Così parlò Matteo renzio, a poche ore dalla direzione che ufficializzerà la fine , almeno per il momento , della sua non lunga ma intensa carriera di leader del PD.
Certo, al pensiero che nel 2014 si parlava del renzismo che avrebbe dovuto monopolizzare la scena politica dell'Italia (e, chissà, d'Europa ?!) per il decennio a venire, qualche imbarazzo lo si prova.
Ma è finito Matteo Renzi ?
Nell'intervista che segue, dove al solito è difficile trovare una vera autocritica da parte del toscano - ma chi nasce tondo, nun more quadro, dicono dalle mie parti - Renzi fa capire chiaramente che il tempo è dalla sua. A 43 anni, il momento della rivincita verrà.
E lancia un avvertimento : coloro che si sono distinti ieri per piaggeria, oggi per vigliaccheria (usa proprio questa parola : viltà !), in entrambi i casi esempi poco commendevoli dell'umanissimo opportunismo, magari non avranno domani una terza occasione.
Certo fa una certa impressione vedere come, col passare dei giorni, le file dei "fedelissimi "renziani si assottiglino sempre di più. E questo tanto nel partito, dove pure alle primarie Renzi stravinse contro Orlando ed Emiliano, quanto in Parlamento, nonostante le analisi del sangue effettuate sui prescelti, proprio in previsione di questo passaggio, allora temuto come un incubo remoto, oggi invece realizzatosi pienamente.
Non è mai un bello spettacolo.
Si parla di Zingaretti possibile successore di Renzi sulla poltrona della segreteria, l'alternativa sarebbe Del Rio...
Capirai...Vabbè, sono fatti loro, alla fine.
Quando Renzi spiega perché il PD non può fare alleanze coi 5 Stelle, dice cose che condivido pienamente ma da uomo esterno al PD e nemico della sinistra, quantomeno di quella più radicale.
Affermare : " I grillini sono un’esperienza politica radicalmente diversa da noi. Lo sono sui valori, sulla democrazia interna, sui vaccini, sull’Europa, sul concetto di lavoro e assistenzialismo, di giustizia e giustizialismo " è coerente col pd targato Renzi, non con il pianeta sinistrese assoluto.
E non a caso per tanta gente, sia tra quelli rimasti nel partito che tra coloro che ne sono usciti, l'alleanza coi 5 Stelle non è affatto così disdicevole.
In fondo molti di loro sono gente "nostra", dicono, da più parti.
Lo dice anche D'Alema, lo stesso uomo che nel 1996 definiva la Lega una "costola della sinistra..."
Magari solo in questo, ma lo rimpiangeremo renzino, per quel po' di spirito Liberal che veramente ha cercato di far crescerer in un fronte che tale, veramente, non lo sarà mai (come del resto vale per il Liberalismo sull'altra sponda).
Buona Lettura
Intervista a Matteo
Renzi:
«Noi mai con Lega e M5S, sono estremisti. Unità nazionale? Giochi chi ha vinto»
«Noi mai con Lega e M5S, sono estremisti. Unità nazionale? Giochi chi ha vinto»
Il segretario dimissionario parla a poche ore dalla
Direzione in cui saranno formalizzate le sue dimissioni: «Lascio, deciderà
l’assemblea. Ho visto piaggeria e viltà. Se mi candiderò alle primarie? Il mio
ciclo alla guida del Pd si è chiuso»
di Aldo Cazzullo
Renzi, e ora? Si ricandiderà alle primarie?
«Il mio ciclo alla guida del Pd si è chiuso. Sono stati 4
anni difficili ma belli. Abbiamo fatto uscire l’Italia dalla crisi. Quando
finirà la campagna di odio tanti riconosceranno i risultati. Ma la sconfitta
impone di voltare pagina. Tocca ad altri. Io darò una mano: noi non siamo
quelli non che scendono dal carro, semplicemente perché il carro lo hanno
sempre spinto. Continuerò a farlo con il sorriso: non ho rimpianti, non ho
rancori».
Cos’è accaduto nel Paese? Lei nel 2014 prese 11 milioni e
200 mila voti; ora poco più di sei milioni. Come se lo spiega?
«Di più: siamo passati da 13 milioni di voti del referendum
ai 6 milioni di domenica scorsa. Abbiamo dimezzato i voti assoluti rispetto a
quindici mesi fa. Allora eravamo chiari nella proposta e nelle idee. Stavolta —
e mi prendo la responsabilità — la linea era confusa, né carne né pesce: così
prudenti e moderati da sembrare timidi e rinunciatari. Dopo un dibattito
interno logorante, alcuni nostri candidati non hanno neanche proposto il voto
sul simbolo del Pd, ma solo sulla loro persona».
Qualcuno si è tirato indietro?
«Lei conosce qualcuno che entra in un negozio se persino il
commesso dice che la merce in vendita non è granché? Poi ci sono ragioni più
profonde. Internazionali: ha letto cosa dice Bannon, il primo ideologo di
Trump, sull’Italia capitale del populismo? E nazionali, a cominciare dal
disastro nel Sud. Ci attende una lunga traversata nel deserto. Ma ripartire da
zero, dall’opposizione, può essere una grande occasione. La politica è fatta di
veloci cambi. La sconfitta è una battuta d’arresto netta, ma non è la fine di
tutto. Cinque anni fa Pd e 5 Stelle finirono 25 pari. Alle Europee è finita
40-20 per noi. Adesso 32-18 per loro. La ruota gira, la rivincita verrà prima
del previsto».
Renzi, dimissioni dopo la sconfitta
Pensa davvero che se si fosse votato quando l’ha fatto la Francia , a maggio, o la Germania , a settembre,
sarebbe cambiato qualcosa?
«Sì, perché sarebbe cambiata l’agenda politica. L’agenda
sarebbe stata l’Europa, non altro. Come è stato per Macron o per Merkel. E
prima ancora come è stato in Olanda per Rutte. Sull’Europa non avrebbero vinto
le forze sovraniste. Ma poiché avevo visto per tempo questo rischio e l’ho
illustrato più volte invano, mi sento io il responsabile delle mancate elezioni
anticipate. Nessuna polemica con nessuno».
Siamo sicuri che le sue dimissioni siano vere? Come si
eleggerà il nuovo segretario, con primarie o in assemblea? Chi sarà? Martina,
Delrio? Zingaretti,Calenda?
«Le mie dimissioni non sono un fake. Ho seguito le
indicazioni dello Statuto e dunque sul nuovo segretario deciderà l’assemblea.
Rispetteremo la volontà di quel consesso. Sui nomi non mi esprimo; anche perché
sono tutte persone con cui ho lavorato per anni. Io non parlo male di loro; li
rispetto, li difendo. E se qualcuno ha cambiato idea su di me, è libero di
farlo. Vedo in giro qualche fenomeno spiegare che abbiamo sbagliato tutto; però
non riescono a dirci perché, nelle regioni che governano loro, il Pd è andato
peggio della media».
Le consultazioni chi le farà? Lei salirà al Quirinale?
«No. Nelle ultime consultazioni il Pd ha sempre mandato al
Quirinale i due capigruppo, il presidente e il reggente. Non vedo motivi per
cambiare delegazione».
È vero che è rimasto solo al partito e che sono tutti contro
di lei e il Giglio magico? Si sente isolato? Vede casi di ingratitudine?
«Chi dice questo vive in una realtà parallela. Mai come in
queste ore il Pd riceve email e richieste di iscrizione. Nel popolo Pd la
stragrande maggioranza sta sulla nostra linea: nessuno vuole fare l’accordo con
gli estremisti. Altro che Giglio magico isolato. Qualche dirigente medita il
trasformismo? Forse. Del resto la viltà di oggi fa il paio con la piaggeria di
ieri. E se per caso in futuro dovessimo tornare, sarebbe accompagnata
dall’opportunismo di domani. I mediocri fanno sempre così: hanno scarsa fantasia,
i mediocri. Ma il nodo non è il dibattito interno. Capisco sia importante il
nome del nuovo segretario; ma è più importante il nome del nuovo premier. Tutti
parlano di noi, nessuno parla della crisi istituzionale in cui ci troviamo».
Parliamone. Sarà difficile sbloccarla se il Pd si chiama
fuori.
«E che c’entra il Pd, scusi? Ci sono due vincitori ma non
c’è maggioranza. Qualcuno ammetterà che con il No al referendum è difficile
dare un governo stabile al Paese? Scommetto che tra qualche mese il tema della
riforma costituzionale tornerà centrale. Forse qualche settimana».
Molte personalità della sinistra vi sollecitano un dialogo
con i 5 Stelle. Perché rifiutare? E se Di Maio indicasse per Palazzo Chigi una
personalità a voi non ostile?
«Non esiste governo guidato dai 5 Stelle che possa ottenere
il via libera del Pd. Non è un problema di odio che i grillini hanno seminato.
E non è solo un problema di matematica, visto che i numeri non ci sono o
sarebbero risicatissimi. I grillini sono un’esperienza politica radicalmente
diversa da noi. Lo sono sui valori, sulla democrazia interna, sui vaccini,
sull’Europa, sul concetto di lavoro e assistenzialismo, di giustizia e
giustizialismo. Abbiamo detto che non avremmo mai fatto il governo con gli
estremisti, e per noi sono estremisti sia i 5 Stelle che la Lega. L ’unico modo che
hanno per fare un governo è mettersi insieme, se vogliono».
Crede davvero che Di Maio e Salvini potrebbero allearsi?
«Hanno il diritto e forse il dovere di provarci. I
sovranisti hanno lo stesso programma su vaccini, Europa, immigrazione,
burocrazia, tasse. Facciano il loro governo, se ci riescono. Altrimenti
dichiarino il loro fallimento. Noi non faremo da stampella a nessuno e staremo
dove ci hanno messo i cittadini: all’opposizione».
Una possibilità sarebbe far nascere con l’astensione un
governo di centrodestra guidato da una figura meno estremista di Salvini. O no?
«No».
Il richiamo di Mattarella e Draghi al senso di
responsabilità potrebbero portarvi a fare un governo di unità nazionale?
«Noi purtroppo siamo il quarto gruppo parlamentare, non più
il primo: gli appelli alla responsabilità sono sempre utili, ma si rivolgono
soprattutto ai gruppi più grandi. La palla oggi è in mano alle destre e ai 5
Stelle. Vediamo se e come sapranno giocarla».
Le elezioni anticipate sono un’opzione?
«Secondo me nessuno dei due schieramenti vincenti vuole
tornare a votare. Prenderebbero la metà dei parlamentari che hanno adesso.
Leghisti e grillini sono i più convinti che questa legislatura debba durare 5
anni. Umanamente comprensibile, sia chiaro».
Gli scissionisti ora potrebbero rientrare nel Pd?
«Lei si rende conto che per mesi abbiamo parlato solo degli
scissionisti, e loro hanno preso meno consensi che Vendola 5 anni fa o
Bertinotti 10 anni fa? Hanno avuto più articoli sui giornali che voti nei
seggi. E ne parliamo ancora?».
Rimpiange di essere andato a Palazzo Chigi senza passare
dalle elezioni? E di non essersi ritirato dalla politica dopo il referendum?
«Non ho rimpianti. Penso che abbiamo fatto bene a fare
l’operazione-Palazzo Chigi nel 2014; altrimenti lo tsunami populista sarebbe
arrivato con le Europee anziché con le politiche. Oggi il Paese può reggere
anche mesi di discussioni tra Di Maio e Salvini, perché l’economia sta molto meglio.
Ha visto quelli che in queste ore fanno la fila per avere il reddito di
cittadinanza ai Caf? Ci sono anche quelli che si chiedono quanto tempo
impiegherà Salvini a cancellare la
Fornero o fermare quella che lui ha demagogicamente chiamato
l’invasione o fare la tassa unica al 15%. Sono cittadini che chiedono ai leader
di rispettare le promesse delle elezioni. Bene. Erano proposte irrealizzabili,
ma adesso saranno loro a doverci mettere la faccia».
E lei ora cosa farà?
«Il senatore. Sono tra i pochi nel Pd ad aver vinto nel
proprio collegio. Chi mi conosce davvero non ha di me un’immagine sporcata
dalle polemiche. La mia gente sa chi sono; intendo onorare il loro affetto».
Il senatore di Scandicci, Signa, Lastra a Signa e Impruneta?
Non ci crede nessuno.
«Fare il senatore della mia terra sarà un grande onore. E io
a 43 anni se mi guardo indietro devo solo dire grazie. Perché abbiamo fatto
tante cose. Abbiamo anche sbagliato, certo. Ma meglio vivere che vivacchiare,
meglio sbagliare talvolta che rimandare sempre. Quanto al futuro, chi ha corso
una maratona sa che è importante avere la gamba giusta e il fiato; ma che
soprattutto serve la testa. Ci attende una maratona: prendiamola con il passo
giusto. Abbiamo gambe, fiato e testa. Ho guidato per 5 anni la mia città, per
mille giorni il mio Paese. Ho portato il mio partito a essere il più votato in
Europa e grazie a questo risultato abbiamo vinto la battaglia della
flessibilità a Bruxelles. Adesso si apre una pagina nuova».
Potrebbe fondare un suo partito?
«Di partiti in Italia ce ne sono anche troppi. Io sto nel Pd
in mezzo alla mia gente. Me ne vado dalla segreteria, non dal partito».
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