Umanamente io lo posso anche capire l'ammiraglio Simone Vitiello che con commozione e orgoglio rivendica il merito del salvataggio di centinaia di vite umane, soccorse per il naufragio del solito barcone marcio che serve appena a trasportare i disperati dell'africa e del medio oriente in acque internazionali , puntando al soccorso navale e quindi al raggiungimento dello scopo : l'approdo in Europa via Italia. E' un militare, un uomo di mare, e per lui è prioritario il principio per cui chi naufraga deve essere soccorso. Sempre.
Giusto. Però mentre lui può essere felice del suo risultato, il problema non è che si è risolto. Anzi.
Arrivando la bella stagione, la porta marina dell' Europa si riapre. Però se la meta è il continente "ricco" (non più, ma rispetto al loro certamente sì) , troppo spesso poi gli tocca fermarsi in Italia, perché le frontiere a nord sono sbarrate. Francia, Austria, Svizzera non fanno passare gli immigrati, che restano un problema nostro.
Anche su altri confini si alzano i muri e la Merkel, che ad un certo punto sembrava aver fatto una scelta rivoluzionaria di larga accoglienza, ha fatta precipitosa marcia indietro.
Così, alla media di 2000 immigranti al giorno, la gatta rischia di essere soprattutto nostrana. Siccome le notizie parlano che a premere sono centinaia di migliaia, ecco che l'entusiasmo dell'ammiraglio è comprensibile ma niente affatto condivisibile.
L'alternativa è non soccorrere i naufraghi ? Cinicamente potrei osservare che in altre epoche questa sarebbe stata la risposta, certi che presa questa linea, dopo un po' - ma al prezzo, ammettiamolo subito, di migliaia di vittime - il traffico umano cesserebbe, almeno in queste dimensioni. Sarebbe disumano, convengo, ma allora ?
Sembrava che interventi mirati a distruggere i barconi a terra avessero avuto un qualche positivo effetto, ma ora leggo, nell'articolo della Sarzanini che segue (è una buona cosa che la giornalista abbia lasciata la giudiziaria...), che la "flotta" è in via di ricostituzione. Tanto, non è che servano chissà che mezzi. Il minimo necessario per fare qualche miglio, arrivare sufficientemente al largo e poi lanciare l'SOS che arriva la cavalleria.
No, così non può continuare.
La ripresa degli sbarchi
ROMA Martedì scorso nel tratto di mare che separa la Libia dall’Italia erano in
navigazione quindici gommoni carichi di persone. In tre giorni sono approdati
sulle nostre coste 5.892 migranti, molti altri arriveranno nelle prossime ore,
una media di 2.000 ogni 24 ore. Il flusso torna continuo e questo basta agli
analisti per ritenere che gli scafisti siano di nuovo attrezzati per gestire i
viaggi della speranza, che ci sia una nuova fornitura di imbarcazioni. Poco
importa che si tratti di mezzi vecchi oppure insicuri, obiettivo è farli
arrivare in acque internazionali e lanciare l’Sos, proprio come accaduto ieri
mattina. La convinzione degli esperti è che sia soltanto l’inizio, dai porti di
partenza giungono notizie di centinaia di migliaia di persone ammassate in
attesa di ottenere un posto. E di trafficanti pronti a tutto pur di
ricominciare a fare affari. Anche utilizzando gommoni cinesi e motori
provenienti dal Qatar.
La doppia rotta da Egitto e Libia
Ormai sono due i percorsi battuti dalle organizzazioni
criminali per giungere in Europa attraverso la «porta» meridionale che si trova
appunto in Italia: Sicilia, talvolta anche Puglia e Calabria. Quello che parte
dalla Libia, in particolare da Zwara e dalle spiagge vicine. E quello che
comincia in Egitto. Entrambi redditizi, almeno a leggere i dati del Dipartimento
per l’immigrazione guidato dal prefetto Mario Morcone. Perché è vero che —
nonostante l’impennata di questi ultimi giorni — la media complessiva rispetto
allo scorso anno ha fatto registrare un calo degli approdi pari al 9 per cento.
Ma è altrettanto vero che attualmente accogliamo 115.507 persone, oltre 10 mila
in più del 2015.
Eppure questo doveva essere l’anno della svolta, grazie al
piano dell’Europa per i ricollocamenti. In base all’agenda messa a punto del
presidente Jean Claude Juncker, l’Italia avrebbe dovuto poter trasferire almeno
40 mila richiedenti asilo negli altri Stati membri della Ue. Invece quel
progetto è fallito e in vista dell’estate il nostro Paese si troverà a gestire
una nuova emergenza.
I gommoni cinesi con i motori del Qatar
La missione Frontex e l’attività della Marina militare,
della Guardia costiera e di tutte le forze navali e aeree impegnate nel
Mediterraneo, evidentemente non sono sufficienti a fronteggiare un’offensiva
dei trafficanti tornata molto aggressiva. Dopo le difficoltà dei mesi scorsi
per reperire le imbarcazioni, le bande criminali si sono organizzate e sono
riuscite a ottenere decine di mezzi. Alcune indagini svolte dai poliziotti
dello Sco hanno accertato che uno dei canali di approvvigionamento è quello di
Internet. Ma non è l’unico.
Sono state scoperte «alleanze» che consentono agli scafisti
di reperire gommoni cinesi e di assemblarli a vecchi motori acquistati in
Qatar. Materiale scadente che comunque serve a «coprire» almeno la prima parte
della traversata. Quando la barca va in avaria, scatta la richiesta di aiuto e
le navi che pattugliano quel tratto di mare intervengono per il salvataggio.
Come si è visto nelle immagini sul naufragio di ieri, ci sono anche alcuni
pescherecci provenienti dalla Tunisia che i trafficanti pagano poche migliaia
di euro, sicuri che potranno riempirli con centinaia di persone disposte a
versare anche fino a 2.000 euro pur di intraprendere la traversata.
Due nuovi «hotspot» da oltre 1.000 posti
Dopo la circolare diramata quindici giorni fa dal Viminale
per reperire nuovi posti per accogliere e assistere chi presenta richiesta di
asilo, i centri governativi e le strutture private messe a disposizione da
Regioni e Comuni sono quasi al limite della capienza. E dunque nei prossimi
giorni bisognerà attrezzarsi per reperire nuovi posti. Ma anche cercare di dare
seguito alle istanze dei cittadini eritrei che avevano ricevuto assicurazioni
sul trasferimento urgente in altri Paesi dove avevano chiesto di andare per
raggiungere i familiari e invece sono stati bloccati perché gli Stati non
concedono il via libera al ricollocamento.
La «road map» italiana già trasmessa a Bruxelles prevede che
oltre ai 1.600 posti nei centri di identificazione e smistamento — gli ormai
famosi «hotspot» — già allestiti, siano create due nuove strutture in Sicilia
con le stesse caratteristiche, vale a dire la presenza dei poliziotti e dei
team internazionali per le operazioni di fotosegnalamento e il successivo
trasferimento nei luoghi dove gli stranieri attendono di sapere se viene loro
riconosciuto lo status di rifugiato o se invece devono essere inseriti nella
lista degli stranieri da espellere e rimpatriare. Il ministro Angelino Alfano
ha già deciso la creazione dei due nuovi «hotspot» in Sicilia, uno da 800 posti
e uno da 300. In
attesa che anche l’Europa faccia la propria parte.
E ALLORA ???. Preso atto che nessuno è in grado di fornire soluzioni alternative fattibili, non sarebbe più onesto prendere atto che "così siamo OBBLIGATI a continuare" se ancora vogliamo avere il diritto di definirci "civili". UNCLE
RispondiEliminaNo. Perché continuando così, i cosiddetti populisti avranno la meglio ovunque, e comunque avremo società pericolosamente spaccate. Leggi zio l'articolo di Panebianco di oggi. Soluzioni VANNO trovate, e il pauperismo di Bergoglio non va bene a tanti , me tra questi. Dopodiché io e te ragioniamo, con opposte idee. Poi c'è gente che non ragiona, e mena o peggio. Tu dirai : c'è la polizia per quelli. E sbaglieresti - come più spesso credo ti capiti...- perché le forze dell'ordine possono controllare fenomeni marginali, NON DI MASSA. Le democrazie per consentire la convivenza dei cittadini hanno bisogno di un consenso diffuso, ampio, e questo rende possibile l'efficacia dell'intervento repressivo di chi si mette fuori dalla legge, perché rappresenta una esigua minoranza. Quando questo non accade, e in Italia lo vediamo benissimo nelle regioni controllate dalla criminalità organizzata, ecco che la repressione non riesce più. Comunque grazie pe rlo stimolo, che mi serviva un cappello all'editoriale di Panebianco ed eccolo qui...
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