Visualizzazione post con etichetta (in)GIUSTIZIA. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta (in)GIUSTIZIA. Mostra tutti i post

sabato 21 ottobre 2017

DOTTOR PIGNATONE, OCCHIO NON VEDE CUORE NON DUOLE, VALE PER LE CORNA, NON PER LA PROCEDURA PENALE

Risultati immagini per giustizia ingiusta

Sembrerebbe una cosa buona, ma  in realtà non lo è. 
Mi riferisco alla notizia apparsa qualche giorno fa relativa alla circolare che il procuratore capo della procura di Roma ha inviato ai suoi uomini esortandoli ad usare prudenza nell'iscrizione dei denunciati nel libro degli indagati.
L'intento, secondo la spiegazione data, sarebbe lodevole : siccome ci vuole un attimo perché dall'iscrizione si finisca alla gogna mediatica, cerchiamo prima di capire se la denuncia abbia un minimo di fondatezza.
Davide Giacalone, spiega ottimamente, a mio avviso, perché, in realtà, non sia una gran pensata.

Di seguito prima la notizia, come pubblicata dal Corriere della Sera, e poi il commento del bravo opinionista. 
Buona Lettura 


Risultati immagini per corriere della sera

 Circolare di Pignatone ai pm: «Prudenza e niente fretta sull’iscrizione di un indagato»

Roma, il procuratore: è una condizione che nuoce alle persone

Risultati immagini per pignatone e la circolare

ROMA L’iscrizione sul registro degli indagati nasce da esigenze di garanzia nei confronti delle persone coinvolte in un procedimento penale, ma «la condizione di indagato è connotata da aspetti innegabilmente negativi». Più danni che vantaggi. Non fosse altro perché «dall’iscrizione e dai fisiologici atti processuali che ne conseguono (per esempio un avviso di garanzia, ndr ), si dispiegano, per la persona indagata, effetti pregiudizievoli non indifferenti, sia sotto il profilo professionale sia in termini di reputazione».
Da queste e altre considerazioni, sollecitate dalla recente riforma che prevede novità anche in questa materia, il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone ha preso le mosse per inviare ai colleghi nuove disposizioni sulle modalità di «iscrizione delle notizie di reato». Un invito alla prudenza, soprattutto di fronte a esposti contro soggetti indicati con nome e cognome; in quei casi, sostiene il procuratore, non si deve procedere alla immediata e meccanica trasformazione del denunciato in «indagato», ma solo in presenza di «specifici elementi indizianti».
Nella circolare del 2 ottobre, svelata dalla rivista telematica Questione giustizia , Pignatone ricorda che «frequentemente» un atto meramente burocratico «diventa strumentalmente utilizzabile, dai denuncianti o da altri, per fini diversi da quelli dell’accertamento processuale, specie in contesti di contrapposizione di carattere politico, economico, professionale, sindacale». Di qui «l’esigenza di non procedere a iscrizioni in modo affrettato», anche perché «procedere a iscrizioni non necessarie è tanto inappropriato quanto omettere le iscrizioni dovute». Nella logica della circolare, l’attenzione su come e quando procedere è tanto più necessaria in presenza di iniziative da parte di un privato cittadino o degli investigatori; se infatti da una denuncia o da una querela derivasse una meccanica iscrizione della persone chiamate in causa, si finirebbe per «attribuire impropriamente alla polizia giudiziaria, o addirittura al privato denunciante» la possibilità di attribuire la qualifica di indagato. Invece, scrive il procuratore, «quel potere non può essere che esclusivo del pubblico ministero, e al suo ponderato esercizio questo ufficio non intende sottrarsi».
Per fare degli esempi concreti, Pignatone evoca situazioni in cui sono tirate in ballo società o enti, nelle quali «risulta quasi sempre laboriosa l’individuazione della condotta umana che sta alla base dell’atto decisivo ai fini dell’addebito penale». Niente più avvisi di garanzia in automatico quindi, prima di qualsiasi verifica, per amministratori delegati o cariche di vertice di una struttura amministrativa. Altro esempio sono i casi di «responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario». Troppo spesso, avverte il procuratore, si procede ad iscrizioni a raffica di tutto il personale che ha avuto a che fare con una singola vicenda, anche solo per dare loro la possibilità di partecipare con un consulente all’autopsia della vittima. Sbagliato: «Sino a quando non vi siano indizi specifici sulla condotta di questo o quell’operatore sanitario, non vi sono i presupposti perché alcuno di essi sia avvertito del compimento di atti, e in seguito nessuno potrà validamente opporre di non essere stato iscritto o avvisato».
È prevedibile che non tutti gli avvocati siano d’accordo con questa impostazione. Se infatti è vero che diventare indagato ha un costo, soprattutto sociale, dovuto anche alle inevitabili strumentalizzazioni, l’iscrizione immediata (o quasi) serve a far scattare i termini delle indagini e impedire tempi indefiniti, oppure il compimento di attività in assenza dei difensori. Anche per evitare problemi di garanzie negate, la circolare di Pignatone prevede che quando si debbano compiere atti invasivi verso persone non direttamente coinvolte nelle indagini (per esempio intercettazioni o perquisizioni nei confronti di terzi) «si proceda ad uno scrutinio particolarmente attento, e in alcuni casi sia necessario dare adeguata e succinta motivazione della scelta di procedere all’atto di indagine pur nei confronti di un soggetto non indagato».

Giovanni Bianconi

Indagato a sua insaputa

Risultati immagini per avviso di garanzia busta

Temo che il capo della procura romana, Giuseppe Pignatone, si accorgerà presto che tentare di raddrizzare una roba stortignaccola distorcendola ulteriormente non porta a nulla di diritto.
Accortosi della solare, arcinota e oramai antica evidenza, ovvero che un avviso di garanzia finisce con l’essere considerato un avviso di colpevolezza, danneggiando seriamente e troppo a lungo i destinatari, ha diramato un circolare, indicando ai procuratori alcuni sani principi: l’avviso di garanzia non può essere emesso in modo meccanico, senza pensarci, occorre che l’accusa abbia almeno un fondamento, quindi si proceda con prudenza, consapevoli dei danni alle vite altrui. Molto nobile, ma non porta da nessuna parte. Per due ragioni.
La prima: sapere di essere indagato, per un cittadino, non è una bella cosa, ma gli consente di dotarsi di un avvocato e di avere cognizione di quando le indagini sono iniziate, sicché del termine entro il quale devono concludersi; se lo si tiene all’oscuro, in via teorica, si può indagarlo a vita. Vero che occhio non vede cuore non duole, ma vale per le corna, non per la procedura penale. 
La seconda: dopo la circolare Pignatone, ove dovessi ricevere un avviso di garanzia, non potrei più dire: hanno sbagliato indirizzo, non c’entro nulla, hanno solo proceduto a un atto dovuto. Perché mi si risponderà: col piffero, caro mio, hanno già indagato e hanno trovato elementi che ti inchiodano, in ottemperanza a quanto disposto dal loro capo.
La pezza, insomma, non solo è più colorata, ma rischia d’essere più bucata del buco. E allora? 
Allora: a. si difende il diritto e s’impara, tutti, che “garanzia” vuol dire garanzia, non colpevolezza; b. si fa le persone serie e si colpisce veramente (perché si può e si deve) il procuratore dai cui uffici escono carte che finiscono ai giornali, perché la macchina dello sputtanamento funziona male, senza l’unità delle carriere di procuratori e giornalisti; c. si rispettano veramente i tempi previsti dalla procedura penale, sicché non è che nell’anno zero si aprono le indagini, a favore di telecamere, nell’anno tre si chiudono e nell’anno del mai si fa sapere se il Tizio è da rinviare o giudizio o meno; d. si celebrano i processi nei tempi previsti e civili, talché l’innocente possa rivalersi per le ingiustizie subite e il colpevole possa andare a scontare la pena; e. se il procuratore porta a processo troppa gente che si rivela innocente sarà pure sfortunato, ma è meglio che cambi mestiere; f. quello che derubrica il reato contestato nel corso del processo, in modo da incassare una prescrizione anziché un’assoluzione dell’accusato è anche peggio che sfortunato o incapace, essendo imbroglione.

Sono sicuro che il dottor Pignatone abbia agito con competenza e a fin di bene, ma una roba così conciata non la si aggiusta, ma neanche solo rende sostenibile, con qualche botta qua o la. 
Quello dell’avviso di garanzia è un segnalatore di civiltà.
E siccome il pubblico tende a essere colpevolista e giustizialista, perché lo spettacolo della colpevolezza è mille volte più avvincente (e autoassolvente) di quello dell’innocenza, se non si vuole cedere all’inciviltà si deve far funzionare la giustizia. Che fa pena.

Davide Giacalone 

venerdì 6 ottobre 2017

PER 5 ANNI NIENTE CONTRIBUTI MINIMI PER GLI AVVOCATI ?

 
Risultati immagini per avvocatura in crisi


ETÀREDDITO DICHIARATO
Under 30Meno di 10.000 euro
Tra 30-34 anni14.000 euro
Tra 34-40 anni20.000 euro
Tra 40-45 anni30.000 euro

Nella mia vita, ormai sufficientemente lunga, avrò sentito non so quante volte la gente lamentarsi per la miserrima pensione ricevuta...
Da ragazzino ascoltavo la cifra ed in effetti...Col tempo però imparai che molte di quelle persone, che si lagnavano, avevano versato contributi altrettanto miserrimi.
Bene o male, molte casse previdenziali, di professionisti, agenti di commercio ecc. , stabiliscono delle percentuali di prelevamento non elevate - gli avvocati oggi sono al 15% - e poi, se le dichiarazioni sono basse...
Per i dipendenti pubblici per esempio il prelievo è molto più elevato, circa il doppio ( però avete mai sentito un dipendente, parlando di ciò che guadagna, riferirsi al lordo piuttosto che al netto ? ...).
 Personalmente approvo il vituperato sistema contributivo : percepirai in misura di quanto hai versato. Giusto, però facciamo una cosa : quanto ho versato me lo ridai intero, e poi me lo gestisco io.
E invece no, e allora mi truffi, perché in realtà tu scommetti, con migliori possibilità di successo, che quello che ti ho versato in 35/40 anni NON me lo restituirai nei meno di 15 che sono la mia ragionevole aspettativa di vita. 
Ripeto, a me va bene il contributivo, visto che lo Stato padre padrone mi costringe a "risparmiare" per la mia vecchiaia, pensando che io non sia capace a farlo da solo (in realtà sappiamo che gli servono soldi per pagare quelle presenti, e pazienza se poi un domani non ci saranno denari per quelli che versano oggi, ca...di quelli che vengono dopo ) , però, quando smetto, dammeli. 
No, e sappiamo perché. 
Comunque da un po' c'è un problema serio e nuovo : un esercito di avvocati, ulteriormente gonfiato negli ultimi anni dalla chiusura di altri sbocchi (in primis quadri e dirigenti del settore pubblico, ma non solo) , fanno fatica a pagare i contributi minimi.
Del resto, se gli under 40 veleggiano intorno ai 20.000 euro annui, per non parlare degli under 30 che stanno sotto ai 10.000,  diventa faticoso trovarne 6, 5 o anche 4.000 da versare alla Cassa.
E così sarebbe passata la mozione di sospendere per i prossimi 5 anni la contribuzione minima...
Bella idea, ma i soldi ci sono perché il sistema regga ?
Immagino sia quello che verrà affannosamente approfondito nelle prossime settimane.  
Di seguito, il consueto prezioso contributo dello Studio Cataldi e della collega Zappilli 

logo

 Avvocati: addio contributo integrativo minimo dal 2018

Stop al contributo integrativo minimo per un quinquennio a partire da gennaio. Lo ha deliberato il Comitato dei Delegati di Cassa Forense e, ora, si è in attesa dell'approvazione dei Ministeri Vigilanti
 uomo che celebra il suo successo

di Valeria Zeppilli – Venerdì scorso, il Comitato dei Delegati di Cassa Forense ha approvato una delibera che non sta passando inosservata, posto che in essa si dispone che il contributo integrativo minimo non è dovuto per gli anni dal 2018 al 2022, pur restando dovuto il contributo integrativo del 4% del volume d'affari IVA dichiarato. Se, dunque, i Ministeri Vigilanti nulla opporranno a tale decisione, saranno ben cinque gli anni in cui il predetto contributo non dovrà essere versato.

La notizia, che arriva dalla pagina Facebook della Cassa mentre ancora di essa non c'è traccia nel sito web istituzionale, interessa un numero abbastanza cospicuo di avvocati, ovverosia tutti coloro che hanno un volume d'affari compreso tra 0 e 17.500,00 euro, fatta eccezione per quanti già possono beneficiare dell'esclusione trovandosi nei primi cinque anni di iscrizione alla Cassa.



Avvocati, principio di proporzionalità tra contributi e volume d'affari
In sostanza, viene introdotto anche all'interno di Cassa Forense il tanto agognato principio della proporzionalità tra contributi e volume d'affari dichiarato che, sebbene per ora sia circoscritto a un periodo di tempo determinato, potrebbe in futuro consolidarsi e divenire la regola.

Il vaglio dei Ministeri Vigilanti
Come detto, però, prima di esultare bisogna ricordarsi che, perché la delibera divenga effettiva, è necessaria l'approvazione dei Ministeri Vigilanti, che non è tutt'altro che scontata.

Le prime perplessità che potrebbero sorgere riguardano la decisione di inserire la novità in una semplice manovra e non in una riforma strutturale della previdenza, che tenga conto di tutte le diverse variabili.

Inoltre, e questo è un aspetto sul quale anche gli avvocati dovrebbero riflettere, la temporanea abolizione del contributo minimo comporta delle minori entrate per la Cassa che potrebbero compromettere la sostenibilità finanziaria di lungo periodo. Sotto questo punto di vista, l'assenza di una manovra strutturale potrebbe pesare parecchio.

martedì 8 agosto 2017

30 GIORNI DI VACANZA AVVOCATO ? CHE SIGNORE !!

Risultati immagini per professionisti in vacanza

Come di consueto, arrivata la fine del mese di luglio, con grande soddisfazione provvedo alla registrazione del messaggio sulla segreteria telefonica che annuncia la chiusura estiva dello studio per il mese di agosto.  Proprio per le EMERGENZE lascio il numero di cellulare  e l'indirizzo di posta elettronica, ma è chiaro, dal tenore del messaggio, che deve trattarsi veramente di cosa URGENTE ( per esempio, il cellulare può essere usato per lasciare un sms, mentre è inutile chiamare...).

Con un certo stupore quindi il 4 agosto - in realtà non è che noi abbandoniamo lo studio per 30 giorni, utilizziamo quelli prima della partenza per le vere ferie per mettere un po' in ordine, redigere atti che verranno poi notificati a settembre...cose così - trovo la spia dei messaggi che lampeggia... Vado ad ascoltare e in realtà non c'è una comunicazione ma la registrazione di un breve dialogo tra due donne che evidentemente non si erano accorte di essere rimaste in linea.
"Hai capito ? chiude tutto agosto..." fa la prima
"Che signore ! "chiosa acida la seconda
"Lasciamo un messaggio ?"
"Bè no, dice solo cose urgenti...". ( evidentemente il loro non lo era...)

La breve conversazione mi ha dato inizialmente fastidio - ma che mi conosci ?? - però poi mi ha fatto sorridere, come spesso avviene con i "fuori onda".
Dunque sarei un "signore" perché ho ferie di quattro settimane...
A parte l'osservazione iniziale, qualcuno, tra quelli che ovviamente hanno la fortuna di lavori regolari, ne ha di meno ? E ma le tue sono concentrate... a parte che, come per tutti i professionisti e le attività imprenditoriali (vedi commercianti e artigiani), non sono evidentemente retribuite, ma poi noi avvocati approfittiamo del periodo di sospensione feriale dei termini, che va appunto dal 1 al 31 agosto (attenzione, qui si parla dei civilisti, per i colleghi del penale, con la possibilità di arresti e sequestri penali, le cose sono diverse e così l'organizzazione dello studio).
Un tempo era fino al 15 settembre, ma Renzi pensò di dare un segnale di attivismo riducendo di 15 giorni le ferie dei magistrati - e a cascata degli avvocati.
Il risultato concreto, per i difensori, è che, di fatto, le quattro settimane non sono  veramente tali, come ben descrive la collega Valeria Zappilli nel suo contributo apparso sul sito dello studio legale Cataldi e che di seguito riporto.
La fotografia di introduzione è spassosissima, e anche un po' vera.
Buone Vacanze



 


 Avvocati in vacanza... ma solo con wi-fi e pc


Colpa del ridotto termine di sospensione feriale. Da quando la sospensione dura solo 30 giorni, non è più possibile per gli avvocati 'staccare la spina' e fare una vacanza davvero 'unplugged'

 avvocato al lavoro con computer a bordo piscina

L'estate 2017 è la terza estate consecutiva durante la quale la sospensione feriale dei termini processuali è di 30 giorni e non di 45 come in passato, con tutte le conseguenze che ne derivano per gli avvocati.  

I professionisti del foro, infatti, sino al 2014 potevano effettivamente staccare la spina durante il mese di agosto e riaprire i battenti dello studio il primo settembre con la tranquillità che prima del 15 non ci sarebbero state scadenze. 

Oggi non è più così.  

È già con l'avvio del nono mese dell'anno, infatti, che tutti i termini processuali iniziano nuovamente a decorrere ad ogni effetto, con la conseguenza che non si fa in tempo ad assaporare le meritate vacanze dopo un anno di duro lavoro che arriva già il momento di mettersi nuovamente all'opera. Sgombrare la mente dal pensiero fisso e assillante delle scadenza è divenuto quindi praticamente impossibile.  

L'abbreviazione della sospensione feriale dei termini, peraltro, è stata introdotta con il fine di risolvere i problemi della lentezza della giustizia e di smaltire l'arretrato. Ma siamo certi che sia proprio il recupero di questi 15 giorni l'anno la soluzione? I dubbi sono molti, specie se si considera che la sospensione feriale dei termini processuali fu introdotta nel sistema giuridico italiano proprio per consentire agli avvocati di andare in vacanza ad agosto ed avere il tempo a settembre di preparare eventuali atti in scadenza.   

Come ha fatto giustamente notare l'Avv. Paolo Storani in un articolo del 19 settembre 2015 pubblicato del 19 settembre 2014 (Taglio alle ferie degli avvocati) , "quella che viene indebitamente chiamata dal mondo politico 'la chiusura delle aule giudiziarie' (sappiamo bene che i tribunali non chiudono mai e che sono solo sono sospesi i termini processuali) ... secondo quanto emerge dai lavori preparatori [alla legge n.742/1969)], era nata con lo scopo di consentire ad avvocati e procuratori un periodo di effettivo riposo nel periodo feriale. La sospensione dei termini processuali non è quindi necessariamente connessa con le ferie dei magistrati .  

L'effetto certo della riduzione di tale periodo a 30 giorni è uno solo: la compressione del diritto degli avvocati a staccare la spina, che, purtroppo, non è tutelato né riconosciuto. 

Oggi, quindi, l'avvocato che vuole portare la famiglia al mare o in montagna, dovrà portare con sé anche una parte del suo lavoro ed essere pronto ad affrontare le scadenze del 1 settembre. E fino a che il legislatore non deciderà di fare un passo indietro, nella valigia si dovrà riservare uno spazio anche per a pc, modem e tablet.

giovedì 6 luglio 2017

GOD SAVE CHARLIE (ANCHE DALL'ACCANIMENTO GIUDIZIARIO)

Risultati immagini per alta corte britannica

Francamente non volevo credere che quello che leggevo sui giornali riguardo al piccolo Charlie fosse esatto.
La drammatica vicenda vede un cucciolo d'uomo affetto da una malattia degenerativa e inguaribile, i cui effetti esiziali sono meramente ritardati dalle macchine ospedaliere. I medici si sarebbero ad un certo punto rivolti ad una Corte britannica per essere autorizzati a interrompere l'assistenza meccanica, accelerando la morte del bimbo, sull'assunto che lo stesso poteva soffrire.
I genitori stanno lottando per tenerlo in vita, aggrappandosi alla speranza che cure sperimentali possano, se non guarirlo, consentirgli una più lunga e adeguata sopravvivenza.
Messa in questi termini, la decisione dei medici inglesi e della Corte britannica mi sembra sbagliata.
Addirittura inaccettabile nel momento in cui una diversa, e seria, struttura ospedaliera, come il Bambin Gesù di Roma, si offre di accogliere il bambino per appunto tentare una cura che   potrebbe farlo sopravvivere più a lungo, immagino senza sofferenze.
Gli inglesi rispondono negativamente, perché non ci sarebbe la certezza di questa "non sofferenza".
Già, a loro basta la possibilità della stessa per decidere che Charlie è meglio che muoia.
In tutto questo, la sensazione opprimente e inaccettabile di uno STATO DIO che decide sopra tutto, a dispetto dei sentimenti di chi quel bambino lo ha messo al mondo, è dura da accettare.
Per carità, so bene che a volte l'egoismo dei familiari, in questo caso i genitori, altre volte possono essere coniuge e/o figli, costringe persone in situazioni di effettiva sofferenza e "non vita", a respirare solo con l'ausilio delle macchine, in quello che viene chiamato accanimento terapeutico.
Ma non mi sembra il caso di Charlie, tenuto conto che si parla di una cura sperimentale che potrebbe portare del giovamento. Certo, potrebbe non funzionare, ma perché impedire ai genitori di tentare ?
Carlo Rimini, noto docente universitario e avvocato, spiega bene, su La Stampa, le ragioni in diritto per cui le scelte inglesi appaiano prepotenti e "sovrane", così come l'"accanimento giudiziario" non sembra meno disdicevole, anzi, rispetto a quello, presunto, terapeutico.
Per fortuna pare che l'opinione pubblica si sia mossa e si sa che i politici sono sempre sensibili al consenso. Per cui alla chiusura di un Ben Johnson, che ringrazia l'Italia ma rifiuta l'aiuto perché non rispondente, secondo lui e i suoi consiglieri immagino, alle regole inglesi, risponde l'apertura del premier May, sostenuta da decine di deputati che invece spingono perché questo tentativo ulteriore di cura non venga scartato a priori.
Sullo sfondo, la sensazione è che per gli anglosassoni tenere in vita Charlie costi ormai troppo, ma siccome questo non si può dire, allora si parla di "sofferenza", e loro, non si sa come, sanno che nessun altro medico potrà alleviarla.
God save Charlie.


LaStampa.it

La sentenza sul dolore del piccolo
 Risultati immagini per charlie conteso

CARLO RIMINI
 
Di fronte a due genitori che lottano disperatamente per tenere il loro bambino in vita e sono impotenti di fronte alla decisione dell’ospedale in cui il piccolo è ricoverato di iniziare le operazioni che lo porteranno alla morte, si prova un senso di vertigine. I fatti sono descritti in modo molto dettagliato, quasi puntiglioso, dalle sentenze inglesi che hanno deciso che le cure devono essere interrotte.  
 
I punti fermi sono questi. a) L’ospedale in cui il piccolo Charlie è ricoverato, rispettando le rigorose procedure inglesi previste per questi casi, ha deciso che continuare a curare il bambino è una forma di accanimento terapeutico poiché non vi è più alcuna possibilità di tenerlo in vita o comunque di riportarlo ad una vita consapevole. b) I genitori ritengono invece che possa essere tentata una cura sperimentale praticata in un ospedale americano dove il bambino potrebbe essere trasferito. c) I medici americani hanno confermato ai giudici che la cura sperimentale non è mai stata tentata su pazienti nelle condizioni di Charlie e molto probabilmente non avrà su di lui alcun effetto e comunque non potrà riparare i danni cerebrali già subiti, ma si può comunque tentare poiché certo non aggraverà la situazione.  
 
Le regole giuridiche per affrontare una situazione così drammatica sono semplici. Sono uguali in Inghilterra ed in ogni Stato civile. a) Sono i genitori a fare le scelte relative al figlio e ciò fino a che la responsabilità genitoriale non è limitata da un giudice; b) L’autorità giudiziaria può limitare la responsabilità genitoriale solo se i genitori prendono decisioni pregiudizievoli per il figlio. Questo significa che solo di fronte alla prova che una decisione crea un pregiudizio, la responsabilità genitoriale può essere limitata e l’autorità giudiziaria si sostituisce al genitore nella valutazione del migliore interesse del bambino. 
 
La frase chiave della sentenza inglese è quindi questa: «I medici dell’ospedale che ha in cura il bambino non escludono che egli possa provare dolore». È la questione dirimente perché se Charlie prova dolore allora è vero che i genitori vogliono inutilmente prolungare la sua sofferenza ed è vero che vogliono compiere un atto (cercare di farlo sopravvivere) che porta al bambino un pregiudizio (una sofferenza inutile). Se invece il fatto che possa provare dolore è una mera ipotesi improbabile (come è improbabile che la terapia alternativa gli giovi), allora la limitazione della responsabilità genitoriale è ingiustificata. Di fronte a una semplice ipotesi - «non escludono che possa provare dolore» - rimane una sensazione: è un accanimento giudiziario. È il loro bambino e sta morendo: lasciate loro almeno la libertà di sbagliare.

sabato 27 maggio 2017

PROFESSORE ARRESTATO PER MOLESTIE SESSUALI ALLE ALLIEVE, ASSOLTO PERCHE' IL FATTO NON SUSSISTE. 19 GIORNI DI CARCERE E 11 MESI DI DIMICILIARI.

Risultati immagini per il sospetto film

Lo abbiamo scritto spesso, anzi gridato : i giovani, bambini o ragazzi che siano, MENTONO. Non lo fanno sempre, ma spesso sì. I motivi sono i più vari : richiesta di attenzione, suggestioni, falsi ricordi, manipolazione ( a volte sono loro i manipolatori, a volte sono gli adulti, a volte entrambi). Però lo fanno.
E quindi costruire un'accusa essenzialmente sulle loro dichiarazioni, sul pregiudizio folle che "non hanno motivo di mentire",  è stupido e colpevole.
Figuriamoci far fare del carcere preventivo, senza un processo ed una condanna.
Eppure accade. Ad esempio, racconta Luigi Ferrarella, è accaduto a Milano dove la mente disturbata di quattro ragazzette, una in particolare, e la leggerezza colpevole della polizia locale (i vigili !!??), che aveva il compito delle indagini e dei riscontri, porta all'arresto (??!!??) di un professore che si fa 19 giorni a San Vittore e poi 11 mesi ai domiciliari, che cessano solo per scadenza termini...
Poi, viene assolto, e la procura, che aveva chiesto due anni e sei mesi, ha rinunciato all'mpugnazione, per cui l'assoluzione è definitiva.
Chi risarcirà quel professore, che oggi ha paura di stare da solo con donne e adolescenti ? Lo Stato, forse . Certo NON  i genitori delle ragazzette sceme, o, figuriamoci, gli inquirenti leggeri, per non dire di peggio.
Suggerisco sempre, in questi casi, di cercare su internet un bel film, Il Sospetto, uscito qualche anno fa, che commentai qui sul blog : https://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/12/il-sospetto-ovvero-non-e-vero-che-i.html.
La visione di questo film dovrebbe essere obbligatoria per scuole, procure e facoltà psicologiche.
Chissà che capiscano qualcosa.


Risultati immagini per il corriere logo


Molestie sessuali, prof assolto: «Vittima di suggestione collettiva»

L’insegnante arrestato nel 2014 e incarcerato dopo le accuse di quattro alunne. Per i giudici colpa di voci, equivoci ed errori

 




Quasi quasi, alla fine, il meno restano i 19 giorni a San Vittore nel raggio degli arrestati per reati sessuali, e i successivi altri 11 mesi ai domiciliari fino allo scadere della custodia cautelare: il meno, in confronto all’accusa di aver approfittato della propria condizione di docente di arte alla scuola media Manzoni di Milano per toccare il fondoschiena, accarezzare le cosce o sfiorare l’inguine di 4 alunne di I e III media. Una «violenza sessuale» dalla quale il Tribunale ha assolto «con formula piena perché il fatto non sussiste» il professor Maurizio Minora, ritenendolo vittima di una «suggestione collettiva»: innestatasi da un lato sulla sua dichiarata propensione a «un atteggiamento fisico e affettuoso sia con i maschi sia con le femmine» (come pacche sulle spalle o
sculacciate per farli rientrare in classe), e dall’altro su «voci incontrollate e destituite di ogni fondamento» che di bisbiglio in bisbiglio lo volevano gay, poi pedofilo, poi già denunciato in passato, poi persino violentatore del proprio figlio, o egli stesso abusato da piccolo. La Procura della Repubblica, che aveva chiesto la condanna a 2 anni e 6 mesi, non ha impugnato l’assoluzione, e nemmeno la Procura Generale. L’assoluzione è dunque definitiva, al pari che per l’insegnante di sostegno Ripalta Izzi, per la quale erano stati chiesti 2 anni nell’ipotesi avesse saputo delle molestie ma non le avesse impedite.  
Per i giudici Giovanna Ichino, Anna Zamagni e (estensore) Alessandro Santangelo, i denunciati «atteggiamenti sessualmente molesti non trovano riscontri in terze persone, ma solo nelle reciproche» (e «in più punti contraddittorie e/o inverosimili») dichiarazioni delle quattro ragazze, «che non può sottacersi fossero legate da relazioni psicologiche molto complesse»: ad esempio una «psicologicamente succube» della sua migliore amica, o un’altra vittima di bullismo. La ragazza-capogruppo avrebbe dunque cominciato «ad attribuire agli atteggiamenti fisici e affettuosi, da sempre tenuti dal professore, una connotazione sessuale che in realtà non avevano affatto, influenzando le persone a lei più vicine per trovare conferma al suo erroneo vissuto soggettivo». Tra le incongruenze (valorizzate dai difensori Tiziana Bellani, Gabriele Fuga e Guido Camera), anche il fatto che due ragazze datassero alcune molestie in epoca successiva
all’installazione di telecamere che nulla avevano invece mostrato (e non per la presunta fuga di notizie ipotizzata dai vigili a carico della preside, da ciò assolta già nel 2015 dal gup). 

A detta dei giudici la «suggestione collettiva», scaturita da una lettera scritta da una ragazza sul tema della rabbia alla fine di un laboratorio teatrale scolastico, sarebbe peraltro debordata pure in alcuni atti di indagine: come l’informativa nella quale la polizia locale il 30 maggio 2014 rappresentava al pm Gianluca Prisco e al gip Luigi Gargiulo che le 4 ragazze si erano presentate alla preside lamentando non (come nel reale contenuto delle dichiarazioni) che tutte e quattro avessero detto di sapere che una fosse stata toccata nel fondoschiena quel giorno, ma che il professore avesse «toccato a tutte e quattro il fondo schiena»: circostanza, rimarca invece il Tribunale, «smentita dalle stesse» ragazze, giacché tre in sede di incidente probatorio» nel novembre 2014 «non riferivano affatto di essere state palpeggiate in quel frangente». Frutto di un equivoco pare essere stata anche la domanda posta all’appena arrestato docente, dalla quale – stando alla trascrizione - sembrava esistere la conferma di una ragazza testimone oculare di uno degli episodi denunciati da una compagna: ciò non poteva invece essere, perché la presunta teste oculare non era mai stata interrogata dalla polizia locale prima dell’arresto dell’uomo il 5 giugno 2014, mentre lo sarebbe stata solo il 14 giugno, peraltro non confermando la scena di cui la si asseriva teste.

mercoledì 17 maggio 2017

CONFERMATI DUE MILIONI AL MESE ALLA LARIO. "QUELLO E' PER LA SEPARAZIONE" SPIEGANO I GIUDICI. UNO SCHIAFFO AL SENSO COMUNE E ALLA POVERTA'

Risultati immagini per divorzio lario berlusconi vignette

La gente legge i giornali, guarda la televisione e pensa : sti giudici so matti ! non avevano detto il contrario qualche giorno fa ?
Come potrebbe commentare diversamente la notizia che la Cassazione, dopo aver pubblicato , con tanto di comunicato stampa preventivo !, la storica inversione di rotta di una interpretazione trentennale - per la quale l'assegno di divorzio non doveva essere più parametrato al mantenimento del tenore di vita ma solo allo stato di bisogno del coniuge debole, impossibilitato a provvedere dignitosamente a sé - , poi conferma due milioni di euro al MESE a Veronica Lario, ex signora Berlusconi ??
In realtà la spiegazione tecnica c'è, e i giudici la danno : qui si parla di "separazione" e non ancora di divorzio. Quando si è separati, si è ancora coniugati, e quindi ci sta, secondo gli ermellini, che si conservi il tenore di vita goduto fino a quel momento, mentre con il divorzio il vincolo coniugale si recide e con esso quel principio.
I sofisti gli facevano un baffo (la parola sarebbe un'altra, ma censuriamoci) ai nostri soloni di Piazza Cavour.
Il risultato di simil sentenza sarà, prevedo, nei casi delle signore -ma ormai talvolta anche signori - che godono di congrui assegni di mantenimento, di non accedere al divorzio congiunto (oltretutto adesso richiedibile dopo anche solo sei mesi dalla separazione, se consensuale, od un anno ),  ma cercare di protrarre il giudizio durante il quale l'assegno continuerà a correre, perché solo "separati".
Ma a parte questo aspetto generale, in realtà la vicenda Lario Berlusconi, così come accade in tutte le separazioni/divorzi milionari, offende veramente il buon senso comune.
Come definire soggetto "debole" un milionario ? Solo per l'assunto che l'altro è una specie di Creso ?
Come non offendere il senso morale di uguaglianza, tutelando una persona perché era abituata a vivere in un castello, con servitori e guardie del corpo, mentre ora si dovrà "accontentare" delle rendite di decine di immobili sparsi per le più belle e costose città del mondo ?
Più corretto allora sarebbe una causa risarcitoria in cui la Lario chiede che 30 anni di corna e tradimenti pubblici meritino un ristoro per l'umiliazione subita. Ci sarebbe magari da domandarle perché avrebbe resistito così tanto ma lasciamo perdere.
Quello che da anni, da quando questa querelle è iniziata, quindi quasi sette, sostengo è che una persona che sta bene di suo NON deve avere nessun assegno. Quello che poi ha stabilito la Cassazione in sede divorzile, e che dovrebbe valere fin dalla separazione.
Che poi, questi tecnicismi..., Lario e Berlusconi sono anche divorziati ormai, quindi ? Quell'assegno immagino che valga per il periodo della separazione..., oppure ?
Alle amiche donne che si lamentano pensando che il nuovo orientamento sia ingiusto oltreché penalizzante ribadisco quanto già scritto a commento della sentenza (il post è  http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2017/05/scompare-il-mantenimento-del-tenore-di.html  ) :  non viene meno la tutela del coniuge VERAMENTE debole, cioè non in grado di mantenersi, perché non ha una casa, o un lavoro decente. Viene meno la "pensione" (che del resto va sparendo pure a livello INPS).
Poi certo, ci possono essere ancora non frequenti casi - che negli anni 70 erano la regola - in cui la donna si sia sacrificata in casa, curando i figli, consentendo che l'uomo facesse carriera, e questo per decenni. In quel caso, come suggeriva l'avv. Cesare Rimini, tra l'altro prendendo spunto dall'art. 270 del codice civile francese, si potrebbe attribuire a quella donna (o uomo, se fosse), un riconoscimento economico per il contributo dato alla famiglia e anche alla crescista professionale dell'altro, alleggerito al quanto dei fardelli familiari. Non so quante famiglie del genere esistano ancora di questo tipo, quanto meno nelle grandi città, però laddove ci siano casi come questi, troverei giusta una legge di questo tenore.
Ma altrimenti condivido il recentissimo dietro front della Cassazione, che predicavo da 20 anni.
E il caso Lario resta uno scandalo inutile, a riprova di quanto certi palazzi siano lontani dalle persone.



Berlusconi, la Cassazione respinge il ricorso: «A Veronica Lario 2 milioni al mese, lui è tra i più ricchi al mondo»

I giudici: il leader di Forza Italia «è uno degli uomini più ricchi del mondo» ed è «rilevante» la disparità dei suoi redditi rispetto a quelli della ex consorte

  
La prima sezione civile della Corte di Cassazione ha oggi respinto il ricorso di Silvio Berlusconi sull’assegno di mantenimento relativo al periodo di separazione a favore dell’ex moglie, Veronica Lario. Confermata dunque la sentenza con cui la Corte d’appello di Milano, nel 2014, aveva fissato a 2 milioni di euro (riducendolo di un milione) l’assegno stesso. La decisione della Suprema Corte, dopo l’udienza pubblica svolta nello scorso novembre è stata resa nota oggi con il deposito delle motivazioni.
La «rivoluzione» sul divorzio? Non si applica
In quelle motivazioni si spiega che il fondatore di Forza Italia «è uno degli uomini più ricchi del mondo» ed è «rilevante» la disparità dei suoi redditi rispetto a quelli dell’ex moglie. Con la separazione — scrivono i giudici, facendo riferimento alla sentenza che, alcuni giorni fa, aveva modificato i criteri per la determinazione per gli assegni di mantenimento dopo il divorzio — «il rapporto coniugale non viene meno, determinandosi soltanto una sospensione dei doveri di natura personale, quali la convivenza, la fedeltà e la collaborazione», e dunque, «non vengono meno» gli aspetti «di natura patrimoniale»: l’obbligo di «assistenza materiale trova di regola attuazione nel riconoscimento di un assegno di mantenimento in favore del coniuge che versa in una posizione economica deteriore e non è in grado, con i propri redditi, di mantenere un tenore di vita analogo a quello offerto dalle potenzialità economiche dei coniugi». La Cassazione ricorda dunque che i giudici d’appello, nella loro valutazione, hanno tenuto conto che «dalle dichiarazioni dei redditi presentate negli anni dal 2006 al 2010» emergeva il «reddito medio annuo» pari a «53 milioni di euro» di Silvio Berlusconi. Lario e Berlusconi, dopo un periodo di separazione, hanno poi perfezionato il divorzio.