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sabato 10 settembre 2011

SI TORNA A SCUOLA !!!!

Nei giorni scorsi ho letto le lamentele di alcuni settori della scuola e della cultura per il decreto Gelmini che , dopo l'ultima infornata di assunzioni, 67.000 !!!!!!!, congelerebbe l'ingresso di giovani insegnanti , i neo laureati insomma , visto che ce ne sono altri 200.000 da smaltire...
"  Così si tarpano le ali ai giovani, s'invecchia la cultura, si discriminano le ambizioni di coloro che aspirano a fare i professori".....e su per li rami.....
Ora, io già sono contento che nelle loro lamentele non ho letto proposte tipo costruire nuove scuole, triplicare il numero di insegnanti nelle classi, istituire nuove materie, nuovi corsi di lauree, nuove facoltà.
Per cui mi guardo bene dal replicare a questi signori, e non dico loro : avete voluto la bicicletta ? abbiamo sfornato ste carrettate di professori di cui non si aveva bisogno ? li abbiamo condannati ad un precariato permanente ? Bene ora tocca smaltirli, come le scorie.
Quando il terreno sarà bonificato, se ne riparlerà.
Intanto iniziano gli esami di ammissione a Medicina. Grande cosa il numero chiuso a Medicina, esteso anche ad altre facoltà scientifiche ad Architettura. Alla Corte Costituzionale nel 1998 si devono essere distratti e non hanno cassato di illegittimità la norma che introduceva questa santa selezione. Chissà che mal di pancia per i custodi della cultura di sinistra, Asor Rosa in testa.
Ovviamente, siccome il nostro è un triste paese, anche quando la norma è giusta (gli esami di selezione per l'ammissione ) riusciamo a corromperla e quindi le prove, che non dovrebbero essere un semplice proforma (l'obiettivo essenziale comunque è c'entrato : 9 su 10 restano FUORI) ma garantire che quell'uno che passa ed entra sia veramente il più BRAVO.
E invece così non pare che sia, nei quiz compare la grattachecca.....e giustamente da Pierluigi Battista, sul Corriere, arriva la "legnata" .
Buona Lettura

La notizia che la «grattachecca» è diventata materia di test di ammissione universitaria fa un po' ridere. Ma fa anche un po' piangere. Non per colpa di quella deliziosa pozione di ghiaccio tritato imbevuto di sciroppi. Ma per il senso di oramai totale arbitrarietà, fatuità, gratuità dei criteri di selezione per l'accesso all'università. Fa anche un po' piangere, certo. Per l'immagine degli esperti chini sui loro lavori che elaborano domande avendo smarrito ogni gerarchia di valore e di importanza delle cose.

Per l'ammicco facilista che la sindrome della grattachecca rivela nei geniali fabbricatori di test. Per la stessa mistica del test, che è diventata una parodia del quiz: un grande divertimento se messo nelle mani di Mike Bongiorno, una grande tristezza se concepita e attuata dai guardiani che dovrebbero essere messi a difesa del tempio del sapere. La grattachecca, ovviamente, è innocente. È buonissima: sia detto senza indugio da chi, come chi scrive, ha frequentato intere estati giovanili al chiosco della «Sora Maria» esplicitamente menzionata dal test, dove la specialità prelibata era un miscuglio ghiacciato di amarena, cocco, tamarindo (con scorza di limone). È una cosa molto romana. Altrove ci sono le granite (o le granatine), che non sono esattamente la stessa cosa. Ma il romano-centrismo, anche se praticato in una facoltà romana di studi sanitari, è pure discriminatorio nei confronti di chi, cresciuto lontano da Roma, della «Sora Maria», purtroppo per lui, nulla sa.

Il paradosso della grattachecca rivela la disperante disattenzione riservata agli studi universitari. Denuncia una nozione bizzarra e vagamente folle della «cultura generale» su cui dovrebbero cimentarsi gli studenti impegnati nei quiz. È la prova provata che il quiz non va bene, non può andare decentemente bene come criterio selettivo serio e affidabile. Ora è la grattachecca, ma fosse stata la polenta o la minestra di farro dieteticamente corretta sarebbe stata la stessa cosa. È il disastro in cui siamo precipitati, abbacinati dal glamour dei test e respinti dalla cultura che fa faticare per essere appresa. La grattachecca fa ridere. Ma quanto fa piangere.

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