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sabato 13 dicembre 2014

OSTELLINO : TROPPI GIORNALISTI "PAPPA E CICCIA" CON CHI HA IL POTERE




Come ogni sabato, appuntamento settimanale con Piero Ostellino e la sua rubrica : Il Dubbio.
Questa volta il "nostro" fa una riflessione sulla propria categoria, i giornalisti, e rimprovera quelli che non mantengono le giuste distanze da politici e detentori, a vario titolo, di qualche forma di potere (per esempio magistrati, più spesso PM).
Come potranno essere obiettivi nei loro confronti nel caso capitasse di doverne scrivere criticamente ?
E infatti la sensazione, con alcune firme specializzate, che si occupano di seguire questo o quel partito, o vivono nei palazzi di giustizia, è che obiettività ed imparzialità siano sparite anche solo come tentativo.
Buona Lettura



La giusta distanza dalle fonti del potere
di Piero Ostellino




Dello scandalo di Roma mi ha colpito, negativamente, oltre alla natura del fatto stesso, che persone non coinvolte nell’inchiesta avessero rapporti di troppa familiarità con i responsabili dello scandalo. Chi fa il giornalista dovrebbe, secondo me, evitare rapporti personali troppo stretti con le persone delle quali si deve occupare professionalmente. Che, professionalmente, chi fa il giornalista abbia a che fare con quelle stesse persone — politici, amministratori pubblici e privati — è nell’ordine delle cose. Li ho avuti anch’io e non ho ragione di pentirmene. Secondo me, è però assai meno nell’ordine delle cose un rapporto troppo intimo, come direbbero a Roma, del genere «pappa e ciccia». Sotto questo profilo, Roma — grazie ai modi molto coinvolgenti della sua popolazione nei rapporti sociali — è davvero, persino suo malgrado, la capitale «infetta» di una nazione «corrotta» (il Paese nel suo insieme) come recita un vecchio slogan. L’uomo politico che prende sottobraccio il giornalista che si occupa di lui per professione e gli dà una amichevole pacca sulla spalla lo ha già, suo malgrado e in qualche modo, corrotto. Il giorno in cui dovesse scrivere criticamente di lui, il giornalista rischierà, infatti, di chiedersi se fa bene a farlo data l’intimità che c’è fra loro. E, il più delle volte, finirà magari col lasciar perdere per non tradire l’amico…
Nel corso della mia carriera ho rifiutato offerte peraltro del tutto lecite, ad esempio di entrare in qualche Consiglio di amministrazione, motivate da ragioni culturali, ponendomi sempre la stessa domanda: «Se dovessi occuparmi professionalmente dell’istituzione nel Consiglio di amministrazione della quale ho accettato di far parte, come la metterei?». Così ho declinato l’offerta. Credo sia il frutto della lezione che ho appreso, fin da piccolo, da mio padre — un torinese tutto d’un pezzo — il quale, come direttore dello stabilimento di Napoli della Fiat Grandi Motori, riceveva ogni anno, in prossimità del Natale, molti regali, anche di gran valore. Ringraziava e li restituiva. Forse i suoi modi erano eccessivi e, con i tempi che corrono, io stesso sbaglio uniformandomici. Ma non è una questione di onestà. È un modo d’essere. Non ho mai cercato di spiegarlo a mio padre, che certamente mi avrebbe mandato al diavolo, e non lo spiego neppure a me stesso. Che morirò povero. Ma, evidentemente, si è come si è…

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