Curioso di storie. Mi piace ascoltarle e commentarle, con chiunque lo vorrà fare con me.
sabato 27 luglio 2013
"NULLA SARA' PIU' COME PRIMA"
Nel vedere le cose di casa PD si resta in effetti un po' basiti. O questa gente sa cose diverse da quelle che compaiono sui quotidiani, il che può benissimo essere (ma in genere chi in passato ha dimsotrato di avere fonti attendibili diverse dalla vulgata comune è stato il Cavaliere, dato per morto sia alle elezioni del 2006 che a queste ultime e invece sopravvissuto alla grande, e i SUOI numeri si sono rivelati molto più giusti di quelli in possesso degli avversari ) , oppure veramente il masochismo, la predisposizione a farsi del male e destinarsi alla sconfitta è una vocazione della sinistra, come ormai è luogo comune ripetere.
So perfettamente che i sondaggisti sbagliano, e anche alle ultime elezioni si è visto. Però qualcuno meno degli altri...magari sono quelli più abili, che, come suggeriva Ricolfi, ricordando i pionieri di questa "non scienza", correggono i dati raccolti conoscendo i propri "polli ", vale a dire gli interrogati, noi italiani, che spesso non rispondiamo la verità ma quello che è più alla moda...Insomma, se non li si prende come vaticinii, e li sai interpretare correttamente, i numeri una mano a farti un'idea te la possono dare.
Fatta questa doverosa premessa, i sondaggi diagnosticano il PDL come primo partito, il che tra l'altro non è così sorprendente, se si pensa che a febbraio la rimonta del Berlusca, dato per morto, si è fermata ad uno 0,3% dal sorpasso. Chissà, un'altra settimana di campagna e la "non vittoria" di Bersani diventava una Caporetto che nemmeno Cadorna, e parlavamo di tutta un'altra storia.
Sia come non sia, il partito del Cav. è accreditato di un 28% che giusto Forza Italia dei tempi belli...(certo, nel 2008 raggiunse quasi il 38, ma era appena avvenuta la fusione con AN, che portava in dote un capitale di voti non inferiore al 12 % ) . Il centro destra, con la Lega in discesa ma ancora capace di un 4% e i vari minipartiti di destra, potrebbe prendere in caso di elezioni un 36% impossibile per la sinistra attuale ( che qualcuno quota al 34%, ma altri ancora meno, sia per il malpancismo al governo di larghe intese, sia per questo tutti contro tutti cui da tempo si assiste ) .
SALVO CHE non scenda in campo Renzi. Gli stessi sondaggi che indicano prevalente il PDL con i suoi alleati, affermano che la variante Renzi scompaginerebbe completamente il fronte, e con lui , sarebbe il centrosinistra a prendere il 36% dei voti e probabilmente di più, fino forse a sfiorare il 40%.
Questo oggi. Ma se continua il tiro al piccione, come lo chiamano da quelle parti, questo dato si conserverà ? Gli organi di fuoco mediatici del centrodestra si sono già messi in moto per demolire il personaggio Renzi, spulciando i conti del comune di Firenze, e quindi dissuadere gli elettori moderati e liberali che una certa fascinazione renziana la subiscono, fin dalla prima Leopolda. Il Sindaco ci mette del suo, con una sovraesposizione parolaia a cui , pare, finalmente abbia deciso di dar tregua. Ma la cosa peggiore è il fuoco amico ! Forse nemmeno nella peggiore DC si vedeva una lotta al coltello come quella cui si assiste nel partito democratico. Avoglia a dire che loro sono pluralisti, che si tratta di dialettica politica...Lì dentro c'è gente che pur di non far vincere il sindaco di Firenze, Berlusconi lo farebbero assolvere da tutti i Tribunali del Regno e, segretamente, tra il Cavaliere e Renzi a Palazzo Chigi, due incubi, alla fine sceglierebbero il primo !
Poi magari non va così, che quando si prospetta la possibilità di riuscire finalmente a vincere BENE le elezioni nazionali, anche la babele dei democrat si compatta ( non sempre, vedi l'affossamento prima di Marini e poi di Prodi nella corsa al Colle...) . Però si comprende bene lo stato d'animo del sindaco toscano che, uscendo dall'ennesima kermesse di L.go del Nazzareno, scuote la testa e si lascia scappare "questi sono matti".
Come vado dicendo da tempo peraltro, il 30 luglio le cose cambieranno, inevitabilmente. Quello che deciderà la Corte di Cassazione avrà una valenza in nessun modo limitabile ad una vicenda processuale, checche ingenui, babbei (quelli in malafede li capisco) vadano dicendo.
Tutte le cose di cui parliamo oggi, il 31 luglio andranno rivisitate. E questo vale anche per il caos democratico.
E bene lo rappresenta Verderami nella sua nota politica odierna sul Corriere della Sera, alla cui letura vi lascio
"Il paradosso del Pdl in crescita nei sondaggi"
Il 30 luglio sarà una data spartiacque: avanti Cassazione e dopo Cassazione. E la sentenza su Berlusconi sarà comunque di condanna: per un sistema politico o per il sistema giudiziario.Ma già oggi, prima del verdetto, il centrodestra deve fare i conti con il tempo che verrà. Perché, mentre di là Letta e Renzi si contendono il futuro, di qua non c’è nessuno: le idee sembrano finite, la classe dirigente appare smarrita, senza più alleati, senza più sindaci nelle grandi città, con il Nord appaltato alla Lega, e con un capo che lotta per la sopravvivenza. Eppure, proprio nel momento di massima difficoltà, il partito avanza nei sondaggi, svetta a livello nazionale, torna a cifre (oltre il 28%) che Forza Italia aveva toccato nei momenti di maggior splendore: «Può sembrare un paradosso — dice il ministro Lupi — ma non lo è. L’immagine di un leader solo e assediato contrasta con i numeri di una forza che ha ripreso a essere un punto di riferimento. E tutto ciò si deve alla capacità di Berlusconi di tenere unito il partito, alla sua azione di responsabilità sul versante di governo, alle sue proposte in materia economica, alle sue idee sulla necessità di riformare l’Europa e l’euro, che in Italia passano per provocazioni finché non le rilancia Cameron dall’Inghilterra». È questo il punto: con un Pdl schiacciato dal peso del Cavaliere e paralizzato dalle incertezze del «dopo Cassazione», la sentenza assume una rilevanza politica oltre che giudiziaria, «e crea — per usare le parole del ministro Quagliariello — un drammatico effetto da deserto dei Tartari, azzerando tutto». Forse sarebbe meglio dire «tutti». Tranne ovviamente Berlusconi. Ed è inutile attardarsi nei pronostici sull’esito del processo Mediaset e sugli effetti che provocherà, se davvero — in caso di condanna — Sua Emittenza ha già pronto un discorso per far saltare il governo, o se piuttosto — per tutta una serie di ragioni politiche e imprenditoriali — terrà fede alla promessa che ha fatto a Letta (Enrico) e che ha ribadito a Casini nei giorni scorsi, così da garantirsi indirettamente un posto al tavolo del potere, lasciare Renzi lontano da Palazzo Chigi per logorarlo, e attendere l’eventuale deflagrazione del Pd. Si vedrà. Di certo Berlusconi vive la vigilia soppesando l’ottimismo dei suoi avvocati con il pessimismo dei suoi più intimi pensieri, sebbene nelle ultime settimane si sia come trasformato. Perché dopo aver cercato invano di esorcizzare la vicenda fino a somatizzarla, adesso ha perfezionato un modello mentale come scudo, e si è convinto che — comunque andrà — per lui sarà un successo: «Se anche venissi condannato, dimostrerei che c’è una cosa che nessuno potrà mai sottrarmi. La leadership. Ho un piano per riportare il partito alla vittoria, credetemi». Non fosse un visionario che ha già smentito pronostici infausti, i dirigenti che lo hanno ascoltato avrebbero giustamente potuto pensare di avere a che fare con un matto. Invece l’hanno preso sul serio, sapendo peraltro che lui era e resta l’alfa e l’omega del Pdl. Perché ha ragione Rotondi quando dice che «se non c’è più Berlusconi non c’è più partito. Chi pensa di avere un avvenire dopo di lui, si illude». E visto che nel periodo «avanti Cassazione» nessuno nel Pdl ha messo a punto un piano, per il «dopo Cassazione» al Pdl non resta che il piano di Berlusconi, quel prototipo di Forza Italia 2.0 che somiglia molto al modello Cinquestelle, in presa diretta con l’elettorato e senza la mediazione di classe dirigente. Se così fosse, e se per di più il Cavaliere venisse condannato, il sistema dovrebbe fare i conti con due movimenti senza leadership parlamentare, segno evidente di una grave crisi delle istituzioni. D’altronde ciò che è stato il centrodestra oggi non è più, «la vecchiaia politica accomuna tutti noi», commentava Casini giorni fa osservando lo scenario di macerie. L’idea del Cavaliere parte da questo presupposto, e sembra un patto con il diavolo più che un progetto elettorale, perché arriva addirittura a prendere in considerazione il ritorno al Mattarellum, che il Pd gli brandisce come una minaccia, e che invece Berlusconi sarebbe pronto a sfruttare — almeno così teorizza — aggregando le forze satelliti che sono in costruzione. Ma si tratta di considerazioni scritte sulla carta, mentre è in attesa che le carte processuali decretino il suo destino personale e il destino politico di quanti lo circondano. Mentre c’è il rischio che un nuovo centrodestra cresca fuori dagli attuali confini del centrodestra. Perciò non resta che attendere la data che farà da spartiacque, e che comunque decreterà una sentenza di condanna. Fosse contro Berlusconi, il catalogo è questo. Fosse contro il sistema giudiziario, aprirebbe la strada ai referendum radicali sui magistrati. In un caso o nell’altro, nulla sarà più come prima.
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