sabato 29 novembre 2014

L'ODIO PER LA LEGGE


"L'odio per la legge". Non sapevo che Hegel avesse coniato questo concetto, spiegandolo come la conseguenza dell'incomprensione del senso di una norma. 
E' il destino che tocca ad un istituto come la prescrizione, nonostante Vincenzo Vitale, nel suo bellissimo articolo su Il Garantista, si affanni a dire che la ratio dello stesso non è così imperscrutabile, anzi.
Ma io ci parlo con la gente comune, ed in effetti per la maggior parte non c'è limite temporale alla punizione di un colpevole. SI sono impiegati 20 anni per scoprirlo ? Pazienza ! 
Vitale spiega molto bene perché non è così, ma non mi meraviglia la "semplicità" (mettiamola così) logica delle persone comuni (che mio pare Renzino voglia affrettarsi a compiacere, more solito).
E sì, ha ragione Hegel, la legge, quando non è come piace a noi, la odiamo.



Il Garantista

Cancellare la prescrizione? Una follia da Paese incivile

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 Vincenzo Vitale


Dopo la sentenza della Cassazione che ha dichiarato prescritti i reati del caso Eternit di Casale Monferrato, si risollevano voci che chiedono la riforma della prescrizione, soprattutto nel verso di un suo deciso ridimensionamento. La stessa Associazione nazionale magistrati propone o l’abolizione pressoché totale della prescrizione oppure, in alternativa, una sua operatività fino alla sentenza di condanna di primo grado: non oltre.
In proposito, va subito stigmatizzato l’ennesimo caso italiano in cui si cerca di imbastire un ragionamento sulla scia di una forte e comune emozione (quella appunto suscitata dal caso Eternit) ma non sulla scorta di un serio approfondimento capace di portare alla luce i veri problemi. Innanzitutto, va notato che se si accettasse la proposta della Anm di bloccare del tutto la prescrizione dopo la sentenza di condanna di primo grado, l’esito sarebbe di capovolgere la presunzione di innocenza – stabilita dalla Costituzione fino alla sentenza definitiva – in presunzione di colpevolezza.
Solo in base a questo inammissibile rovesciamento, giuridicamente aberrante, tale blocco potrebbe essere concepibile: ma adottandolo, dovremmo vergognarci e rischieremmo di essere espulsi dal consesso degli Stati civilizzati. Non solo. Si deve anche considerare che una buona percentuale (oltre il 60%) delle sentenze di condanna di primo grado viene riformata in appello, in senso più favorevole all’imputato. Se perciò si bloccasse la prescrizione dopo la condanna di primo grado, l’effetto sarebbe quello di perseguire comunque persone che in oltre il 60% dei casi risulterebbero poi innocenti: l’erario non ne sarebbe certo felice, trattandosi in tutti questi casi di un’attività in pura perdita.
Il fatto è probabilmente che tutta questa opposizione per un istituto come la prescrizione non solo è un frutto emozionale, ma nasconde un più profondo, e meno visibile, disconoscimento delle più autentiche ragioni del diritto. Ci troviamo davanti insomma a una delle manifestazioni storiche di ciò che Hegel definì icasticamente “odio per la legge” (der Hass gegen Gesetz), vale a dire l’esito dell’incapacità di coglierne il senso.
Eppure il senso della prescrizione dei reati è lampante e tutti possono vederlo, anche i non giuristi. In prima battuta, sta nel fatto che la pretesa punitiva dello Stato non può essere mai eterna, senza limiti temporali che – anche se estesi – servano a controllarla ed incanalarla: lo Stato, fino a prova contraria, non è Dio. In secondo luogo, è ovvio che trascorso un certo tempo – per esempio dieci o dodici anni – dalla commissione di un certo fatto, è illusorio cercare seriamente di giudicarne le manifestazioni e il grado di colpa dei protagonisti: per parafrasare Foscolo, il tempo “traveste” ogni cosa: i testimoni non ricordano, i documenti sbiadiscono, le atmosfere e i contesti dell’epoca diventano fantasmatici, i protagonisti scompaiono…
Come si può seriamente fondare un giudizio processuale su queste basi così fragili? La prescrizione ci ricorda – a suo modo – un limite insito nella condizione umana, che è ineliminabile se non a patto, appunto, di odiare il diritto e, con esso, ahimè!, anche l’essere umano.

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