sabato 31 maggio 2014

MA CHE GLI HA FATTO RENZI AD OSTELLINO ?


All'indomani delle elezioni avevo letto il commento di Piero Ostellino e ne ero rimasto colpito per la durezza. D'accordo che un autentico leone del liberalismo sia infastidito dal plauso che persone che si dicono liberali rivolgono a Renzi, che certo ha il pregio di non essere comunista, ma democristiano di sinistra evidentemente sì. Il che peraltro è del tutto legittimo, visto che poi la sua carriera politica il neo Premier se l'è fatta partendo dai popolari, poi nella Margherita, infine nel PD, insomma MAI scegliendo la casa liberale (per dire, una Moretti, in gioventù Forza Italia l'aveva bazzicata...).
Le figure di riferimento di Renzi, in astratto, sono Blair in Europa e Obama in America (decisamente meglio il primo del secondo...), mica Reagan o la Thatcher. Insomma Renzi fa il suo, e lo fa evidentemente bene, visto il successo che ha. Semmai sbagliamo noi, di idee liberali, ad aspettarci politiche di quel segno da uno che liberale non è, e nemmeno ha mai detto di esserlo. 
Ma Ostellino non si limita a questa critica, che messa così trovo poco fondata, piuttosto mostra chiara avversione per l'uomo, definito furbo e cinico oltreché millantatore. Uno che decanta le cose fatte, e che non ci sono, come l'Italicum e il Senato, in corso d'opera ( e chissà se ...), mentre il Jobs Act assomiglia molto al pasticcio della Fornero, di cui pure vorrebbe essere la correzione. 
Di vero, ci sono gli 80 euro elargiti a milioni di dipendenti statali, una genialata elettorale che ha sortito lo scopo voluto, contribuendo sicuramente alla misura della vittoria. Nel frattempo la TASI , parole del governatore della Banca d'Italia, reintrodurrà la tassa sulla prima casa, fintamente abolita da Letta e invece solo condonata per l'anno 2013, e con consistenti aumenti anche se il prolifico Del Rio dice che sarà più bassa rispetto al 2012. Intanto l'imposta sul passaporto RADDOPPIA, come tutta la filiera dei valori bollati, il risparmio viene tassato come mai prima (forse ci allenano per una nuova patrimoniale, oltre quella che già riscuotono con la casa), la finanza viene punita, così da convincere chi aveva dei dubbi che è meglio investire in Irlanda e GB che non da noi.
Sono tutte cose sulle quali Ostellino ha ragione, ma che Renzi può fare con il favore della sua sinistra, mai contraria per principio alle tasse, e con il non sfavore di quella parte di centro che liberale certo non è, che è disposta, pur mugugnando, a farsi tosare confidando che poi però lo Stato impiegherà bene quei denari. Con Renzi, si è ravvivata la speranza che così potrà avvenire e gli hanno firmato una cambiale in bianco.
Insomma, se, come spesso ripete il bravo giornalista, i liberali in questo paese sono solo quattro gatti, un leader popolare non pesca certo lì il consenso che gli serve. A tutto questo poi si aggiunge la corsa sul carro del vincitore, l'osseguio al potente di turno, una vocazione nazionale al servilismo. Ma sono tutte cose che fanno parte della nostra Storia. Altri hanno fruito di tutto ciò in passato, ora è il turno del Toscano.



Partiti di governo e Stato totalitario



Il combinato disposto fra un ambizioso ragazzotto fiorentino — che non riesce a nascondere d’essere tanto cinico quanto furbo (Matteo Renzi) e che, da capo del governo, «fa finta di aver fatto» — e un comico ligure, non meno cinico e furbo, (Beppe Grillo) — che «fa la fronda, ma non sa fare opposizione e vota Mussolini» — ha resuscitato il «partito di governo»; paradigma del totalitarismo, quali sono stati, dapprima violentemente, il fascismo; poi, nel secondo dopoguerra, sofficemente, la Democrazia cristiana, condannata a governare per l’impossibilità del Partito comunista a farlo. Paradigma totalitario, a proposito del quale, se non altro, bisogna riconoscere alla Dc il merito di non averci creduto essa stessa.
Il «partito di governo» perpetua l’antropologica incapacità degli italiani a essere una vera comunità democratica. Caro Renzi, se io ce l’avessi con lei, come sostengono i suoi devoti paragonandomi, pour cause , a Grillo, farei il politico, non il giornalista. Ho rifiutato la candidatura elettorale che da più parti, compresa la sua, mi era stata offerta proprio perché — parafraso Machiavelli — «non sapendo occuparmi d’affari — né dei miei, come finanziere, né di quelli altrui, come politico — faccio la sola cosa che so fare, scrivo». Sarei felice se lei mostrasse di essere quel capo di governo che molti italiani vorrebbero fosse e, dopo il successo elettorale, sognano sia. Ma temo non ne abbia né la cultura, né la forza. Le do un consiglio. Se va ad un consesso europeo non dica più che ci va per mostrare che l’Italia è europeista e che, senza dire come, cambierà l’Europa. Qui, siamo ancora al millantato credito e nessuno le crede.
Dica, piuttosto, che non le sta bene un’Unione Europea che — secondo una divisione continentale del lavoro analoga a quella di Stalin nell’Urss dei suoi tempi fra le quindici repubbliche: io dò il mio acciaio a te, non a prezzi di mercato, e tu dai a me il tuo cotone, non a prezzi di mercato — costringe i produttori italiani a buttar via parte della propria produzione di latte e di zucchero per non superare le «quote» europee e l’Italia a comprare, poi, latte e zucchero dalla Germania e dalla Francia per coprire il fabbisogno nazionale. Se lo farà, mostrerà, da erede di Machiavelli, che la politica europea non la si fa con i pater noster , né «facendo finta di aver fatto, bensì misurando concretamente l’europeismo dell’Italia nei rapporti di forza con gli altri dentro all’Ue...
Non sono la sua furbizia e il suo cinismo a scandalizzarmi. Mi scandalizza la pubblica enfasi che lei mette su certe (modeste) decisioni, come l’elargizione degli ottanta euro a un certo numero di italiani. Temo sia la prova che la sua vocazione e quella del suo partito non sono solidaristiche, ma totalitarie, cioè di trasformare almeno una parte degli italiani in «dipendenti dalla carità di Stato». Invece di propagandare un’Italia che non c’è e che ce la farebbe grazie a ciò che lei «finge di aver fatto», smantelli una parte della Pubblica amministrazione e il Paese ce la farà con le sole proprie forze, oggi soffocate dall’eccesso di burocrazia. Ce la farebbe persino senza di lei, caro Renzi...

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