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venerdì 27 marzo 2015

MA E' PROPRIO INDISPENSABILE L'ORA LEGALE ? ALLA FINE SONO PIU' COSTI CHE BENEFICI

 Risultati immagini per ora solare ora legale

Alla fine della fiera, se ho capito bene, i vantaggi dell'ora legale, qualcosa che c'inventiamo perché quella naturale ovviamente è l'altra, che infatti si chiama "solare", sono due, derivanti entrambi dall'ora di luce in più rubata al corso normale del tempo : 1) poter fare qualcosa in più, per cui, volendo, anche sport (mah...quanti ?) 2) risparmio energetico. Quest'ultimo, più valido come motivo, si traduce in meno di 100 milioni di euro l'anno. Non molto direi, visto tutti i soldi che buttiamo in svariati modi, a fronte degli inconvenienti piuttosto diffusi e che la redazione on line de La Stampa elenca nell'articolo che segue : alterazione del sonno, quindi dell'umore, maggiore stanchezza, incidenza negativa sul metabolismo...
Certo, si può pensare che i disagi siano enfatizzati, che in fondo si tratta di abituarsi, che per farlo basteranno pochi giorni, come abbiamo sempre fatto senza drammi. 
Ma insomma, questo strappo alle regole naturali non mi sembra così indispensabile.



Torna l’ora legale: lancette da spostare avanti

Il cambio nella notte tra sabato e domenica. Ecco quali sono i rischi per la salute
Alle 2 di notte di domenica bisognerà spostare le lancette in avanti di un’ora

Pronti a passare all’ora legale che scatta nella notte tra sabato e domenica. Alle 02,00 del 29 marzo, l’ultima domenica del mese, le lancette dovranno avanzare di un’ora, comportando meno sonno, ma più luce. Un cambio d’ora che può provocare alcune conseguenze, a volte rilevanti, sul nostro organismo. Ecco quali. 
1 - Alterazioni del sonno e stress  
I principali disturbi associati al cambio dell’ora sono alterazioni del sonno, stanchezza e difficoltà di concentrazione, che possono dare origine a incidenti sul lavoro e sulle strade, ma in alcune persone si possono manifestare anche stress psicologico e cardiovascolare.  
2 - Il rischio di incidenti stradali  
Il generale deficit di attenzione sarebbe all’origine dell’aumentato numero di incidenti stradali nel lunedì successivo al fine settimana di introduzione dell’ora legale, secondo l’analisi dei dati di 21 anni di incidenti avvenuti negli Stati Uniti. Passato il picco iniziale del lunedì “nero”, l’alto rischio, secondo uno studio canadese, persiste per l’intera settimana successiva, con una crescita del 17%. 
3 - Le persone a rischio  
Le persone che potrebbero maggiormente risentire del cambio dell’ora sono coloro che hanno già una salute cagionevole o sono più vulnerabili, come i pazienti cardiaci e chi ha disturbi del sonno e dell’umore. Le persone in sovrappeso hanno più difficoltà a sincronizzare l’orologio biologico interno con quello esterno. Ad essere più vulnerabile alle conseguenze del cambio dell’ora è anche chi soffre di depressione e disturbi dell’umore. Costoro possono sperimentare un iniziale acuirsi dei sintomi. 
4 - Più tempo per lo sport  
Se è vero che gli effetti sul metabolismo del cambio dell’ora potrebbero favorire un aumento di peso, c’è però una conseguenza positiva delle ore di luce guadagnate: la maggior possibilità di svolgere attività fisica e, quindi, di dimagrire.  
5 - Il Jet lag sociale  
C’è una categoria di persone per le quali il cambio dell’ora peggiora la situazione: coloro che sono abituati a dormire sistematicamente qualche ora in più nel fine settimana e ritornare alle levatacce nei giorni lavorativi. Secondo un recente studio inglese a differenza del jet lag del viaggiatore che può causare problemi temporanei, l’abitudine al jet lag sociale sarebbe alla base di disturbi seri e persistenti, aumentando il rischio di obesità e depressione.  
6 - Risparmio da 91 milioni di euro  
In termini di consumi energetici, il cambio di orario consente notevoli risparmi. Lo scorso anno l’ora legale ha fatto risparmiare agli italiani 91 milioni di euro: l’Italia ha risparmiato complessivamente 549,7 milioni di kilowattora, un valore pari al consumo medio annuo di elettricità di circa 205 mila famiglie. 
7 - Il ritorno dell’ora legale  
L’ora legale rimarrà in vigore fino a domenica 25 ottobre 2015, quando alle 3.00 dovremo spostare le lancette indietro di un’ora. 

FACCI, CRITICO "TELEVISIVO" DI 1992, LA FICTION SU TANGENTOPOLI


Facci iniziò, se non ho capito male, la sua carriera di giornalista come cronista di giudiziaria ed era un giovanotto ai tempi di Tangentopoli. Era uno dei pochi a militare dalla parte "sbagliata", cioè dei NON laudatori degli "eroi" della procura di MIlano, Di Pietro in testa (contro il quale, più tardi, scrisse un libro durissimo per cui si beccò una querela e forse anche una condanna, ma della seconda cosa sono incerto, anzi , mi auguro di sbagliare). E' quindi un buon critico della fiction in onda su Sky, voluta da Stefano Accorsi, titolata 1992, con riferimento all'anno in cui iniziò la stagione simbolo dell'Italia manettara.
I primi episodi me li sono persi, avrò modo di vedere le repliche, che su sky abbondano. Per chi invece li ha visti, potrà interessare leggere il commento del brillante polemista.


Filippo Facci: il Di Pietro da fiction non la racconta giusta

Filippo Facci: il Di Pietro da fiction non la racconta giusta

Elencare “quello che manca” in un film o in una fiction è facile e comodo, ci si possono riempire i libri: non è un caso che gli autori della serie «1992» (Sky, cominciata martedì scorso) si siano paraculati premettendo che «ogni riferimento a fatti accaduti» eccetera eccetera. Messa così, però, è facile e comodo anche per gli autori: perché i riferimenti a fatti accaduti ci sono eccome, con nomi e cognomi, e il prodotto è stato venduto all’estero con pretese storicizzanti. Alcuni personaggi di pura fantasia quindi vanno benissimo (poi possono piacere o meno) e altri personaggi sospesi tra fantasia e cronaca già sono discutibili: va bene anche questo, e infatti sono gli episodi pretesa aderenza con la realtà a lasciare un po’ così.
Si può trasvolare sul dettaglio che lo svincolo autostradale Bologna-Borgo Panigale non c’era (non così) e che pure non esisteva un determinato modello di frigorifero. Si può ritenere imprescindibile che il grattacielo del Pirellone nella fiction appaia già ristrutturato (post incidente aereo del 2002) e che gli spot pubblicitari con la prima campagna ministeriale sull’Aids (quella con le sagome contornate di viola) risalga in realtà all’anno prima, al 1991, come pure la versione del programma «Avanzi» in cui si vedono Serena Dandini e Corrado Guzzanti. Fa niente anche per un divano di design che non era ancora stato disegnato, e pace anche se ormai non c’è scena milanese - ambientata in un bar - che non abbia per location la solita Belle Aurore di via Castelmorrone, sempre quella, due palle: oltretutto lo spacciano come bar vicino al tribunale anche se dista più di sei chilometri. E, oltretutto, nella fiction si vede un ufficiale di polizia giudiziaria che paga e se ne va senza scontrino.
1) Però, egregi autori, verso la fine della seconda puntata compare un mandato d’arresto che sembra disegnato al computer da un bambino: non sono fatti così, a esser precisi non erano neanche più d’arresto: erano i famigerati ordini di custodia cautelare. Nota: quegli interrogatori di gruppo coi tavolini uno affianco all’altro, seriali e con Di Pietro direttore d’orchestra, beh, non esistono e sono ridicoli.
2) Al di là di possibili inesattezze già evidenziate da Mario Chiesa circa il proprio arresto («non esiste nessun verbale che attesti la leggenda della tangente gettata nel water», ha detto) qui non si vuole segnalare un’imprecisione: tuttavia le modalità di quell’arresto, riviste oggi, fanno comunque comprendere quanto fosse diverso l’atteggiamento della magistratura a proposito della custodia cautelare. In Mani pulite, una sola chiamata in correità basterà per incarcerare chicchessia, ma prima di essa Antonio Di Pietro non si fece bastare la confessione di Luca Magni e neppure le intercettazioni telefoniche: predispose banconote segnate (in realtà solo una ogni dieci) e poi microfono e persino una telecamera che non funzionò. Solo allora arrestò Chiesa.
3) Nella fiction si vede un Di Pietro che garantisce riservatezza alla moglie di Mario Chiesa qualora l’avesse aiutato a individuare i conti in Svizzera dell’ex marito. A parte che fu lei a rivelarne l’esistenza agli inquirenti, Di Pietro in realtà la fece attendere per ore e ore in corridoio: e questo proprio per farla vedere ai giornalisti perché scrivessero di lei, cosicché l’ex marito intendesse.
4) A un certo punto un improbabile Di Pietro dice che il processo per direttissima a Mario Chiesa «ho deciso di non farlo». Non andò proprio così, Di Pietro infatti mica poteva decidere diversamente da qualcosa che il suo procuratore capo aveva già annunciato. L’ha raccontato Di Pietro stesso: «Mani pulite s’è fatta perché io - sì, io e solo io -, diciamo per sbaglio, “dimenticai” di depositare gli atti nei tempi prescritti per la direttissima...Borrelli aveva dato pubblicamente l’indicazione di depositare gli atti...erano in vista le elezioni del ’92, la tensione montava... A quel punto, io non ho la forza di dire al dottor Borrelli che non lo faccio perché voglio arrivare a un obiettivo preciso; e allora “mi sbaglio”». Borrelli a suo modo ha confermato: «Non immaginavo che dall’arresto di Chiesa potesse nascere quello che è nato, ma credo che non l’immaginasse nessuno. Non l’immaginava certamente Di Pietro».
5) Non c’è cronaca e sentenza ma soprattutto logica che porti a sostenere che Marcello Dell’Utri abbia pensato d’inventarsi un soggetto politico sin dall’inizio del 1992. Non quando arrestarono Chiesa (l’arresto fu a lungo snobbato) e neanche dopo le elezioni del 5 aprile 1992, che segnò certo un crollo storico della Dc ma perdite minime per il Psi, grande sponsor di Berlusconi. Le cui tv, va ricordato, sin da principio diedero manforte all’inchiesta. È vero che la Lega superò i 3 milioni di voti (quasi il 9 per cento) anche se fanno vedere che un tizio viene candidato quando le liste erano senz’altro già chiuse.
6) Qualche pignoleria. A un certo punto inquadrano il programma «Non è la Rai» trasmesso su Italiauno, ma al tempo andava in onda su Canale 5: passerà a Italiauno solo dal gennaio 1993. Il termine «cinghialone» riferito a Craxi, o cinghiale, non fu di Di Pietro, ma dei cronisti; comparve per la prima volta su l’Indipendente. In un baracchino vicino al Castello Sforzesco si vedono in vedita delle bottigliette di Gatorade che non esistevano. Sciocchezzuola finale: nella fiction si dice che la scuola steineriana «è una delle più care di Milano». Non è vero per niente. Siccome il riferimento è chiaramente ai figli di Berlusconi, andrebbe aggiunto che la sezione scolastica del caso era a Lambrate, e nasceva da una scissione dalla storica scuola steineriana di via Clericetti; era così malmessa che Veronica Berlusconi mandò personalmente degli imbianchini a mettere in ordine le aule.
Bene, ora siamo pronti per le puntate successive.

domenica 10 novembre 2013

"MEGLIO FABIO VOLO CHE RENZI". IL DISSACRANTE PARAGONE DI EUGENIO SCALFARI


Francamente, non leggendo più Repubblica, se non qualche articolo di Ilvo Diamanti o altri segnalatomi dal blog Quinto Stato, non sono riuscito a capire bene il rapporto tra il giornale.partito della sinistra acculturata e Matteo Renzi. O meglio, non so a che punto sia, che all'inizio era di tutta evidenza che il sindaco di Firenze fosse visto come un cane in chiesa. Alle primarie il giornale si schierò, come tutti quelli della sinistra dura e pura, per Bersani. Poi c'è stato il 13 febbraio, l'ennesima sconfitta ( o non vittoria) , che si aggiunge a quelle brucianti, per loro, del 1994 e del 2006, e allora la musica anche a Largo Fochetti è cambiata. Però , a quanto pare dall'editoriale odierno, di cui Libero riporta un ampio stralcio, NON per il grande patriarca e fondatore che continua a vedere nel sindaco di Firenze una edizione giovane di quello che per 20 anni è stato il  venditore di sogni per antonomasia : il Cavaliere. E ovviamente non può essere il suo favorito, pur riconoscendo qualità e talento a colui che sembra destinato a diventare il nuovo leader del PD. 
Lui però non lo voterà. Strano, sarebbe una delle rare volte in cui il grande vecchio tiene il punto (sono tanti quelli sponsorizzati in passato, poi bruciati, tanto da meritargli la fama di portasfiga, e impietosamente mollati). 
Comunque, nello strano accostamento con Fabio Volo, altro giovane di sucesso del momento, Scalfari quota il primo, di cui pure ammette di non aver mai letto un libro ( e ci mancava...ce lo vedete il Catone Censore dei nostri tempi con in mano uno dei libretti da we in relax  di Volo ??) , affermando in sostanza che Fabio il successo se lo "suda" con cose concrete (oltre i libri, la radio, la tv, film, per il resto facendosi poca o nulla pubblicità), Matteo vende se stesso.
Chiaro e gentile no ?
Ecco l'articolo come riportato su Libero.it

 

Scalfari: "Meglio un libro di Fabio Volo che un voto a Renzi"



I paragoni di Scalfari: 
"Meglio un libro di Fabio Volo 
che un voto a Matteo Renzi"

Hanno tutti e due talento, ma tra Fabio Volo e Matteo Renzi, Eugenio Scalfari non ha dubbi: sceglie lo scrittore. Nell'editoriale di oggi il fondatore di Repubblica fa il confronto tra i due personaggi del momento: Fabio Volo che in quindici giorni con il suo nuovo libro "La strada verso casa" ha già venduto 120mila copia ed in vetta alle classifiche letterarie, e Matteo Renzi in vetta ai sondaggi in vita delle primarie per la conquista della carica di segretario del Partito Democratico.
Scalfari, dopo aver fatto i complimenti a entrambi per il talento, passa alle differenze che iniziano con la constatazione che "un libro costa poco, un voto non costa niente". "Fabio", premette l'anziano giornalista, " però non fa niente di speciale per vendere i suoi libri, li scrive, li pubblica e basta. La notorietà gli proviene dal fatto che ha successo anche alla radio e alla televisione come attore e conduttore. Anche Renzi frequenta molto la televisione e il suo nome campeggia spesso sui giornali. Insomma sono due piacciono, come si dice in gergo". Poi l'affondo: "Volo non fa nulla di particolare per piacere, fa soltanto con grande impegno il suo lavoro". Renzi, invece, "è un grande venditore di se stesso, al livello del primo Berlusconi". "Vendere se stessi alla gente", ragiona Scalfari, "costa poco se c'è quel talento, ma conquistare il favore o almeno la neutralità dei "maggiorenti" per un generale rottamatore è assai meno facile e la fatica è tanta". E ancora: il sindaco di Firenze "ha promesso tutto, la sua riuscita politica rappresenta un'imprevedibile avventura e in politica le avventure possono giovare all'avventuriero, ma quasi mai al paese che rappresenta".
La conclusione è Fabio Volo, nonostante non abbia letto il suo nuovo libro, gli piace. Matteo Renzi no: "Non credo che lo voterò alle primarie del Pd".