domenica 18 gennaio 2015

LEGA AL 12 % PD AL 34.. RISPETTO ALLE EUROPEE MATTEO 2 TRIPLICA, MATTEO 1 MENO 6%



Dovrà aggiornare le sue convinzioni il mio amico Riccardo che, all'elenco crescente non solo dei critici ma anche dei delusi (Ricolfi, Giacalone) e dei nuovi perplessi (Panebianco, Galli della Loggia) nei confronti del Premier in carica, rispondeva : eppure l'uomo ancora è molto popolare. Questa popolarità. favorità dalla mediocre offerta alternativa, si va vistosamente riducendo e questo trova un sintomo importante anche nei sondaggi. 
Personalmente, non sono mai stato tra quelli che hanno creduto al 40% come vera cifra della sinistra, sia pure in salsa renziana, , risultato drogato da troppi fattori eccezionali :
1) Renzi era insediato da poco, in pieno raptus annuncioide, e con la furbata degli 80 euro ai dipendenti ( non sono serviti alla crescita del PIL ma a quella della percentuale elettorale piddina avoglia !). A distanza di un anno l'effetto novità si va affievolendo, e i dati economici sono quelli che sono).
2) Si trattava di elezioni europee, col sistema proporzionale, vale a dire il massimo della "libera uscita", come Andreotti aveva efficacemente battezzato il voto scevro da calcoli più "pragmatici" .
3) Il livello di astensionismo, già da qualche anno in pericolosa crescita (pericolosa per la democrazia, ovviamente non per chi vince, al quale se andassero a votare solo i suoi genitori e qualche parente e amico stretto e fidato, andrebbe benissimo lo stesso), alle Europee ha superato largamente il 40%. Veltroni, un po' piccato, ha osservato che il suo 33% del 2008 in termini di voti significa un milione circa di elettori in più (12.100.000 contro gli 11.200.000 di Renzi).  
4) La sindrome Grillina, il timore che potesse prevalere una forza vista dai moderati come "sfascista". Conosco diversi amici che, per questa ragione, sia pure turandosi il naso, hanno votato PD. Oddio, alcuni, nemmeno ripetendosi il mantra del voto utile contro Grillo, ce l'hanno fatta, e si sono astenuti. Ma parecchi voti sono venuti anche da lì.
Ancorché qualcuna di queste situazioni finisse per ripetersi (l'ultima per esempio), tutte non è pensabile.
E infatti il PD, nelle più recenti rilevazioni, arretra di ben 6 punti e , se l'economia non inizia a migliorare, arretrerà ancora. Al momento, l'unico partito politico in salute e' la Lega, data addirittura al 12%, in avvicinamento a Forza Italia, ormai ancorata al 15, così come Grillo al 20. 
Certo, sono solo sondaggi. Ma di questo i nostri politici campano, e tra di essi Renzino raggiunge livelli di condizionamento psicologico che nemmeno il Cav dei tempi per lui gloriosi.
Infatti, avete notato ?, sorride sempre meno e le sue celebri battute ormai sono per lo più astiose.










Il Corriere della Sera - Digital Edition


La Lega a un passo da Forza Italia 
E i dem perdono 6 punti dalle Europee
Il centrodestra, se fosse unito, varrebbe il 36,3%
contro il 38,6 del centrosinistra

 

Lo scenario politico ad inizio gennaio presenta alcuni interessanti cambiamenti rispetto non soltanto alle elezioni europee ma anche all’ultimo sondaggio sulle intenzioni di voto pubblicato da questo giornale a metà novembre.
Il cambiamento non riguarda tanto la graduatoria dei partiti, che rimane invariata, quanto il consenso di due forze politiche: il Pd che, pur mantenendo il primato, fa segnare una flessione sia rispetto alle europee (-6%) sia rispetto all’autunno (-3,5%) e la Lega, che è in forte crescita e risulta più che raddoppiata rispetto alla consultazione elettorale del maggio scorso e in aumento di quasi 5% rispetto a novembre. Il cambiamento di strategia impresso dal segretario Salvini sta dando frutti sia in termini di popolarità del leader, attualmente al secondo posto dopo Renzi con valori raddoppiati rispetto a un anno fa, sia di intenzioni di voto. Va ricordato che nella sua storia ultraventennale la Lega ha superato il 10% dei consensi solamente in due occasioni (politiche 1996 e europee 2009).
Gli altri partiti si mantengono su livelli sostanzialmente stabili: il Movimento 5 Stelle si conferma la seconda forza politica nonostante i deludenti risultati alle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria, l’espulsione dal movimento o la defezione di alcuni parlamentari e la nomina del direttorio che ha suscitato preoccupazione per un possibile disimpegno del leader e perplessità per il metodo adottato per la nomina. L’inchiesta Mafia capitale, tuttavia, consolida il posizionamento e la diversità del movimento di Grillo rispetto ai partiti tradizionali.
Al terzo posto si conferma Forza Italia, in flessione rispetto alle europee e incalzata dalla Lega, probabilmente indebolita dalle tensioni interne, dalle difficoltà nel definire una strategia politica e dall’ambivalenza nei confronti del governo (si colloca all’opposizione ma dialoga con Renzi per la definizione delle riforme istituzionali e l’elezione del presidente della Repubblica). A seguire Ncd e Udc che sommati superano il 5%, Sel, sostanzialmente stabile, e Fratelli d’Italia che si mantiene sopra il 3%. Anche il dato dell’astensione si mantiene stabile e riguarda un elettore su tre.
Le perdite del Pd sembrano essere sostanzialmente correlate a quelle aree che avevano aperto il credito a Renzi con le elezioni europee e adesso sono in parte rientrate. In sostanza si tratta di tre segmenti: ceti professionalizzati che dopo aver investito sul premier, tendono a tornare nell’area di centrodestra (in particolare Forza Italia); i bassi titoli di studio, le persone di età medio/alta, le casalinghe, da un lato più esposti alla crisi, dall’altro più delusi nelle attese (qualche volta messianiche) verso il governo, che si orientano maggiormente verso la destra (Lega e FdI); infine giovani e studenti, che si orientano verso la Lega in primis e poi le forze centriste. Il Pd sembra quindi almeno in parte perdere il tratto di partito «pigliatutti» che era emerso con le elezioni europee. La Lega evidenzia una capacità attrattiva molto trasversale, conquista quasi dovunque, con la parziale eccezione dei ceti più scolarizzati e professionalizzati. L’immagine di partito nazionale attrae quindi i segmenti più diversi, confermando la validità della nuova strategia politica.
I sondaggi sulle intenzioni di voto inducono spesso a fare simulazioni per stimare il peso elettorale delle coalizioni. Si tratta di un esercizio puramente teorico, dato che i comportamenti di voto possono variare in relazione alle alleanze e ai leader che le guidano. Ad esempio non è affatto scontato che Forza Italia, Lega, Ncd-Udc e Fratelli d’Italia si possano alleare (appare infatti difficile trovare un denominatore comune tra forze politiche molto più distanti oggi che in passato) e riescano a definire un leader senza scontentare una parte dell’elettorato di provenienza dei singoli partiti alleati. Pur con queste riserve, sulla base dei dati del sondaggio odierno il centrosinistra (Pd e Sel) prevale sul centrodestra «allargato» di poco più del 2%.
E il governo? La flessione di consenso registrata tra settembre e dicembre sembra essersi stabilizzata. Le vicende avvenute a cavallo del nuovo anno non hanno inciso particolarmente: il clamore suscitato dal decreto fiscale e dal sospetto di aver voluto favorire Berlusconi non ha penalizzato l’esecutivo e l’attentato parigino sebbene abbia suscitato grande emozione nel nostro Paese non ha determinato la crescita di consenso per il governo e per le istituzioni che solitamente accompagna gli eventi drammatici. In questi mesi è la crisi economica a guidare le opinioni. L’inversione di tendenza nella popolarità del governo dipenderà più dall’andamento dell’economia che dalle pur auspicate riforme istituzionali o dalla scelta del nuovo presidente della Repubblica. 

Nando Pagnoncelli 

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