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mercoledì 18 maggio 2016

"IL TENNIS LO HA INVENTATO IL DIAVOLO"

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Non interesserà a nessuno , e non me ne dorrò, il resoconto del torneo di tennis giocato presso il mio circolo, il Tor Carbone, nel cuore dell'Appia Antica. In fondo è  il vantaggio di avere un blog, decidi tu su cosa scrivere...

Sono state tre settimane piacevoli, con il circolo ravvivato da tanti giocatori/giocatrici, incontri, anche belli, verso la fine.

Un torneo che ha qualche ulteriore utilità tutta personale :

1) mi ha confermato che bene faccio, col mio carattere e con la mia età, a restare lontano dalle competizioni.  Quando l'unica cosa che conta è vincere, e nell'agonismo è normale che sia così, i mezzi sono tutti (quasi) leciti. Tra questi, non solo giocare bene ma anche - quando non soprattutto - far giocare male l'avversario.  Nel mio caso, per farmi giocare male basta alzare la palla di un metro, fare molti pallonetti, giocare solo di rimessa. Praticamente, il gioco di un buon 90% dei giocatori di livello non alto, cioè il mio...

2) comunque perderei con praticamente tutti. Magari non perché gioco poi così male, ma perché, semplicemente, non sono un giocatore, come simpaticamente mi ricorda sempre il mio allenatore.  Mi piace il gesto, che magari coltivo anche decentemente, ma la partita è altra roba.
 
3) In ogni caso, per quanto il gioco sia bello e divertente, per le sue infinite variabili e varianti, ha proprio ragione chi lo definì (Panatta ? non sono sicuro) "invenzione del diavolo".


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Si conclude oggi , con l’ultima finale delle varie competizioni stipulate, l’annuale torneo che si tiene al Circolo Tennis Tor Carbone, nella bellissima e suggestiva cornice dell’Appia Antica.

Con oggi si chiude il tabellone di quarta categoria, mentre in precedenza erano stati conclusi il maschile e il femminile di quarta e quello aperto fino alla categoria 3/3 .

Cominciamo dalla cronaca spicciola, citando finalisti e vincitori.

Categoria Terza maschile  (3/3) : vincitore MARCO SERMONETA contro Roberto D’Amario

Categoria Terza (3/3) femminile : vincitrice ALICE NAPOLITANO contro Valeria Fausti

Categoria quarta femminile : vincitrice KHADIJA SOURANG, contro la sorella Fabiatou

Categoria NC maschile : vincitore MAURIZIO BALIO (giocatore di casa), contro Maurizio Dettori

 Giudici arbitri Cesare D’Ascani – anche presidente del circolo – e , per le categorie superiori, Maurizio Matteucci.

Come detto, c’è ancora da disputare la finale della quarta categoria maschile, che vede come finalisti il numero uno del circolo ospite, Sandro Soldati, contro il forte Michele Forni, un 4/1 “finto”, come si dice in gergo per indicare un giocatore che ha avuto classifiche  superiori che non sono state poi mantenute per la significativa riduzione dell’attività agonistica.

A riprova di questo, e passiamo così alla parte di commento, uno dei migliori incontri visti durante le tre settimane – tanto è durato tutto il torneo, con ben 220 iscritti, e tormentato da un maggio variabile e piovoso come raramente capita – è stato proprio quello tra due 4/1 solo nominali, tra cui uno era appunto Michele Forni.

Si sono visti molti giovani bravi, alcuni under 16 (quello che mi ha impressionato di più è stato Paolo Gallo, a giorni 15enne, attualmente ¾  e possessore di un dritto da seconda), bravi interpreti in erba di schemi dominanti nel tennis di oggi :  pressing da fondo campo, fondato soprattutto sul dritto, preparazione atletica, grandi capacità di recupero, grazie alle quali spesso il punto deve essere “vinto più volte” prima di essere effettivamente portato a casa, servizi già robusti anche se non (ancora almeno) determinanti come si vede salendo di categoria.

Coerentemente con la generale adesione al tennis moderno,  alla bravura diffusa nei colpi fondamentali non segue una simile dimestichezza nel gioco di volo. Anzi, per la grandissima maggioranza dei maschi e la totalità possiamo dire delle donne, la zona sotto la rete potrebbe essere tranquillamente definita con l’espressione indicata dagli antichi per segnalare l’ignoto “Hic sunt leones”.

Nemesi vuole che il torneo principale, quello aperto fino alla terza categoria (limite 3/3) sia stato vinto proprio da  una sorta di  ultimo dei Mohicani,  non a caso, per età (classe 1963 ! complimenti !!) , appartenente ad altre generazioni tennistiche, e che a rete invece ci viene appena può, raccogliendo percentuali di punti inusitate .

Non abituati a vedere l’ avversario a rete, ché in genere il duello si risolve a pistolettate da fondo campo, semmai con la variante di qualche smorzata, molti giocatori, e questo si vede anche tra i più giovani, appaiono in difficoltà a giocare il passante, più spesso preferiscono difendersi col pallonetto.  Ebbene Marco Sermoneta, il vincitore, ha nello smash un’arma micidiale.  L’altra, terribilmente efficace sia nel mettere in difficoltà l’avversario, costringendolo a rialzare palle bassissime e con poco peso, sia nell’attaccare profondo e creando i presupposti di una più agevole conquista del punto a rete, è un back affilatissimo, una vera e propria rasoiata, quasi sempre profonda e bassa.

Un avversario fastidiosissimo” lo hanno definito tutti.  In un momento di ammirevole ( e, a sensazione, dato il personaggio, simpaticissimo ma non precisamente modesto, raro…) umiltà, Cesare Rossi Repanai, che il torneo lo scorso anno lo aveva vinto, e  quest’anno si è fermato ai quarti, proprio perdendo con Sermoneta, ha commentato : “è più forte di me,  il mio gioco non ha armi adeguate per contrastarlo adeguatamente”.  In realtà, il secondo set, perso per 7/5 e un paio di clamorose palle sciupate da Cesare per raggiungere il terzo, ha dato la sensazione che con cuore e temperamento il gap poteva essere colmato.  Però, la disamina tecnica è corretta, e in qualche misura è risultata valida anche per i successivi sconfitti da Sermoneta : Leonardo Bonci, in semifinale, e Roberto D’ Amario, in finale.

Bonci, che partiva con un vantaggio anagrafico di 30 anni (non pochi…), e anche lui 3/3,  ha giocato una partita apparentemente centrata sulla tenuta, nella convinzione – diffusa ma fallace – che sulla lunga distanza  l’over 50 non poteva che cedere.  Non è stato così, con nessuno. Perché Sermoneta, almeno a  questa livello di categoria, ha dimostrata di riuscire a praticare un gioco che limita la maggiore potenza degli avversari (Bonci a dire la verità non l’ha nemmeno mostrata, preferendo un gioco regolare, costante e senza vincenti) ,  conosce a memoria i movimenti sul campo che gli permettono di risparmiare metri, e appena può viene avanti, interrompendo comunque lo scambio ( e prendendosi più spesso il punto).  A questo aggiunge piccoli trucchi da mestierante  (il passetto sistematico dentro il campo nel servizio, prolungate pause prima delle ripresa del gioco) che infastidiscono non poco gli avversari, già parecchio innervositi da un andamento della partita che non avevano evidentemente previsto.

Anche in finale il bravo Roberto D’AmarioRisultati immagini per roberto d'amario   , che aveva giocato una perfetta semifinale con Giorgio Magnini ( dotato quest’ultimo di uno splendido gioco, completo e pulito, ancorché forse meno “cattivo” di quello di altri, tra cui, appunto, D’Amario) ha confermato la difficoltà che Sermoneta crea ad avversari più giovani, dotati di un tennis sicuramente più moderno e potente, ma disabituati a fronteggiare qualcuno che non solo non ti dà mai una palla su cui appoggiarti – questo magari già capita di più – ma che non ti permette mai di tirare il fiato, ché appena accorci ti viene avanti come un incubo notturno.

Anche nel primo set, pur vinto ma “solo” per 7/5,  dove Roberto  è stato più incisivo con il suo colpo migliore, il rovescio, specie incrociato e stretto,  è stato più “lungo”,  limitando molto la possibilità di essere attaccato e costringendo Sermoneta a forzare a volte la scelta offensiva, pur di togliersi dallo scambio, esponendosi così ad un passante finalmente ben eseguito, le cose si vedeva che non andavano lisce, che il livello di attenzione, di concentrazione continua richieste erano alte, perché dall’altra parte hai un avversario che non molla mai, un giocatore esperto e sornione, che appena ti scopri non perdona. E così anche il secondo è stato combattuto, con la sensazione però di una crescita del giocatore senior e paradossalmente un lento ma inesorabile calo – immagino più nervoso che fisico – di quello giovane.  La conclusione al tie break è stata inesorabile : un 7/1 che ha preceduto la resa del terzo set, che praticamente Roberto non ha giocato.

Tutti sorpresi “gli altri”, ma non i protagonisti. Non i due finalisti dello scorso anno, Casare e Roberto, che pure sono stati gli avversari più ostici del vincitore finale (in realtà D?Amario pensava di vincere, ma non nascondendosi affatto le grandi insidie dell’incontro che stava per affrontare), e certamente non lui, il campione del torneo, che tra le sue qualità ha una fiducia in se stesso che a volte sembra sconfinare in un pizzico di presunzione.

Il torneo è stato corretto, bravi in questo i giocatori.  Al di là delle piccole strategie prima accennate del vincitore, al temperamento “estroverso” di un Cesare Rossi Repanai, del carattere evidentemente sanguigno di Roberto D’Amario, non si è praticamente assistito a litigi e/o polemiche su palle obiettivamente dubbie.  E anche sconfitte indigeste sono state per lo più digerite, se non col sorriso (mò non esageriamo) con generale buona sportività.

Bravi anche i due giudici arbitri.

In particolare, Maurizio Matteucci ha mostrato come godere della generale considerazione dei giocatori consenta di prevenire situazioni antipatiche. Cordiale, simpatico, dialogante e allo stesso tempo fermo, quando il caso lo richiedeva. Gode di una stima meritata nel circuito e questo poi lo aiuta nella conduzione del torneo.

Parlando sempre di correttezza, un aspetto a cui tengo, mi piace chiudere sottolineando l’atteggiamento assolutamente british di Giorgio Magnini, sempre sorridente, anche spiritoso (nell’osservare il fisico palestrato di Roberto D’Amario, vittorioso in semifinale, ha chiosato : “meno male che ce la giochiamo a tennis”) e che  commentando la sconfitta, non ha accampato alcuna scusa ( avendo giocato al di sotto dei suoi mezzi, magari qualche alibi poteva pescarlo) e se ne è andato dicendo :

“a tennis, se vinci, vinci, e se perdi, impari”.

Applauso.

1 commento:

  1. MARCO VERONA

    Grazie Stefano, mi hai fatto vedere la partita pur non essendoci, facilitato anche dalla conoscenza dell'ambiente, delle persone che hanno visto i vari incontri, dall'essere tuo amico, dall'amicizia che mi lega al buon Sermo mio compagno di squadra per tanti anni e dalla conoscenza del suo gioco...Anche se mi assale un certo senso di malinconia...Mi manca

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