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domenica 23 febbraio 2014
UN UOMO SOLO PROBABILE, AL COMANDO, MICA TANTO
Angelo Panebianco, tra i grandi editorialisti è uno dei più ben disposti nei confronti di Renzi. Confida che la voglia di cambiamento del giovanotto sia reale, al netto della sconfinata ambizione e conseguente arrivismo politico. Adesso che è arrivato dove voleva - magari un po' male e potrebbe esserci un prezzo da pagare - è ovviamente atteso alla prova dei fatti.
Già ai primi ostacoli il nostro ha mostrato una perdita di brillantezza, come del resto sarebbe stato sorprendente che non avvenisse. A Firenze comandava lui alla fine ( "il mio voto conta 11" ricordava ai suoi 10 assessori), qui ha già dovuo fare importanti concessioni ad Alfano ( legge elettorale legata a filo doppio con l'abolizione del Senato) e a Napolitano ( e magari a BCE e Bruxelles) con Padoan al Ministero dell'Economia. Panebianco definisce poi un vero e proprio errore la destituzione della Bonino ad un ministero dove le conoscenze acquisite in campo internazionale e l'esperienza sono fondamentali.
In realtà, come sottolinea il professore, l'immagine dell' "uomo solo al comando" è meramente suggestiva, perché in Italia questo NON potrà MAI essere il Presidente del Consiglio dei Ministri, fermi restando i limiti impostigli da una Costituzione infarcita di pregiudizio anti decisionismo. E Renzi dovrà scoprire come agli avversari politici se ne aggiungeranno presto altri forse ancora più ostici : corporazioni e burocrazia, quest'ultima appoggiata da una magistratura amministrativa del tutto incompatibile con politiche di vere riforme.
Siccome questi nodi verranno al pettine, che Berlusconi non era meno decisionista di Renzi e dalla sua aveva anche un potere maggiore , sia elettorale che economico e mediatico, la speranza è che il neo Premier avrà il coraggio di denunciare con termini chiari e duri i mali ben noti, disposto a rischiare il collo pur di combatterli. Berlusconi non lo fece, perché alla fine la priorità di conservare una posizione che comunque tutelava lui e le sue aziende era prioritaria rispetto ad un duello, quello con la conservazione italica ( dove la sinistra conta bei baluardi, sindacato in primis) , dove deve rimanere alla fine un solo vincitore.
Ricordate Reagan, la Tatcher, Blair ? Ecco, persone così.
Vediamo se Renzi , al di là della diversità delle idee e dei programmi (che nessuno al momento conosce ) sarà di quella pasta.
Buona Lettura
Il velocista e il pachiderma"
A dispetto dei santi? Può un uomo, tutto da solo, «battere» il sistema, imporre le innovazioni necessarie là dove ogni istituzione che conta è costruita per premiare l’immobilismo? Benché l’espressione «un uomo solo al comando» sia suggestiva e sia stata utilizzata da molti per commentare l’ascesa politica di Renzi, bisogna riconoscere che è sbagliata. Non ci può essere nessun «uomo solo al comando» per la semplice ragione che manca il luogo del comando. Palazzo Chigi non lo è e non lo è mai stato. Tutti incrociamo le dita e speriamo che Renzi ce la faccia ma non è realistico sottovalutare gli ostacoli. Anche quelli nuovi, che si sono aggiunti con le scelte sulla composizione del nuovo governo. Una volta fatti gli apprezzamenti di rito per le novità, giovinezza, eccetera, eccetera, non si possono non considerare anche i problemi.
Ci sono almeno quattro punti critici. Il primo riguarda il fatto che il varo della legge elettorale è, nella sostanza, rinviato sine die . Si aspetta (fiduciosi?) la riforma del Senato. E siamo già tutti curiosi di vedere come reagiranno i senatori il giorno in cui saranno davvero chiamati a votare a favore del proprio suicidio collettivo. Senza parlare del prezzo che, al momento buono, Renzi dovrà pagare ad Alfano in materia di soglie di sbarramento. Il cosiddetto Italicum , il progetto di riforma elettorale del patto Renzi-Berlusconi, non è di per sé un granché ma si può scommettere che sarà ancora più brutto quando e se arriverà in porto.
Il secondo punto critico riguarda il governo dell’economia. Il governo Renzi sarà in realtà il governo Renzi-Padoan, come è giusto che sia. I due però dovranno, prima di tutto, imparare a conoscersi. Un uomo del valore di Pier Carlo Padoan sarebbe sicuramente un eccellente ministro dell’Economia in un governo di sinistra legittimato come tale dal voto elettorale. Ma dovrà svolgere il suo compito in un esecutivo che ha una diversa origine e nel quale Renzi deve fare il funambolo fra sinistra e destra, cercando continuamente di scompaginare i diversi fronti. E poiché Padoan si è in passato espresso a favore della patrimoniale, sarebbe consigliabile che il tandem Renzi-Padoan escludesse subito, solennemente, qualunque nuova forma di aggressione fiscale in un Paese già massacrato dalle tasse, impegnandosi a puntare tutto sulla riduzione della spesa. Scordatevi, altrimenti, la ripresa della domanda interna. La classe media continuerà ad avere paura dei governi e i consumi a languire.
Il terzo punto critico riguarda i rapporti fra l’Italia e il mondo. Non appaiono affatto convincenti la sostituzione di Emma Bonino agli Esteri e l’allontanamento di Enzo Moavero Milanesi, ministro agli Affari europei nel governo Letta. Per quanto riguarda la Bonino è ingeneroso addossare a lei la responsabilità per la questione dei marò (ai quali, giustamente, come primo atto del suo governo, Renzi ha telefonato), frutto dei pesantissimi errori dei suoi predecessori; e fare finta che non abbia guidato con intelligenza il ministero in diverse situazioni complesse e critiche. Soprattutto, quella sostituzione rivela una grave e preoccupante sottovalutazione, da parte di Renzi, del rapporto fra politica e burocrazia. Se puoi disporre di un ministro degli Esteri di vasta e vera competenza, ma al suo posto metti una persona, magari eccellente, ma non altrettanto esperta, vuol dire che stai deliberatamente consegnando la guida politica del ministero alla burocrazia del medesimo. Per un bel po’ saranno gli alti gradi della Farnesina, non il ministro, a decidere su tutti i dossier aperti.
Stesso discorso vale per Moavero. A detta di tanti osservatori ha lavorato assai bene, e sarebbe stato di grande utilità per Renzi, uomo privo, a differenza di Enrico Letta, di esperienza europea. Per farsi valere nell’Unione occorrono competenze e relazioni. Lì, i discorsi brillanti non impressionano nessuno.
E c’è, infine, il problema dei problemi: la burocrazia. Se non si sottomette il pachiderma, se non gli si fa capire chi comanda, nessuna innovazione è possibile. E il pachiderma è da tanto tempo abituato a schiacciare con le sue zampe chiunque si faccia venire la bizzarra idea di comandarlo. Come hanno scritto Alesina e Giavazzi (Corriere del 21 febbraio), o si impongono cambiamenti nell’alta dirigenza dei ministeri o il fallimento del governo è garantito. Aggiungo che va affrontato anche il problema delle magistrature amministrative (Corte dei conti, Consiglio di Stato), cani da guardia della burocrazia così come è. Ma per metter mano a una questione di tale complessità la volontà politica (ammesso che ci sia) non basta. Deve essere sostenuta da eccezionali competenze tecniche (e guai se sono competenze solo giuridiche: non se ne può venire a capo). Forse, e ce lo dobbiamo augurare, nel governo Renzi tali competenze ci sono, magari nascoste da qualche parte, e verranno fuori. Al momento, però, è lecito avere qualche dubbio.
Forse suona disdicevole alle orecchie dell’Italia bacchettona del politicamente corretto ma la vera ragione per cui Renzi è piaciuto a tanti è che si tratta di un giocatore di poker coraggioso e spregiudicato. È come uno di quei giocatori professionisti a cui tante altre persone, fidandosi della sua abilità, danno i soldi per fare una partita. È come se, premiandolo nei sondaggi, tanti italiani gli avessero affidato i propri risparmi. E lui se n’è servito fino ad ora facendo rilanci su rilanci. Adesso, è arrivato il momento di vedere le carte. Se il punto risulterà alto, bene per tutti. Se era solo un bluff, poveri noi.
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