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domenica 4 novembre 2012

L'ELOGIO DEL PORNO A 21 ANNI



L'ELOGIO DEL PORNO, da parte di una ragazza di 21 anni, tale Valentina Nappi, tutta orgogliosa del sui debutto in un film pornografico, coronamento del suo sogno... In maniera più forbita, alla domanda rivoltagli dal Corriere della Sera sul perché di tale scelta, la giovanotta riprende concetti in qualche modo già esportati dal cultore del porno soft italiano, Tinto Brass. Vengono tirati in ballo concetti importanti come arte (??), cultura (??), estetica (??) e libertà...ecco, quest'ultimo concetto lo capisco di più : la gente adulta può fare quello che vuole, e se a 21 anni sei giovane , sei anche maggiorenne. Sicuramente con quella testa Valentina  fa più danni votando che nel prostituirti per denaro, via cavo o cinepresa che sia. Quello che contesto è voler nobilitare qualcosa che nobile non è. Le femministe ci hanno spiegato che la donna è padrona del proprio corpo e può fare quello che vuole con esso. Devo dire, e l'ho apprezzato, che le "cape" storiche sono state anche coerenti ai tempi del ruby gate, prendendo le distanze da quelle frustrate del "se non adesso quando ?" ( ci sono ancora ? se si , che fanno ? ),  tanto agitate dal "devastante, diseducativo, abominevole mercimonio del corpo femminile che si sarebbe svolto ad Arcore e in altre dimore del Satrapo Berlusconi e della sua genia".  Escort ? Prostitute ? ragazze disposte a tutto pur di avere soldi facili o aiuti per i loro sogni di veline, conduttrici, stelle, anche piccole e brevi,  del mondo dello spettacolo ? Per le femministe sono affari LORO, libere di farlo. Senza moralismi, e senza ipocrisie. Non ci avrei mai creduto che un giorno sarei stato con loro sulla stessa barricata.
Quindi nessun biasimo per la giovane Valentina, ma la filastrocca - come detto nemmeno originale, solo espressa in maniera più arzigogolata - sullo sdoganamento della pornografia, sul voler riscattare la figura della meridionale bigotta per riproporre quella pompeiana antica , liberamente dedita alla lussuria, quella ne avrei fatto volentieri a meno.
Più onesta mi parve allora una delle bellone di Arcore , non mi ricordo il nome (erano tante...) , che , accusando di invidia e frustrazione quelle che le criticavano, rivendicò il diritto di usare il proprio corpo, la propria bellezza per avere soldi, lusso, le cose che tutti vogliono ma non tutti possono avere.
Non fece  bei discorsi, ma di se' disse la verità (e forse anche di qualcun'altra ...).
Riporto l'articolo come pubblicato dalla Redazione On Line del Corriere e qualche commento che ho trovato più significativo.
Buona Lettura


Sogno di essere una pornostar

nappi

Valentina Nappi, 21 anni, napoletana, studia design all’università. Ma nel suo futuro non vede case da arredare o mobili da disegnare: Valentina sogna di diventare una pornostar.  Il suo sogno “ridicolo”, come lo ha definito nel testo che segue, si sta realizzando: ha già lavorato con il re italiano del settore, Rocco Siffredi, e il 9 maggio uscirà il suo primo film. La pornografia per Valentina non è solo un’attività ma una battaglia culturale: “Sogno un porno che occupi un posto di primissimo piano nel mondo della cultura”, scrive nell’introduzione al suo blog inpuntadicapezzolo.it.   

Si definisce performer perché quello che produce sono azioni. Ma la pratica da sola non basta. Attraverso il suo lavoro, Valentina vuole promuovee  idee e valori: riportare il porno in una dimensione culturale, più vicina all’arte e al design. In un’intervista ad AgoraVox ha detto: “Mi piacerebbe sfatare il mito della napoletana tradizionalista, pudica e monogama. Mi piace pensare che il sangue partenopeo sia quello degli antichi..e Pompei all’epoca voleva dire raffinatezza, edonismo, lussuria”. Abbiamo chiesto a Valentina Nappi di raccontare ai suoi coetanei di Solferino 28 anni  che significa essere una pornoperformer a vent’anni. Ecco la sua risposta: 

"Io e la pornografia: genealogia di un sogno “ridicolo” 

Dicembre 2009. Girona. Pomeriggio. Taxi per Roses, Cala Montjoi, Ristorante El Bulli. Inizio della cena. Urto frontale con le emozioni più potenti che una pratica umana contemporanea possa procurare. È l’inizio, per me, di un filone d’evoluzione cruciale, che mi porterà ad essere la giovane donna che sono, fieramente votata a un’attività la cui rilevanza è ingiustamente misconosciuta o fraintesa: la pornografia. Si parte da qui: da El Bulli, da Ferran Adrià. Mai avevo pensato che della “roba da mangiare” potesse dare tanto. Eppure non avevo una concezione “idealistica” delle gerarchie estetiche: già detestavo il razzismo culturale da liceo classico deteriore, amavo l’artigianato, non mancavo mai di sottolineare i contenuti cognitivi della tecnica sartoriale o gli aspetti tutt’altro che “modaioli” di certa moda (McQueen, ad esempio), che tra l’altro era il mio interesse principale. Ma la moda è pur sempre legata al linguaggio visivo-plastico-topologico-funzionale proprio dell’architettura e del design, e in fondo non è difficile riconoscerne il valore. Invece per la cucina il discorso è diverso, perché i sensi del gusto e dell’olfatto sembrano avere a che fare con la sfera pulsionale – e quindi più primitiva, meno “nobile”, o comunque meno “astratta” e complessa – dell’umano. Ebbene, il pregiudizio appena enunciato è stato magistralmente decostruito – non con i mezzi della filosofia ma con quelli della poiesi, del fare, dell’effettivo realizzare – dal genio di Ferran Adrià. Non amo il decostruzionismo di maniera. Amo invece le decostruzioni quando sono “potenti”, cioè supportate da necessità forti e dotate di conseguenze feconde, come ad esempio la decostruzione dei concetti kantiani di spazio e di tempo ad opera di Einstein, la decostruzione della semantica referenziale della pittura ad opera di Kandinskij o la decostruzione dei pregiudizi (tardo)romantici circa la non artisticità della fotografia ad opera della Photo Secession. Al pari di queste ultime – al di là delle ovvie differenze – anche quella operata da Adrià è stata una decostruzione “potente”, che è derivata da necessità “logiche” e poietiche inderogabili. Il mio sogno sulla pornografia nasce dall’esperienza per me folgorante della cucina di Adrià. Mi sono chiesta: perché non anche nella pornografia un fermento analogo? Certo, c’è una differenza non da poco. Infatti uno sdoganamento vero – cosa ben diversa dalla semplice legittimazione – della pornografia – legata essa com’è alla sfera sessuale, la quale ha un’enorme problematicità nelle sue implicazioni emozionali e sociali – pone necessità decostruttive ancor più ardue da far accettare come plausibili. C’è il problema del diffuso riconoscimento del disvalore (umano, emozionale) di una sessualità a carattere non privato e non dilettantesco. È un po’ come se si dicesse che la vera cucina è quella che si fa per le persone che si amano, mentre la cucina professionale destinata a un pubblico di estranei è un’aberrazione umana e professionale – e non semplicemente una cosa diversa. Ma è davvero così vincolante tale percezione dei rapporti tra sfera sessuale e socialità, da delegittimare qualsiasi forma di artigianato del piacere sessuale (procurato “live” – o in maniera mediata come nel caso della pornografia) a carattere non privato e non dilettantesco? È possibile un artigianato fine del piacere sessuale, o basta saziare degli affamati? È possibile una tekne del piacere sessuale (“live” – o mediata) che stia alla sessualità di coppia come la cucina del grande chef sta alla cucina della mamma? È un delirio, il mio? O forse è solo un sogno “ridicolo”? Sono forse una donna non “autentica”? E qual è la “vera” donna? Non c’è qualcosa di nazista in certi appelli al “vero” e all’”autentico”? Il mio sogno di giovane donna che fa pornografia è di riuscire ad avere la meglio sui vari nazismi che da sempre hanno provato – ridicolizzando, diffamando, sminuendo – a tarpare le ali a ciò che è “degenerato”.  "


I COMMENTI 

<< Valentina,
spero che la mia non sia una battuta infelice ma…
i dialoghi nel porno non sono importanti, il tuo linguaggio, che sembra forbito, non ti servirà a molto.
Approvo l’idea estetica, il tentativo di nobilitare il porno, nella fotografia ci si è già riusciti, nella video-pornografia credo di no (non so, non sono un esperto).
L’idea della napoletana tradizionale…
non preoccuparti, il blog di solferino28 ha un pubblico leggermente al di sopra della media, non ti immaginiamo in grembiule “figliando” e mangiando pizza. >>

<<   Cara Valentina, da donna con qualche anno più di te, e cosciente di come i sensi gridano alla tua età, mi permetto di affermare che:
- se solo ti liberassi, fossi davvero libera dai retaggi culturali opprimenti, cattolici, demonizzanti e mortificanti ancora molto forti nel sud Italia, non sentiresti il bisogno del decostruzionismo di questa sfera del senso; vivresti il tuo corpo con naturalezza, piacere e sensualità, senza avere il bisogno di gridare il diritto all’impulso e al piacere in maniera così artificiale come la pornografia – che, di fatto, attutisce la finezza e il potere dei sensi.
- Pornografia, oltre ad essere spettacolarizzazione, è un approccio al sesso, che puoi sperimentare anche in privato. Prima di scegliere quale sia la maniera più bella di fare sesso.
- Infine, ti invito inoltre a riflettere sulla differenza tra sensualità (la tua riflessione parte dal “senso”) e sexy”>

<< E' un sogno adolescenziale  quello della sessualità senza ipocrisie e senza censure: ma scegliere la pornografia e fare di questa “devianza” (come la definisce nel suo blog la signorina partenopea) la propria vita dimostra ancora una volta una cosa che gli esperti sanno da tempo: ossia che vi è una traccia di stupidità nel perseguire concretamente questi sogni. >>


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