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lunedì 29 gennaio 2018

LE EPURAZIONI RENZIANI VISTE DA UN FIORENTINO DI SINISTRA

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Liberale storico, tendenzialmente conservatore anche di indole, il Camerlengo ha diversi amici che militano nel campo opposto. Succede, tra persone intelligenti. 
Tra queste, alcune sono variamente impegnate anche nella politica. Nessuno di professione, però hanno competenza, attenzione e alcuni sono anche piuttosto attivi. 
Tra questi, il mio caro amico Riccardo Cattarini, giuliano di Trieste (vicino va) , avvocato brillante, militante da sempre nella sinistra storica, di cui ha seguito tutta l'"evoluzione" (PCI, PDS, DS, PD), credo sempre schierato nella parte più liberal o quantomeno riformatrice (tanto è vero che nel 2013 si schierò per la novità renziana, e nel 2017, per quanto deluso dal putto toscano, non ha seguito i sinistri duri e puri che hanno dato vita al movimento liberi e belli). 
All'ultimo congresso Riccardo si era schierato con Orlando, e puntualmente, alla formazione delle liste per le prossime elezioni, l'ha pagata. Del resto, con un taglio drastico di posti disponibili rispetto ai fasti irripetibili del porcellum (in primis perché la legge non c'è più, in secundis perché le prospettive piddine, al momento, sono  di arrivare terzi e quindi ultimi nell'agone elettorale) , era comunque difficile favorire new entry rispetto ai perdenti poltrona, e questo in assoluto. Figuriamoci per la minoranza. 
Resta però che Renzi, esattamente come i suoi predecessori, alla prima occasione in cui è stato lui ad avere il boccino in mano per fare le liste, non ha fatto prigionieri, e le minoranze di Orlando ed Emiliano stanno lì a leccarsi le ferite. 
Il segretario un po' di irritato imbarazzo ce l'ha, con tutti, ma veramente tutti i media che registrano la gestione tirannica del partito in modo da assicurarsi - almeno lui crede - la sopravvivenza postuma, anche in caso di sconfitta, potendo contare su eletti fedelissimi. 
Più o meno lo fece anche Bersani, nel 2013, e ricordiamo com'è poi andata : è bastato perdere il controllo della segreteria che gli equilibri in parlamento si sono progressivamente spostati.
In caso di sconfitta, con un PD chiaramente al di sotto del 25% - linea del piave, sideralmente lontano dal mitologico 41% delle leggendarie europee del 2014, ma almeno pari al risultato della non vittoria bersaniana - , non credo che Renzino riuscirebbe ad evitare un nuovo congresso, e stavolta potrebbe finire diversamente dagli ultimi due...
Insomma, anche i giornalisti a lui amici (su La Stampa Geremicca e Sorgi tra tutti) cominciano ad essere perplessi, e ammettono che il PDR (partito di Renzi) inizia ad essere un progetto più che una polemica politica degli avversari. 
Ciò posto, ho chiesto ad un altro amico, sempre di area riformista, fiorentino e conoscitore del Renzi delle origini e post, un'analisi e un commento del repulisti operato dal  leader maximo (così veniva chiamato D'Alema, giocando anche sul suo nome, ma ormai credo che Renzi possa fregiarsi anch'esso di simile titolo, applicato comunemente ai dittatori) nelle notti precedenti l'ultimo we. 
Parlo di Massimiliano Annetta, altro uomo che sarei felice di vedere rappresentante del popolo, piuttosto di quelli che temo verranno (Morani, Serracchiani, per non parlare della cerchia nota del giglio magico) e che invece continua ad osservare, in modo lucido e purtroppo inane, come accadeva a Cassandra.
Leggerlo è sempre però cosa arguta e stimolante 



NIHIL NOVI SUB SOLE
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Di Massimiliano Annetta

Matteo Renzi ha fatto pulizia degli avversari interni.
Mi stupisco di chi si stupisce. È evidente che Renzi dia per perduto il voto del 4 marzo e pensi al dopo; comprensibile che ritenga sia più facile affrontare i procellosi mari della sconfitta con una ciurma di fedelissimi.
Coloro che lo detestano diranno ora che questa pattuglia di fedelissimi sarà messa a disposizione di Berlusconi, i più laici penseranno che Renzi si stia muovendo in un’ottica di pura sopravvivenza e del resto, come insegnava il Divin Giulio, meglio tirare a campare che tirare le cuoia.
Insomma, niente di nuovo sotto il sole né, soprattutto, di epocale. Tuttavia qualche riflessione può farsi.

La prima, sul “renzismo”. Il capo che si blinda nel fortino dei fedelissimi rivela una leadership debole. Inoltre porsi a garante di una nomenclatura morente è un brutto contrappasso. 
Ma, soprattutto, Renzi prova a trasformare la sua debolezza in un punto di forza; visto com’è andata con il referendum c’è da fargli gli auguri.

Una seconda riflessione deve farsi sulla sinistra. 
È in crisi in tutta Europa, ma qui da noi la situazione pare, se possibile, peggiore. Non ci vuole molto a pronosticare che dopo il voto la situazione si comporrà e scomporrà infinite volte, ma certo qualcosa di nuovo accadrà.
Si tratta di tema che mi sta a cuore perché quello è e resta il mio campo ideale, occorre però decidere in che direzione andare.
Si può scegliere di seguire il mio amico Gianni Cuperlo, intellettuale raffinatissimo, che con gran dignità rifiuta di essere paracadutato nel collegio di Sassuolo, ma poi si ritrova a far campagna elettorale per la figlia dell’ex Ministro Cardinale e per il figlio del Governatore De Luca. Oppure si può continuare a rimpiangere il bel mondo antico (signora mia come si stava bene quando c’era il PCI...). Oppure ancora si può pensare alla costruzione di una forza autenticamente riformatrice. A occhio l’unica via per recuperare i delusi “de sinistra” è quest’ultima.

La terza, ed ultima, occorre farla su questa deriva proprietaria della politica che non è fenomeno solo renziano o di sinistra. Di Maio e Casaleggio hanno normalizzato a colpi d’ascia le liste grilline. Per assurdo - o forse neppure troppo - il più “democratico” appare l’immarcescibile Berlusconi. Pare evidente siano gli ultimi rantoli di un sistema morente.

Insomma, restate sintonizzati perché dopo il 4 marzo ne vedremo delle belle.

P.S.: chi cogliesse in queste mie righe gli indizi di un tattico riposizionamento stia sereno: non ho deciso né se né per chi votare.

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