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martedì 28 marzo 2017

L'ILLEGALITA' DI MASSA, VERO PROBLEMA DELLA NOSTRA ITALIA

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Citarsi è brutto, ancor più che inelegante. Però è umana la soddisfazione di sostenere, e scrivere, gestendo un blog che da un migliaio di amici è letto quasi quotidianamente (grazie sempre !), ormai con una certa insistenza, una tesi e poi trovarla riproposta in modo sostanzialmente identico nelle pagine importanti di un giornale come il Corriere della Sera.
Ogni tanto accade, e stavolta è accaduto con l'opinione di Giovanni Belardelli, riportata oggi appunto sul Corsera, che ripropone esattamente il concetto di recente riaffermato sul Camerlengo dove,  scrivendo a proposito della assoluta inefficienza del sistema giudiziario italiano (http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2017/03/un-italiano-su-due-non-si-fida-dei.html  ) , si evidenziava il cancro dell'illegalità diffusa dei (non) cittadini italici.
E' , questo, un aspetto che da sempre mi fa imbufalire sentendo i discorsi da salotto ma anche da bar : noi ci lamentiamo tanto dei politici corrotti (e sicuramente la nostra classe politica più spesso lo è), degli amministratori parimenti disonesti (e anche qui, i numeri sono desolanti), ma dimentichiamo sempre che il corpo, cioè noi "popolo", non è poi così migliore della testa.
E anzi è molto forte il dubbio che la classe dirigente poco decente che ci ritroviamo sia figlia, e non madre, della scarsissima coscienza civica e nazionale che ci caratterizza.
Sappiamo bene che ci sono ragioni storiche e sociali profonde e gravi che spiegano questo aspetto, però prima o poi bisognerà approfondire il perché di come il benessere toccatoci in sorte nel dopoguerra, abbia, nel tempo, peggiorato, e non di poco, le cose.
Non c'è paragone, mediamente, tra la classe dirigente dei primi 15-20 anni della neonata repubblica italiana (De Gasperi, Einaudi, De Nicola, Amendola, per citare quelli della "mia parte" o dintorni, ma se ne possono trovare anche a sinistra) e quella successiva , e con la seconda repubblica veramente si fa fatica a indicare persone che avessero/abbiano il respiro di uno statista.
Però, anche le generazioni di mio nonno e di mio padre erano migliori della mia , su questo non ho alcun dubbio.
Ebbene, faccio fatica a sopportare da miei coetanei, anche intelligenti e mediamente istruiti, litanie retoriche sulla corruttela, sui politici e amministratori tutti ladri, il popolo sfruttato e innocente.
Io di innocenti ne vedo pochini, in generale.
E Belardelli mi pare pure.
Cita la legge 104, i furbetti del badge (avete notato ? ogni tanto ne pizzicano qualcuno, che piange, però il fenomeno non cessa, al massimo cercano di migliorare il "sistema"), le false pensioni di invalidità, la parentopoli di Atac e Ama...ma l'elenco sarebbe infinito.
E' gente normale, convinta di sfruttare piccole cose, di non fare in fondo male a nessuno.
E individualmente è vero, sono danni spesso minimi, se singolarmente considerati. Moltiplicati per decine di migliaia di volte però il risultato cambia, eccome.
Un esempio stupido ? La singola cicca o pezzo di carta lasciato cadere per strada...
Che volete che sia ? Però se succede in continuazione...
Se poi vi azzardate a dire al "distratto" : "scusi, inavvertitamente le deve essere caduta la cicca", il vaffa è assicurato. 
"Onestà" è una parola che suona bene, esserlo, senza un esempio ed un esercizio costanti, durevoli nel tempo, fino a diventare degli automatismi, è roba seria, e non passa (solo) per le leggi e i carabinieri (figuriamoci ), ma per l'educazione : familiare, scolastica, civica.
Vasto (vastissimo !) Programma avrebbe detto De Gaulle.
Ah, su una cosa non concordo con Belardelli, che alla fine rimane evidentemente un ottimista. Per lui l'illegalità diffusa riguarderebbe una minoranza, ancorché molto cospicua. Insomma, siamo 60 milioni (immigrati compresi, italiani 54), e magari l'autore immagina che siano alcuni milioni quelli che "barano" ; tanti, troppo, ma i di più sarebbero onesti.
Non condivido, credo che la proporzione sia inversa : tra mele marce, bacate o solo "toccate", temo che l'illegalità, a vario livello ripeto,  coinvolga la maggioranza assoluta, ed è questo il problema veramente grande della nostra Nazione.
Buona Lettura



Il Corriere della Sera - Digital Edition

L’illegalità di massa che deve far riflettere

di Giovanni Belardelli

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Viviamo davvero in una perenne Tangentopoli, come i continui scandali, episodi di corruzione, inchieste della magistratura sembrerebbero indicare?

Benché continuamente evocata (se si digita su Google «nuova Tangentopoli» si ottengono oltre 250 mila risultati) questa rappresentazione è ingannevole. Non tanto e non solo perché a volte dietro il molto fumo di un’indagine, alimentato dai media, si finisce con il trovare una limitata porzione di arrosto (potrebbe essere questo il caso dello scandalo Consip, almeno in relazione al ministro Lotti e a Tiziano Renzi); quanto perché l’idea di una Tangentopoli continua, che coinvolge il mondo della politica e degli affari, distoglie il nostro sguardo da un’altra questione: la diffusione ormai raggiunta nella società italiana da comportamenti illegali di massa.
Pensiamo ad esempio a quanti beneficiano della legge 104, che tutela le gravi disabilità: mentre nel settore privato vi fa ricorso il 3,3 per cento dei dipendenti, la percentuale sale al 13,5 per cento nel settore pubblico, e in particolare nelle istituzioni scolastiche (proprio quelle a cui sempre ci si appella perché diffondano tra i giovani il senso della legalità).

Il dato è così anomalo da suggerire la massiccia presenza di irregolarità. Del tutto chiara l’illegalità nei casi di assenteismo fraudolento da parte di quanti — medici nel Napoletano o impiegati in questo o quel comune — falsificano la presenza al lavoro. In questi casi colpisce il senso di impunità, cui forse va aggiunta la percezione che si tratti di piccole furbizie, di qualcosa di non veramente grave. Non si spiegherebbe altrimenti come comportamenti del genere continuino nonostante i tanti casi scoperti negli ultimi anni.

Ma l’elenco di questi comportamenti di illegalità diffusa potrebbe essere molto lungo. Si va dalle false dichiarazioni Isee nelle iscrizioni all’università (un’indagine del 2013, riferita ai tre atenei statali della Capitale, rivelava che solo il 63 per cento erano regolari) alle ingiustificate esenzioni del ticket che riguarderebbero, secondo dati di un anno fa, un italiano su dieci. Poi ci sono naturalmente i dati sull’evasione fiscale, sull’abusivismo edilizio, sulle false pensioni di invalidità e così via. E le tante affittopoli italiane, cioè i casi in cui gli immobili pubblici sono stati assegnati a un affitto di favore o semplicemente ridicolo, quando non occupati e basta. O ancora, l’abnorme numero di incidenti stradali in certe zone del Paese; un numero che a Napoli, ad esempio, è 11 volte maggiore rispetto a Roma.

In effetti, è forte la tentazione di collocare soprattutto nel Mezzogiorno la presenza di comportamenti di illegalità diffusa; sono davvero impressionanti, al riguardo, certi dati sulla Sicilia riportati di recente da Paolo Mieli ( Corriere , 20 marzo). Si potrebbe spiegarlo con la presenza della malavita organizzata e di situazioni di particolare degrado sociale, ma anche con l’uso particolarmente dissennato delle risorse pubbliche a fini di consenso (elettorale).

Certo è che la Capitale non pare voler restare troppo indietro quanto alla diffusione di comportamenti al limite, od oltre il limite, della legalità: migliaia di appartamenti occupati abusivamente o per i quali si pagano affitti di dieci o venti euro in pieno centro storico; indagini continue che hanno interessato il corpo dei vigili urbani, raramente o mai sanzionati; le municipalizzate Atac e Ama utilizzate per l’assunzione di parenti e amici; senza dimenticare i parcheggiatori abusivi ovunque e le auto in sosta nelle zone riservate ai pedoni.

Interrogarsi su tutto ciò vorrebbe dire chiedersi perché l’arrivo del benessere, a partire dagli anni del «miracolo economico», abbia reso l’Italia più ricca ma non abbia portato a un maggior senso di legalità e a una maggiore coscienza civica. Molto più facile ricorrere al grande alibi di una Tangentopoli continua, a quella denuncia di una politica sempre corrotta che alimenta il successo dei Cinque Stelle. Una rappresentazione consolatoria che però poco corrisponde alla realtà di un Paese i cui abitanti, certo non tutti ma una cospicua minoranza sì, avrebbero bisogno di interrogarsi seriamente anche sui propri comportamenti.

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