Non interesserà a nessuno , e non me ne dorrò, il resoconto
del torneo di tennis giocato presso il mio circolo, il Tor Carbone, nel cuore
dell'Appia Antica. In fondo è il vantaggio di avere un blog, decidi tu su cosa
scrivere...
Sono state tre settimane piacevoli, con il circolo ravvivato
da tanti giocatori/giocatrici, incontri, anche belli, verso la fine.
Un torneo che ha qualche ulteriore utilità tutta personale :
1) mi ha confermato che bene faccio, col mio carattere e con
la mia età, a restare lontano dalle competizioni. Quando l'unica cosa che
conta è vincere, e nell'agonismo è normale che sia così, i mezzi sono tutti
(quasi) leciti. Tra questi, non solo giocare bene ma anche - quando non
soprattutto - far giocare male l'avversario. Nel mio caso, per farmi
giocare male basta alzare la palla di un metro, fare molti pallonetti, giocare
solo di rimessa. Praticamente, il gioco di un buon 90% dei giocatori di livello
non alto, cioè il mio...
2) comunque perderei con praticamente tutti. Magari non
perché gioco poi così male, ma perché, semplicemente, non sono un giocatore,
come simpaticamente mi ricorda sempre il mio allenatore. Mi piace il gesto, che
magari coltivo anche decentemente, ma la partita è altra roba.
3) In ogni caso, per quanto il gioco sia bello e divertente, per le sue infinite variabili e varianti, ha proprio ragione chi lo definì (Panatta ? non sono sicuro) "invenzione del diavolo".
Si conclude oggi , con l’ultima finale delle varie
competizioni stipulate, l’annuale torneo che si tiene al Circolo Tennis Tor
Carbone, nella bellissima e suggestiva cornice dell’Appia Antica.
Con oggi si chiude il tabellone di quarta categoria, mentre
in precedenza erano stati conclusi il maschile e il femminile di quarta e quello
aperto fino alla categoria 3/3 .
Cominciamo dalla cronaca spicciola, citando finalisti e
vincitori.
Categoria Terza maschile
(3/3) : vincitore MARCO SERMONETA contro Roberto D’Amario
Categoria Terza (3/3) femminile : vincitrice ALICE
NAPOLITANO contro Valeria Fausti
Categoria quarta femminile : vincitrice KHADIJA SOURANG,
contro la sorella Fabiatou
Categoria NC maschile : vincitore MAURIZIO BALIO (giocatore
di casa), contro Maurizio Dettori
Giudici arbitri
Cesare D’Ascani – anche presidente del circolo – e , per le categorie
superiori, Maurizio Matteucci.
Come detto, c’è ancora da disputare la finale della quarta
categoria maschile, che vede come finalisti il numero uno del circolo ospite,
Sandro Soldati, contro il forte Michele Forni, un 4/1 “finto”, come si dice in
gergo per indicare un giocatore che ha avuto classifiche superiori che non sono state poi mantenute per
la significativa riduzione dell’attività agonistica.
A riprova di questo, e passiamo così alla parte di commento,
uno dei migliori incontri visti durante le tre settimane – tanto è durato tutto
il torneo, con ben 220 iscritti, e tormentato da un maggio variabile e piovoso
come raramente capita – è stato proprio quello tra due 4/1 solo nominali, tra
cui uno era appunto Michele Forni.
Si sono visti molti giovani bravi, alcuni under 16 (quello
che mi ha impressionato di più è stato Paolo Gallo, a giorni 15enne,
attualmente ¾ e possessore di un dritto
da seconda), bravi interpreti in erba di schemi dominanti nel tennis di oggi
: pressing da fondo campo, fondato
soprattutto sul dritto, preparazione atletica, grandi capacità di recupero,
grazie alle quali spesso il punto deve essere “vinto più volte” prima di essere
effettivamente portato a casa, servizi già robusti anche se non (ancora almeno)
determinanti come si vede salendo di categoria.
Coerentemente con la generale adesione al tennis
moderno, alla bravura diffusa nei colpi
fondamentali non segue una simile dimestichezza nel gioco di volo. Anzi, per la
grandissima maggioranza dei maschi e la totalità possiamo dire delle donne, la
zona sotto la rete potrebbe essere tranquillamente definita con l’espressione
indicata dagli antichi per segnalare l’ignoto “Hic sunt leones”.
Nemesi vuole che il torneo principale, quello aperto fino
alla terza categoria (limite 3/3) sia stato vinto proprio da una sorta di
ultimo dei Mohicani, non a caso,
per età (classe 1963 ! complimenti !!) , appartenente ad altre generazioni tennistiche,
e che a rete invece ci viene appena può, raccogliendo percentuali di punti
inusitate .
Non abituati a vedere l’ avversario a rete, ché in genere il
duello si risolve a pistolettate da fondo campo, semmai con la variante di
qualche smorzata, molti giocatori, e questo si vede anche tra i più giovani,
appaiono in difficoltà a giocare il passante, più spesso preferiscono
difendersi col pallonetto. Ebbene Marco
Sermoneta, il vincitore, ha nello smash un’arma micidiale. L’altra, terribilmente efficace sia nel
mettere in difficoltà l’avversario, costringendolo a rialzare palle bassissime
e con poco peso, sia nell’attaccare profondo e creando i presupposti di una più
agevole conquista del punto a rete, è un back affilatissimo, una vera e propria
rasoiata, quasi sempre profonda e bassa.
“Un avversario
fastidiosissimo” lo hanno definito tutti.
In un momento di ammirevole ( e, a sensazione, dato il personaggio,
simpaticissimo ma non precisamente modesto, raro…) umiltà, Cesare Rossi
Repanai, che il torneo lo scorso anno lo aveva vinto, e quest’anno si è fermato ai quarti, proprio
perdendo con Sermoneta, ha commentato : “è
più forte di me, il mio gioco non ha
armi adeguate per contrastarlo adeguatamente”. In realtà, il secondo set, perso per 7/5 e un
paio di clamorose palle sciupate da Cesare per raggiungere il terzo, ha dato la
sensazione che con cuore e temperamento il gap poteva essere colmato. Però, la disamina tecnica è corretta, e in
qualche misura è risultata valida anche per i successivi sconfitti da Sermoneta
: Leonardo Bonci, in semifinale, e Roberto D’ Amario, in finale.
Bonci, che partiva con un vantaggio anagrafico di 30 anni
(non pochi…), e anche lui 3/3, ha
giocato una partita apparentemente centrata sulla tenuta, nella convinzione –
diffusa ma fallace – che sulla lunga distanza
l’over 50 non poteva che cedere.
Non è stato così, con nessuno. Perché Sermoneta, almeno a questa livello di categoria, ha dimostrata di
riuscire a praticare un gioco che limita la maggiore potenza degli avversari
(Bonci a dire la verità non l’ha nemmeno mostrata, preferendo un gioco
regolare, costante e senza vincenti) , conosce a memoria i movimenti sul campo che
gli permettono di risparmiare metri, e appena può viene avanti, interrompendo
comunque lo scambio ( e prendendosi più spesso il punto). A questo aggiunge piccoli trucchi da
mestierante (il passetto sistematico
dentro il campo nel servizio, prolungate pause prima delle ripresa del gioco)
che infastidiscono non poco gli avversari, già parecchio innervositi da un
andamento della partita che non avevano evidentemente previsto.
Anche in finale il bravo Roberto D’Amario , che aveva giocato
una perfetta semifinale con Giorgio Magnini ( dotato quest’ultimo di uno
splendido gioco, completo e pulito, ancorché forse meno “cattivo” di quello di
altri, tra cui, appunto, D’Amario) ha confermato la difficoltà che Sermoneta
crea ad avversari più giovani, dotati di un tennis sicuramente più moderno e
potente, ma disabituati a fronteggiare qualcuno che non solo non ti dà mai una
palla su cui appoggiarti – questo magari già capita di più – ma che non ti
permette mai di tirare il fiato, ché appena accorci ti viene avanti come un
incubo notturno.
Anche nel primo set, pur vinto ma “solo” per 7/5, dove Roberto
è stato più incisivo con il suo colpo migliore, il rovescio, specie
incrociato e stretto, è stato più
“lungo”, limitando molto la possibilità
di essere attaccato e costringendo Sermoneta a forzare a volte la scelta
offensiva, pur di togliersi dallo scambio, esponendosi così ad un passante
finalmente ben eseguito, le cose si vedeva che non andavano lisce, che il
livello di attenzione, di concentrazione continua richieste erano alte, perché
dall’altra parte hai un avversario che non molla mai, un giocatore esperto e sornione,
che appena ti scopri non perdona. E così anche il secondo è stato combattuto,
con la sensazione però di una crescita del giocatore senior e paradossalmente
un lento ma inesorabile calo – immagino più nervoso che fisico – di quello giovane. La conclusione al tie break è stata
inesorabile : un 7/1 che ha preceduto la resa del terzo set, che praticamente
Roberto non ha giocato.
Tutti sorpresi “gli altri”, ma non i protagonisti. Non i due
finalisti dello scorso anno, Casare e Roberto, che pure sono stati gli
avversari più ostici del vincitore finale (in realtà D?Amario pensava di
vincere, ma non nascondendosi affatto le grandi insidie dell’incontro che stava
per affrontare), e certamente non lui, il campione del torneo, che tra le sue
qualità ha una fiducia in se stesso che a volte sembra sconfinare in un pizzico
di presunzione.
Il torneo è stato corretto, bravi in questo i
giocatori. Al di là delle piccole
strategie prima accennate del vincitore, al temperamento “estroverso” di un
Cesare Rossi Repanai, del carattere evidentemente sanguigno di Roberto
D’Amario, non si è praticamente assistito a litigi e/o polemiche su palle
obiettivamente dubbie. E anche sconfitte
indigeste sono state per lo più digerite, se non col sorriso (mò non
esageriamo) con generale buona sportività.
Bravi anche i due giudici arbitri.
In particolare, Maurizio Matteucci ha mostrato come godere
della generale considerazione dei giocatori consenta di prevenire situazioni
antipatiche. Cordiale, simpatico, dialogante e allo stesso tempo fermo, quando
il caso lo richiedeva. Gode di una stima meritata nel circuito e questo poi lo aiuta
nella conduzione del torneo.
Parlando sempre di correttezza, un aspetto a cui tengo, mi
piace chiudere sottolineando l’atteggiamento assolutamente british di Giorgio
Magnini, sempre sorridente, anche spiritoso (nell’osservare il fisico
palestrato di Roberto D’Amario, vittorioso in semifinale, ha chiosato : “meno male che ce la giochiamo a tennis”)
e che commentando la sconfitta, non ha
accampato alcuna scusa ( avendo giocato al di sotto dei suoi mezzi, magari
qualche alibi poteva pescarlo) e se ne è andato dicendo :
“a tennis, se vinci, vinci, e se perdi, impari”.
Applauso.
MARCO VERONA
RispondiEliminaGrazie Stefano, mi hai fatto vedere la partita pur non essendoci, facilitato anche dalla conoscenza dell'ambiente, delle persone che hanno visto i vari incontri, dall'essere tuo amico, dall'amicizia che mi lega al buon Sermo mio compagno di squadra per tanti anni e dalla conoscenza del suo gioco...Anche se mi assale un certo senso di malinconia...Mi manca