martedì 16 giugno 2015

RENZI INTERVISTATO DA GRAMELLINI DICE COSE ESPLOSIVE : BASTA PRIMARIE E MARINO NON STIA SERENO...

 

Renzi e Gramellini è un duo da non perdere...un po' lo dico ironicamente, un po'  lo penso ed infatti ecco di seguito la chiacchierata tra il popolare ( e populista) Gramellini e il comunicatore un po' nervoso di questi tempi (dagli torto : dissolvimento del miracolo del 41%, Roma caos, Problema immigrazione esplosivo, Senato con numeri risicati) su La Stampa.
In effetti renzino, quando vuole, non si limita a dire cose banali ( la retorica della vittoria sempre e comunque, a dispetto dei numeri e, soprattutto, la corretta lettura politica degli stessi, che lui sa fare benissimo, ma in privato). 
Ed ecco che, in fila, abbiamo :
1) BASTA con le Primarie (senza le quali, però, lui non sarebbe diventato famoso, pur perdendo contro Bersani, e poi segretario, nel dicembre 2013). Dei candidati alle regionali, nesusno è renziano, ma il premier se li è fatti andar bene, e ora contento non è.
2) Marino NON deve stare sereno. Il che, pensando alla fine che ha fatto Letta, che invece poteva esserlo...
3) Ci sono troppi pochi renziani, specie nel partito, se no le cose andrebbero meglio. 
Sui primi due punti, con lo osservazioni fatte, si potrebbe concordare.
Le Primarie in Italia non hanno mai funzionato bene, forse con la sola eccezione proprio del duello Renzi - Bersani (e anche quello successivo, che lo elesse segretario). Prima erano un rito vuoto, che si sapeva benissimo come sarebbero andate a finire. Poi sono diventate una trappola, con il dominio, a livello locale, dei cd. capi bastone, quelli che riescono a mobilitare i voti, mentre la grande maggioranza dei futuri elettori stanno a casa ( per poi decidere di rimanerci anche il giorno delle elezioni vere). Che Marino debba dimettersi, lo sanno tutti. Non accade semplicemente perché farlo ora per il PD sarebbe esiziale, con vittoria certa di qualsiasi candidato dei 5 Stelle contro un esponente Dem, mentre forse, e sottolineo forse, potrebbe, in alternativa, farcela Alfio Marchini. MAI un democratico.
Ma non è detto che restare fermi non produca ancora più danni. Di qui l'idea, espressa molto chiaramente, di posticipare la caduta a settembre, dopo l'estate, in modo che le elezioni non si tengano prima di un anno circa, nella speranza, da qui ad allora, di raddrizzare un po' la rotta.
Ma che gli uomini di Renzi siano sto granché....In un altro post ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2015/06/il-carneade-mallegni-rieletto.html ) parleremo dei fratelli Manzione, Antonella e Domenico, "campioni" del renzismo...
Per carità di Dio...
Buona Lettura





Il premier: “Devo tornare il vero Renzi e voglio riprendermi il partito”

«Non ho scelto io i candidati; fosse per me la stagione delle primarie sarebbe finita»  

AFP
Renzi è presidente del Consiglio dal 22 febbraio 2014 e segretario del Pd dall’8 dicembre 2013



«Queste elezioni dicono con chiarezza che con il Renzi 2 non si vince. Devo tornare a fare il Renzi 1. Infischiarmene dei D’Attorre e dei Fassina e riprendere in mano il partito». Dopo lo schiaffone di Venezia, che segue di poche settimane quello di Genova, Matteo Renzi non si sente un leader dimezzato. Semmai doppio. Renzi 1 il rinnovatore e Renzi 2 l’istituzionale, che non porta voti e va quindi archiviato al più presto per ritornare alla foga rottamatrice delle origini. Perché nelle urne si può anche perdere, ma perdere con dei candidati imposti e in qualche caso addirittura subiti è il segnale di una leadership distratta o confusa. «Una cosa è certa: le primarie sono in crisi. Dipendesse da me, la loro stagione sarebbe finita». 



Nelle speranze di Renzi 1 (ma forse anche 2) lo strumento che lo ha lanciato nel firmamento della politica locale e poi nazionale doveva servire a selezionare una nuova classe dirigente in grado di intercettare l’elettorato in uscita dal berlusconismo. Non è andata così. «Casson, Paita, De Luca, Emiliano, Moretti. Io in quelle scelte non ho messo bocca.» E hai fatto male, sembra suggerirgli all’orecchio Renzi 1.  



Tutti si aspettavano che al ballottaggio una figura come Casson attirasse i voti dei Cinquestelle. Invece per i loro seguaci non esiste un Pd buono e uno cattivo. Pessimo segnale in vista dell’Italicum, dove gli elettori di Grillo e di Salvini potrebbero gemellarsi al ballottaggio contro di lui: «Ma era scritto che Casson perdesse. A Venezia mi è venuto incontro un signore: “Salve, sono l’unico renziano della città…” Era Brugnaro, il candidato del centrodestra che ci ha battuto.» Che ci siano più renziani tra i moderati che tra i progressisti non sembra preoccuparlo. «Questo è un paese moderato, vince chi occupa il centro. Con personalità. Perché se invece degli originali corrono le copie, allora non funziona. In Liguria la Paita non ha perso perché il candidato di Civati le ha tolto dei voti che probabilmente non sarebbero andati comunque a lei. Ha perso perché nell’ultima settimana il 5 per cento degli elettori di centro si è spostato verso Toti».  



Il Pd si è giocato anche Arezzo, la città di Maria Elena Boschi. «Storicamente ad Arezzo abbiamo vinto solo quando il candidato si chiamava Fanfani. L’ultimo è stato Fanfani Beppe…. I miei giudizi sul voto di domenica non sono in bianco e nero. In alcuni casi, è vero, perdiamo per mancanza di organizzazione. In altri però, come a Mantova, vinciamo dove la Lega è forte. La verità è che ormai la gente vota come le pare, sulla base della persona».  



Prima di rottamarlo, Renzi 1 concede a Renzi 2 l’onore della armi: «Al governo abbiamo fatto cose tecnicamente straordinarie: lavoro, giustizia, legge elettorale, divorzio breve, diritti civili. Anche l’immagine all’esterno è molto migliorata. Non siamo più i malati di Europa e durante l’ultimo G7 gli elogi pubblici di Obama alle nostre riforme sono stati quasi imbarazzanti. E basterebbe dare uno sguardo alle pratiche che abbiamo ereditato per capire che non è affatto vero che Letta era più competente di me, come ha scritto qualcuno (il sottoscritto, ndr)».  



Non è la prima volta che un premier si sente incompreso in patria. Il lamento perpetuo e le accuse ai «gufi» di remare contro fanno parte del Renzi 2. Renzi 1 promette di cambiare tono. E ritmo di marcia. «Da oggi le riforme sono più vicine, non più lontane. Adesso dovrò aumentare i giri, non diminuirli.» Ma per recuperare il consenso perduto sa che governare meglio l’Italia non gli basterà, se non comincerà a governare anche il Pd. «Devo tornare a fare il Renzi pure lì. E farlo davvero. Infischiandomene delle reazioni per aprire una discussione dentro il mio partito. Al governo non c’è mai stata un’infornata di persone in gamba come a questo giro. Penso alle nomine che abbiamo fatto: De Scalzi all’Eni, Starace all’Enel e Moretti a Finmeccanica. La vera accusa che mi si dovrebbe rivolgere non è di avere messo i miei al governo, ma di non averli messi nel partito».  


Restano da capire le ragioni di questa timidezza inattesa. Renzi, 1 o 2, del Pd è il segretario eletto. Ed è unicamente a quella elezione che deve la sua legittimità popolare. «Non ho messo bocca perché pensavo che astenermi fosse un presupposto per stare tutti insieme. E poi ci siamo dimenticati cosa scrivevano di me? L’arroganza al potere, la democratura… Ah, ma adesso basta, si cambia. Anche perché tra un anno si vota nelle grandi città. Torino, Milano, Bologna, Napoli, forse Roma.» Roma? «Se torna Renzi 1, fossi in Marino non starei tranquillo.» Renzi 1 diceva «sereno» ma insomma, ci siamo capiti

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