venerdì 28 novembre 2014

LA PALUDE STAVOLTA MINACCIA RENZI. MEGLIO NUOVE ELEZIONI .



Michele Salvati è uno degli opinonisti di sinistra che più apprezzo. Per i toni, oltreché per il pensiero e la forma con cui è espresso. Sostiene Renzi, ma non è un pasdaran del premier, tantomeno un ventriloquo (oddio, ne ha già così tanti...), a cui muove anche osservazioni critiche che però partono da alcune premesse non contestabili :
- l'Italia è messa male, molto
- servono dei cambiamenti verticali, difficili
- gli italiani, dopo decenni di benessere, all'inizio sudato, poi drogato (dalla spesa e dal debito pubblici), si ostinano a pensare che "passerà", che tutto tornerà come prima, si tratta di resistere sulle proprie posizioni, cercando di mantenere vantaggi e/o privilegi accumulati in passato, o di perderne il meno possibile
- l'Europa non è quella bella cosa che molti s'illudevano che fosse. Severa, più spesso, quando non addirittura matrigna.
Tutte queste cose NON sono colpa di Renzi, e di questo nessuno può dubitare, nemmeno Ostellino, che è, tra le persone intelligenti, il suo più feroce detrattore.
Date queste premesse, che condivido, Salvati fa una considerazione che sposo appieno : per fare le riforme difficili di cui abbiamo bisogno, occorre un governo forte ( anche nella personalità dei ministri, e qui mi pare che andiamo piuttosto maluccio in molti dicasteri), sostenuto da una maggioranza coesa. 
Bene -anzi male - dice Salvati, questa cosa NON c'è.
Il Parlamento uscito dalle elezioni del 2013 non ha nulla a che fare con la realtà politica attuale (basti dire il potere acquisito da Renzi, allora sconfitto da Bersani, ma anche il declino violento del Cavaliere e di Forza Italia), e non ha l'unità di intenti necessaria.
L'unica cosa sulla quale da quelle parti sono tutti d'accordo è nel non andare ad elezioni anticipate, che per tantissimi, MAI come in quest'occasione, significherebbero l'addio alle poltrone dorate di onorevoli. Una falcidia memorabile  e trasversale, che non salverebbe nemmeno i piddini, troppi infatti di matrice non renziana nell'attuale realtà parlamentare. Ma, come ha ben mostrato l'ultimo governo Berlusconi, se l'unico elemento di coesione è la sopravvivenza della sedia, si può galleggiare, non navigare. Renzi lo rimproverava a Letta, ma anche per lui la palude sta diventando realtà. Quali riforme, dopo circa 9 mesi (il tempo della defenestrazione del suo predecessore) sono state varate ? Legge elettorale ? Senato ? Jobs Act ? Una gran parte di questo problema sta nella scarsa solidità reale della maggioranza su cui, un Renzi non eletto, e con un pugno di seguaci veri (gli altri, come si sono sbrigati a salire sul carro del vincitore, sarebbero lesti a scenderne, e pure con una certa soddisfazione secondo me), non può essere sicuro di contare. 
Ci vorrebbero veramente nuove elezioni, dice Salvati, e anche in questo, e non da ora, sono d'accordo con lui.
Ma non c'è una legge elettorale adeguata...In effetti, gli hanno ucciso il Porcellum (che Renzi piange tutti i giorni, la domenica due volte) , e con il Consultellum la maggioranza assoluta se la scorda, anche prendendo il 40,8% dei voti (che non prenderà, a meno che anche alle politiche il 50% degli italiani se ne rimanga a casa!). Però avrebbe una maggioranza relativa VERA, forse finalmente coesa e coerente col suo programma, non quest'armata brancaleone, beneficiata dal suino defunto, dove i nemici del premier ( e segretario...) restano tanti, e comunque sufficienti, al Senato, a boicottarne le iniziative. Certo, può andare avanti a colpi di fiducia, contando sull'istinto di sopravvivenza di senatori e deputati, ma la corda, a forza di tirarla, potrebbe spezzarsi.
Potrebbe poi riuscirgli di varare il suo Italicum, e quindi alla Camera assicurarsi nuovamente una maggioranza netta, e stavolta SUA, e non del precedente gestore della ditta. Certo, resterebbe il Senato, ancora elettivo, ancora in un bicameralismo perfetto, e dove la maggioranza non verrebbe raggiunta. Ma magari quel 10/15% che manca potrebbe venire dall'amico Berlusconi, e i nuovi centristi di Alfano...Un patto del Nazzareno rivisitato e di legislatura, probabilmente meno litigioso della realtà attuale.
Sono ipotesi fantasiose ? Può darsi benissimo, però così, a strappi, non si può andare avanti. Non sono tempi per i governicchi italici che pure per lo più abbiamo conosciuto. 
Buona Lettura



Italia da ricostruire 
servono anni di riforme senza l’assillo del voto



È una notevole consonanza di «gufi», di pessimisti, quella che esiste tra Galli della Loggia e me, e anche questa volta condivido in larga misura il suo editoriale del 20 scorso. È vero, il normale trantran democratico a livello nazionale e il normale funzionamento delle istituzioni europee non riescono a generare risposte efficaci al ristagno economico e all’insoddisfazione dei cittadini. E anche quando si producono scossoni politici che di «normale» hanno ben poco — è quanto avvenuto in Italia con le elezioni del ‘94 (Bossi-Berlusconi) e del 2013 (Grillo) — i governi che ne seguono non sono in grado di aggredire i fattori profondi che trascinano il Paese verso il declino. Non sono in grado di farlo sia per l’immane difficoltà del compito — i fattori di inefficienza e dunque di declino si sono aggrovigliati in un vero e proprio nodo gordiano — sia e soprattutto perché il normale funzionamento di una democrazia rappresentativa impedirebbe anche a un nuovo Alessandro di reciderlo con la spada. La spada non è ammissibile in democrazia e sicuramente Renzi non è un nuovo Alessandro. Renzi è un abile politico democratico, attento al consenso elettorale come lo sono (e lo devono essere) tutti, il quale è riuscito — non piccolo merito — a spostare il suo partito su una linea riformistica adatta alla situazione in cui si trova il Paese: le riforme economiche e sociali che intende fare, e solo in piccola parte ha fatto, vanno nella direzione giusta. È anche consapevole della difficoltà del compito, altrimenti non si capirebbe la sua insistenza sulle riforme istituzionali, costituzionali ed elettorali che ha impostato. Le democrazie sono per natura dei decisori lenti, ma la lentezza e l’inefficienza dei nostri governi e della nostra amministrazione pubblica sono anomale e le riforme proposte sono proprio mirate a ridurre questa anomalia. Dunque, consentire governi di legislatura relativamente omogenei, ma soprattutto robusti e durevoli quanto è necessario per resistere alle reazioni che alcune riforme possono provocare e alla lentezza con cui matureranno i loro esiti. Ma di qui a convincere il Paese del giudizio drammatico che Galli della Loggia e chi scrive danno della situazione nella quale ci troviamo — e dunque suscitare uno spirito da «seconda ricostruzione» — ce ne corre.
Ai tempi della prima, la miseria e una guerra persa costrinsero gli italiani a rimboccarsi le maniche; oggi la gran parte dei nostri concittadini nutre ancora l’illusione che ciò non sia necessario e che ognuno possa difendere i vantaggi individuali di cui gode. Dunque: «trovare i toni di drammatica verità e serietà che sarebbero necessari a indicare davvero un nuovo cammino al Paese» non è facilmente compatibile con il messaggio di ottimismo e di fiducia cui Renzi intende affidare il suo successo elettorale.
Di qui la fretta, gli annunci, le leggi che stentano a trasformarsi in provvedimenti attuativi, le dichiarazioni avventate. Il premier sa benissimo che il tempo gli gioca contro, che «rischia di esaurire il consenso ben prima che arrivi la guarigione», come scrive Antonio Polito ( Corriere , 22 scorso). Ma la guarigione, intesa come la ripresa della crescita, non può arrivare in tempi brevi, per quanto azzeccate possano essere le riforme del governo: troppo profondi i guasti che ereditiamo dal passato e troppo esitante il sostegno che riceviamo dall’Europa.
Né Renzi, né chiunque altro, riuscirebbe a guarire d’incanto il malato italiano e temo che chi lo critica — anche giustamente, su singoli atti o provvedimenti — non valuti in modo realistico o la gravità della situazione italiana, o la necessità di un continuo consenso cui un governante è tenuto in democrazia, o entrambe le cose.
Ed è per questo che credo poco alla scadenza naturale della legislatura: i tre anni abbondanti che ci separano da quella data sono i peggiori per Renzi, con una situazione economico-sociale che non darà molti segni di miglioramento, con un Paese che invece tale miglioramento aspetta e presto si stancherà di annunci e di promesse, alla guida di un partito segnato dal malcontento, di un gruppo parlamentare riottoso a seguire le indicazioni del premier, di una coalizione di governo fragile e instabile.
Quanto sarebbe meglio, per lui e per il Paese, se egli potesse arrivare a nuove elezioni prima che il consenso che ha raccolto si esaurisca e iniziare un quinquennio di riforme senza l’assillo di altre elezioni.
Ma per questo è necessaria almeno una nuova legge elettorale e gli alleati di Renzi non hanno alcuna voglia di elezioni in tempi brevi, perché sancirebbero la loro attuale inferiorità rispetto al Pd: alle ripetute dichiarazioni di Renzi che egli intende arrivare fino al 2018 credono poco ed esitano ad offrirgli gli strumenti che gli consentirebbero di interrompere la legislatura. E di mezzo ci sarà l’elezione del presidente della Repubblica, che creerà turbolenze dall’esito imprevedibile. Insomma, nei prossimi mesi l’abilità politica di Matteo Renzi sarà messa a dura prova.

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