutte le opposizioni, esterne e interne, da Emiliano a Salvini, da Brunetta a Di Maio, non ha funzionato. È probabile che una parte dell’affluenza al voto, un po’ superiore che in altri casi di quorum mancati, venga proprio da lì, da una motivazione politica più che di merito. Ed è plausibile che Renzi stesso l’abbia favorita, eccitando i suoi avversari con un appello all’astensione che forse ne ha portato qualcuno di più alle urne. Ma il conto finale è chiaro: l’operazione «spallata al governo» è fallita. Nemmeno lo scandalo lucano, che pure odora di petrolio e di mare, ha smosso più di tanto le acque.

Eppure il referendum di ieri era solo la prima tappa del tour elettorale che aspetta il premier da qui a ottobre. Adesso arrivano le Comunali, il terreno più difficile per Renzi perché più che su di lui si vota sui candidati di un Pd debole nelle città, e l’appello «o me o il caos» è molto meno efficace. Ma poi, dopo le Amministrative, la madre di tutte le battaglie: il referendum confermativo della riforma costituzionale, al cui successo Renzi ha legato la sua carriera politica.

Si tratterà, come è ovvio , di una prova molto diversa da quella sulle trivelle. Ma alcune indicazioni del voto di ieri dovranno essere attentamente considerate dal premier. Si può infatti supporre che nell’affluenza di ieri si annidi un nocciolo duro, numericamente tutt’altro che disprezzabile, di opposizione al governo.
E se stavolta Renzi ha potuto agevolmente scavalcarlo facendo leva sulla «maggioranza silenziosa» di chi non è andato a votare, a ottobre, quando non sarà richiesto il quorum, dovrà invece mobilitare quella maggioranza e farla parlare, portarla alle urne, se vorrà vincere. Un’affluenza bassa come quella di ieri sarebbe infatti l’humus perfetto per un successo dei No, perché a votare ci vanno sempre i più motivati.

Però è anche vero che abrogare il Senato elettivo può risultare più popolare che abrogare le trivelle in alto mare. E in ogni caso il premier, prima di un voto importante, si tiene sempre nella manica un asso fiscale da giocare, proprio come fece alle Europee del 2014.

Antonio Polito

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