Curioso di storie. Mi piace ascoltarle e commentarle, con chiunque lo vorrà fare con me.
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domenica 29 maggio 2016
SUCCEDE A REGGIO EMILIA : GIUDICE VIOLA IL CODICE PER "FORMARE I GIOVANI ALLA LEGALITA'". UN MODO CURIOSO NO ?
Da un po' non acquisto più Libero, preferendogli, da quando il direttore è diventato Molinari e se n'è andato Calabresi, La Stampa (vedremo il da farsi quando si fonderà con Repubblica, come previsto). Non sono molto convinto della scelta, perché di giornalisti bravi come Giacalone e Facci, che scrivono sul primo, sul giornale torinese non ce ne sono. Certo, è ben curata la pagina del calcio...
La conseguenza è che uno dei miei opinionisti preferiti, appunto Giacalone, l'ho un po' perso di vista, me ne dolgo e porrò rimedio.
Iniziamo con due grandi interventi nel campo del diritto.
Il giornalista è un garantista, che non vuol dire, lo sottolinea lui stesso, innocentista a tutti i costi. Semplicemente sostiene con convinzione le garanzie costituzionali dei cittadini coinvolti in una questione giudiziaria, e quindi i principi di primaria civiltà giuridica quali la presunzione di non colpevolezza (art. 27), il diritto di riservatezza (art. 15), i criteri cardine del giusto processo (art. 111).
Dopodiché, se uno viene riconosciuto colpevole, che la pena sia giusta e che venga scontata.
Sembrerebbe elementare a leggerlo così, e invece non lo è affatto.
Tra le ragioni per cui questi principi vengono sovente ignorati e disattesi c'è il fatto che troppi giudici fanno come vogliono, interpretando a piacimento le norme ma ormai anche semplicemente non curandosene.
Giacalone racconta un episodio accaduto in quel di Reggio Emilia, dove una scolaresca è stata condotta in Tribunale ad assistere ad un processo. All'osservazione del difensore degli imputati che una norma di legge, precisamente l'art. 471 del codice di procedura penale, esclude la presenza di soggetti minori in aula, il Giudice ha rigettato l'istanza di allontanamento degli stessi sull'assunto che assistere "è fondamentale ausilio alla formazione dei giovani alla legalità".
Peccato che si inizi col piede sbagliato, vale a dire con la palese violazione della legge da parte di chi è preposto a farla osservare : " NON SONO AMMESSI NELL'AULA DI UDIENZA COLORO CHE NON HANNO COMPIUTO GLI ANNI DICIOTTO".
Non mi pare ci sia molto da interpretare no ?
Detto ciò, e sarebbe più che abbastanza, Giacalone riflette su cosa veramente sarebbe utile spiegare ai giovani per formare una corretta educazione giuridica, assolutamente preziosa e necessaria.
Nel leggere, ti viene lo sconforto perché è palese come la nostra società sia assolutamente digiuna dei più elementari principi di educazione civico-giuridica, e non solo per indolenza ma anche per dolosa volontà di certe parti della politica, della società e della magistratura.
Basta vedere gli insegnamenti di cattivi maestri come Gherardo Colombo e Camillo Davigo, nocivamente in giro nelle scuole italiche.
EDUCAZIONE GIUDIZIARIA
Davide Giacalone
L’educazione al diritto è cosa buona e giusta. Ma è educativo spiegare che quel che è scritto in una legge può essere opinabile, interpretabile e violabile? Il problema si è posto al tribunale di Reggio Emilia, ove è in corso un processo contro presunti (tenetelo a mente “presunti”) esponenti della ‘ndrangheta. Mentre era in corso un’udienza l’aula del tribunale s’è riempita di ragazzi, colà condotti dalla scuola, in visita. Sono entrati, guidati e accuditi dai loro docenti, e si sono assisi. Uno degli avvocati difensori ha eccepito: non possono stare qui, perché è vero che il processo è pubblico, ma per pubblico devono intendersi cittadini maggiorenni, visto che il secondo comma dell’articolo 471 del codice di procedura penale esclude, espressamente e inequivocabilmente, che dei minorenni stazionino per godersi lo spettacolo. Il presidente del collegio giudicante ha ritenuto di ritirarsi in camera di consiglio (vale a dire che ha voluto valutare con attenzione la questione), ma anziché attenersi alla legge ha ritenuto di consultare gli insegnati. Quindi ha disposto: rimangano, perché assistere è “fondamentale ausilio alla formazione dei giovani alla legalità”.
Si può essere formati alla legalità partendo dalla non applicazione, per non dire violazione, di quanto disposto dalla legge?
Lascio in sospeso il quesito, anche se considero ardito rispondere positivamente. Ammettiamo pure che sia educativo. Ma cosa, lo è? Capirei, anche se la legge lo esclude, la scelta di far loro seguire l’intero dibattimento, apprendendo che la verità non è quel che sostiene l’accusa, che occorre ascoltare anche la difesa, che le prove non esistono prima del processo e che, all’opposto, si formano nel corso del dibattimento. A esito del quale, sia che la sentenza sia di condanna o d’assoluzione, gli imputati restano dei presunti innocenti, perché il processo è fatto di tre gradi e nessuno è colpevole se non in base a una sentenza definitiva. Sarebbe educativo, anche nel non prendere sul serio certo giornalismo fatto di copia e incolla, dalle carte dell’accusa.
Solo che, per indurre una tale educazione, occorre sospendere l’anno scolastico, anzi no, scusate, gli anni scolastici, quello in corso e i successivi, e portare i pargoli in tribunale per mesi, se non per anni.
Escludo, invece, che abbia una qualsiasi valenza educativa entrare nell’aula mezza giornata, giusto per vedere dei cittadini sul banco degli accusati (imputati). Il processo, se la mettiamo in termini educativi, non è il luogo dove i colpevoli vengono finalmente condannati, ma il procedimento in base al quale, nel confrontarsi fra accusa e difesa, quei cittadini vengono giudicati colpevoli o innocenti. Salvo ricorsi avverso la sentenza stessa. Se, invece, li si porta ad assistere a una sola udienza, magari poi spiegando che si tratta di ‘ndranghetisti finalmente condotti alla sbarra, quel che si realizza è il massimo della possibile diseducazione al diritto.
Che la cosa sia venuta in mente a un collegio dei docenti, più disposti ad accudirli nella gita giudiziaria che al formarli nel diuturno lavoro didattico, si può capire. Non apprezzare, ma capire. Che la cosa sia considerata non solo normale, ma positiva ed apprezzabile, da un giudice, secondo il quale ciò che la legge proibisce può essere ugualmente fatto, in deroga, nel nobile intento di spiegare quanto sia importante il diritto, ovvero la legge, ovvero quello che si sta platealmente violando, è singolare. Per non dire inquietante.
Immagino che qualcuno potrà obiettare: stai difendendo il diritto al diritto di taluni pericolosi delinquenti. Lo metto nel conto. Me ne duole, ma non me ne curo.
Speriamo a quei ragazzi sia anche spiegato il capitolo sulla rivolta per il pane, nei “Promessi sposi”, e come Renzo poté passare da difensore della legalità a ricercato.
Capita, quando la legalità è un optional, subordinato allo sbracamento verso gli umori popolari. Solitamente barbarici.
Quattro righe per esternare tutto il mio rancore verso una parte della Magistratura e di riflesso anche della nostra insipiente e ignorantissima classe politica.
RispondiEliminaE' una situazione, quella della Magistratura italiana, che non posso che definire che col termine "sconfortante". Personalmente, non essendo che un comune cittadino, fino a qualche anno fa di Giustizia non mi interessavo affatto. Ho avuto una buonissima impressione della stessa quando nell'80 sono stato casualmente coinvolto in una gran brutta storia e prosciolto già in fase istruttoria grazie alla competenza del PM del caso. Ho iniziato però a interessarmi alla giustizia col caso, emblematico, di Enzo Tortora ma anche, più tardi, il caso giudiziario, anche questo emblematico, di Calogero Mannino.
Entrambe questi casi, e Dio solo sa quanti altri, non esito a definirli crocifissioni per la pervicacia con cui in modo scientifico dei PM hanno voluto e perseguito una condanna a tutti i costi e a dispetto delle prove.
Io penso che il PM che mi aveva prosciolto nell'80 sia rimasto un anonimo PM e me ne dispiace.
Quelli che hanno crocifisso Tortora e Mannino hanno fatto tutti carriera (senza il minimo intoppo-rallentamento) e questo mi dispiace molto di più perché è sintomo di uno stato di legalità che per alcuni magistrati è discrezionalità.
Ho citato soltanto i due casi più eclatanti
di mia conoscenza ma ve ne sono tanti altri meno noti. Però anche uno soltanto sarebbe per me più che sufficiente per allarmare e invece no, pare che per alcuni addetti siano casi da mettere nel conto della normale amministrazione della giustizia. O per meglio dire, "Cose che succedono".
A lor signori auguro di passare le stesse pene
e di venirne fuori rovinati economicamente e nella carriera (vedi Mannino), possibilmente come il povero Tortora.
Leno
Gentile Leno
RispondiEliminaIo condivido i suoi auguri. Alla lettera