Renzi e Gramellini è un duo da non perdere...un po' lo dico ironicamente, un po' lo penso ed infatti ecco di seguito la chiacchierata tra il popolare ( e populista) Gramellini e il comunicatore un po' nervoso di questi tempi (dagli torto : dissolvimento del miracolo del 41%, Roma caos, Problema immigrazione esplosivo, Senato con numeri risicati) su La Stampa.
In effetti renzino, quando vuole, non si limita a dire cose banali ( la retorica della vittoria sempre e comunque, a dispetto dei numeri e, soprattutto, la corretta lettura politica degli stessi, che lui sa fare benissimo, ma in privato).
Ed ecco che, in fila, abbiamo :
1) BASTA con le Primarie (senza le quali, però, lui non sarebbe diventato famoso, pur perdendo contro Bersani, e poi segretario, nel dicembre 2013). Dei candidati alle regionali, nesusno è renziano, ma il premier se li è fatti andar bene, e ora contento non è.
2) Marino NON deve stare sereno. Il che, pensando alla fine che ha fatto Letta, che invece poteva esserlo...
3) Ci sono troppi pochi renziani, specie nel partito, se no le cose andrebbero meglio.
Sui primi due punti, con lo osservazioni fatte, si potrebbe concordare.
Le Primarie in Italia non hanno mai funzionato bene, forse con la sola eccezione proprio del duello Renzi - Bersani (e anche quello successivo, che lo elesse segretario). Prima erano un rito vuoto, che si sapeva benissimo come sarebbero andate a finire. Poi sono diventate una trappola, con il dominio, a livello locale, dei cd. capi bastone, quelli che riescono a mobilitare i voti, mentre la grande maggioranza dei futuri elettori stanno a casa ( per poi decidere di rimanerci anche il giorno delle elezioni vere). Che Marino debba dimettersi, lo sanno tutti. Non accade semplicemente perché farlo ora per il PD sarebbe esiziale, con vittoria certa di qualsiasi candidato dei 5 Stelle contro un esponente Dem, mentre forse, e sottolineo forse, potrebbe, in alternativa, farcela Alfio Marchini. MAI un democratico.
Ma non è detto che restare fermi non produca ancora più danni. Di qui l'idea, espressa molto chiaramente, di posticipare la caduta a settembre, dopo l'estate, in modo che le elezioni non si tengano prima di un anno circa, nella speranza, da qui ad allora, di raddrizzare un po' la rotta.
Ma che gli uomini di Renzi siano sto granché....In un altro post ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2015/06/il-carneade-mallegni-rieletto.html ) parleremo dei fratelli Manzione, Antonella e Domenico, "campioni" del renzismo...
Per carità di Dio...
Buona Lettura
Il premier: “Devo tornare il vero Renzi e voglio riprendermi il partito”
«Non ho scelto io i candidati; fosse per me la stagione delle primarie sarebbe finita»
AFP
Renzi è presidente del Consiglio dal 22 febbraio 2014 e segretario del Pd dall’8 dicembre 2013
«Queste elezioni dicono con chiarezza che con il Renzi 2 non
si vince. Devo tornare a fare il Renzi 1. Infischiarmene dei D’Attorre e dei
Fassina e riprendere in mano il partito». Dopo lo schiaffone di Venezia, che
segue di poche settimane quello di Genova, Matteo Renzi non si sente un leader
dimezzato. Semmai doppio. Renzi 1 il rinnovatore e Renzi 2 l’istituzionale, che
non porta voti e va quindi archiviato al più presto per ritornare alla foga
rottamatrice delle origini. Perché nelle urne si può anche perdere, ma perdere
con dei candidati imposti e in qualche caso addirittura subiti è il segnale di
una leadership distratta o confusa. «Una cosa è certa: le primarie sono in
crisi. Dipendesse da me, la loro stagione sarebbe finita».
Nelle speranze di Renzi 1 (ma forse anche 2) lo strumento
che lo ha lanciato nel firmamento della politica locale e poi nazionale doveva
servire a selezionare una nuova classe dirigente in grado di intercettare
l’elettorato in uscita dal berlusconismo. Non è andata così. «Casson, Paita, De
Luca, Emiliano, Moretti. Io in quelle scelte non ho messo bocca.» E hai fatto
male, sembra suggerirgli all’orecchio Renzi 1.
Tutti si aspettavano che al ballottaggio una figura come
Casson attirasse i voti dei Cinquestelle. Invece per i loro seguaci non esiste
un Pd buono e uno cattivo. Pessimo segnale in vista dell’Italicum, dove gli
elettori di Grillo e di Salvini potrebbero gemellarsi al ballottaggio contro di
lui: «Ma era scritto che Casson perdesse. A Venezia mi è venuto incontro un
signore: “Salve, sono l’unico renziano della città…” Era Brugnaro, il candidato
del centrodestra che ci ha battuto.» Che ci siano più renziani tra i moderati
che tra i progressisti non sembra preoccuparlo. «Questo è un paese moderato,
vince chi occupa il centro. Con personalità. Perché se invece degli originali
corrono le copie, allora non funziona. In Liguria la Paita non ha perso perché
il candidato di Civati le ha tolto dei voti che probabilmente non sarebbero
andati comunque a lei. Ha perso perché nell’ultima settimana il 5 per cento
degli elettori di centro si è spostato verso Toti».
Il Pd si è giocato anche Arezzo, la città di Maria Elena
Boschi. «Storicamente ad Arezzo abbiamo vinto solo quando il candidato si
chiamava Fanfani. L’ultimo è stato Fanfani Beppe…. I miei giudizi sul voto di
domenica non sono in bianco e nero. In alcuni casi, è vero, perdiamo per
mancanza di organizzazione. In altri però, come a Mantova, vinciamo dove la
Lega è forte. La verità è che ormai la gente vota come le pare, sulla base
della persona».
Prima di rottamarlo, Renzi 1 concede a Renzi 2 l’onore della
armi: «Al governo abbiamo fatto cose tecnicamente straordinarie: lavoro,
giustizia, legge elettorale, divorzio breve, diritti civili. Anche l’immagine
all’esterno è molto migliorata. Non siamo più i malati di Europa e durante
l’ultimo G7 gli elogi pubblici di Obama alle nostre riforme sono stati quasi
imbarazzanti. E basterebbe dare uno sguardo alle pratiche che abbiamo ereditato
per capire che non è affatto vero che Letta era più competente di me, come ha
scritto qualcuno (il sottoscritto, ndr)».
Non è la prima volta che un premier si sente incompreso in
patria. Il lamento perpetuo e le accuse ai «gufi» di remare contro fanno parte
del Renzi 2. Renzi 1 promette di cambiare tono. E ritmo di marcia. «Da oggi le
riforme sono più vicine, non più lontane. Adesso dovrò aumentare i giri, non
diminuirli.» Ma per recuperare il consenso perduto sa che governare meglio
l’Italia non gli basterà, se non comincerà a governare anche il Pd. «Devo
tornare a fare il Renzi pure lì. E farlo davvero. Infischiandomene delle
reazioni per aprire una discussione dentro il mio partito. Al governo non c’è
mai stata un’infornata di persone in gamba come a questo giro. Penso alle
nomine che abbiamo fatto: De Scalzi all’Eni, Starace all’Enel e Moretti a
Finmeccanica. La vera accusa che mi si dovrebbe rivolgere non è di avere messo
i miei al governo, ma di non averli messi nel partito».
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