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sabato 27 agosto 2011

QUALCHE "PORCO" RIMETTE LE ALI. SARA' VERO? SPERIAMOLO !

Sul Foglio compare questo articolo che saluta i buoni dati dell'Export irlandese. Notoriamente l'Irlanda era uno dei quattro paesi europei in forte crisi, detti PIGS, dalle loro iniziali ma, così facendo, creandoun non piacevole e forse voluto doppio senso (PIGS = maiali, animali non esattamente nobili nell'immaginario collettivo).
La notizia è buona sotto due aspetti : A) A differenza da quello che appare, sta crisi non necessariamente deve essere eterna B) se ce la fanno altri, adottando misure idonee, allora dovremmo potercela fare anche noi 
Però leggendo l'articolo mi sono sorte delle domande- timori , che ho girato ad amici che hanno una gran fiducia nel mercato e nelle ricette liberiste :
1) Un'economia che cresce solo sull'esportazione non è disequilibrata? Anche la Germania nel 2010 ha fatto registrare numeri lusinghieri di crescita del PIL proprio grazie all'export ma senza che parimenti ripartisse la domanda interna. Ora l'export si è fermato e la Germania cresce nel 2011 meno di noi !!! (per ora certo) 2) Hanno cercato di mantenere basse le tasse , lodevole, ma comunque le hanno aumentate. Non lo dico per criticare ma per osservare che forse toccarle non è un tabù, se si accompagna l'aumento al taglio delle spese (cosa che loro hanno fatto) 3) aiuti ne hanno avuti eccome. Poi , sembra, li hanno anche ben impiegati e per questo BRAVI. Ma il mercato non prevede "aiuti" esterni è corretto ? 4) disoccupazione ancora molto alta. Certo, bisogna dare tempo, e se il trend resta positivo si può pensare che in qualche anno rientri. Intanto però sarà dura per quel 15% cresciuto a quei livelli in 3 anni (mentre, secondo le previsioni ottimistiche, per tornare al 5 iniziale ci vorrà circa un lustro).

Insomma il timore è che si sia un pochino troppo schiacciati sul presente e si sia portati a tradurre i fatti secondo le nostre speranze o paure, senza prospettiva.
Ecco l'articolo citato.

Uno dei Pigs ritrova le ali
Giù la spesa e le tasse: ora l’Irlanda turba i sogni dei keynesiani 
 
 
E’ ancora presto per dire se la tigre celtica è tornata a ruggire come in passato. Sicuramente, però, l’economia irlandese sta mostrando segnali di ripresa inattesi grazie al boom delle esportazioni che lasciano ben sperare sul futuro e rischiano di imbarazzare non pochi economisti. “Perché i keynesiani dovrebbero essere preoccupati? – si chiede Scott Grannis, già capo economista di Western Asset Management Company – Perché questa è la prova che tagliare la spesa e mantenere basse le imposte può effettivamente migliorare le condizioni economiche di uno stato”. In molti appena due anni fa avevano decretato la fine del “modello liberista irlandese”, in larga parte basato su una fiscalità estremamente vantaggiosa per le imprese; tale ricetta aveva mostrato tutti i suoi limiti – ci si era affrettati a dire – e comunque non sarebbe stata replicabile in tempi di austerity e bilanci pubblici da risanare. Anzi, sempre le stesse cassandre avevano posto l’Irlanda sullo stesso piano della Grecia, ovvero due realtà che per anni erano vissute al di sopra delle loro possibilità, prospettando per la prima un lento ritorno agli anni bui pre boom economico. E invece gli ultimi dati su export e bilancia commerciale hanno fotografato uno scenario
piuttosto diverso. Le esportazioni, che erano state il vero motore del miracolo economico tra 1997 e 2004 rappresentando circa il 90 per cento del pil, nei primi cinque mesi dell’anno sono aumentate del 6 per cento e lo scorso giugno – ultimo mese per cui i dati sono disponibili – il surplus della bilancia commerciale ha registrato la miglior performance di sempre in termini assoluti. A conferma di questa tendenza ci sono i dati della Banca centrale irlandese che ha delineato uno scenario roseo per il medio periodo, indicando il 2012 come l’anno della definitiva ripresa economica; e a fine luglio la stessa Standard & Poor’s, mentre da un lato tagliava il rating degli Stati Uniti d’America, dall’altro promuoveva lo stato di salute dei conti pubblici dell’isola di san Patrizio. Non a caso i tassi di interesse sul debito irlandese sono più bassi di tutti gli altri paesi aiutati dall’Ue.

Come leggere il ritorno della tigre celtica? Perché, per esempio, il piano di austerity da 15 miliardi di euro varato a novembre e definito dagli stessi irlandesi come “capestro” non ha invece depresso l’economia come è accaduto in altri paesi, vedi la Gran Bretagna? Sebbene il governo avesse improntato la sua manovra di rientro tutta sul rigore fiscale (contemplando anche l’innalzamento dell’Iva), sui tagli alla spesa pubblica (meno 3 miliardi), riduzione del pubblico impiego e taglio del 10 per cento degli stipendi; la chiave di volta del miracolo economico non è stata minimamente scalfita. L’aliquota al 12,5 per cento per le imprese è rimasta invariata, nonostante le pressioni degli altri paesi europei che volevano condizionare il loro aiuto a un innalzamento delle tasse, convincendo così le aziende che avevano eletto l’Irlanda a base operativa a non lasciare l’isola ma, anzi, a continuare a investirvi. E i risultati si sono visti subito, dal momento che l’economia nel primo quadrimestre dell’anno ha registrato una crescita dell’1,3 per cento (contro una stima di più 0,5 per cento), superiore persino alle attese di Unione europea e Fondo monetario internazionale che nei mesi scorsi avevano iniettato 85 miliardi nelle casse dello stato irlandese.  “L’economia di Dublino ha un potenziale di crescita, mentre le altre no”, sintetizza Kornelius Purps, analista di Unicredit a Monaco. 

Non va trascurato un altro fattore, altrettanto importante per leggere la ripresa irlandese. Dopo la crisi del sistema bancario del 2008 legata alla bolla immobiliare e alla crisi finanziaria, l’Irlanda ha iniziato un doloroso ma credibile percorso di ricapitalizzazione del proprio sistema creditizio, che di fatto ha mandato in tilt i conti pubblici. E quando il governo non è stato più in grado di immettere capitali, come nel caso della Bank of Ireland, gli investitori privati hanno messo sul piatto oltre 1 miliardo immettendo credibilità e fiducia nell’intero sistema economico irlandese.
Anche il tasso di disoccupazione, che negli anni ruggenti era regolarmente sotto il 5 per cento, nel pieno della crisi è schizzato fino al 15 per cento, ma oggi sta mostrando segnali incoraggianti e le proiezioni indicano una riduzione di due punti percentuali entro fine anno. Come ha spiegato Holger Schmieding, capo economista della tedesca Berenberg Bank, l’Irlanda potrebbe essere il primo paese del Vecchio continente a lasciarsi alle spalle la crisi economica.

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