giovedì 24 ottobre 2013

L'ALTRA STORIA DELLA FAMIGLIA KOSOVARA ESPULSA DALLA FRANCIA . PERCHE' HA RAGIONE VALLS


Non conoscevo i particolari della ragazza kosovara espulsa insieme alla famiglia dalla Francia, che tanta indignazione ha generato da quelle parti e anche da noi.
Li racconta Davide Giacalone, che ricorda il tempo in cui quella famiglia era stata in Italia. E spiega come.
Meglio leggere (per inciso, Manuel Valls è l'uomo politico più popolare di Francia, anche e forse soprattutto per questo suo rigore...)


Giusta espulsione


Il ministro degli interni francese, Manuel Valls, ha ragione: la famiglia kosovara, la cui figlia è stata prelevata durante una gita scolastica, doveva essere espulsa. Tale scelta, anche per il modo sbagliato con cui è stata eseguita, ha provocato dure proteste e ha diviso la Francia, al punto che lo stesso presidente, François Holland, è intervenuto per offrire alla ragazza (la quindicenne Leonarda) di tornare. Offerta caduta nel vuoto, perché l’interessata chiede di avere con sé la famiglia. Vicenda dolorosa, ma con cui si devono fare i conti. Posto che il buonismo di facciata non solo non li farà mai tornare, ma cela una atroce cattivismo.
La famiglia Dibrani era prima residente in Italia, a Fano. Qui il padre, Resat, è ben conosciuto da chi si occupò del caso: aveva occupato i locali di una scuola abbandonata e usava i figli per l’accattonaggio, sostenendo di non potere lavorare a causa di dolori alla schiena. Più volte le autorità municipali sono intervenute per chiedergli di mandare i figli a scuola, di non trasformare i locali pubblici in una specie di accampamento sudicio e di non delinquere. Richieste cadute nel vuoto. Quando si fecero più pressanti l’interessato disse che preferiva andarsene, avendo come destinazione la Francia. A quel punto alcuni membri della giunta comunale, con altri cittadini, fecero una colletta, gli comprarono una macchina di seconda mano, gli pagarono l’assicurazione e gli fecero il pieno. Avendo documenti italiani si mosse dentro l’area di Schengen, traversando la frontiera. Come sappiamo, visto che la figlia è stata espulsa nel mentre si trovava con i compagni di classe, qui non negò tale frequentazione, ma dovendo chiedere la regolarizzazione della presenza, sua e della sua famiglia, presentò documenti falsi. Ora, posto che qui non siamo in tribunale e che ci mancano gli elementi di dettaglio, posto che su queste pagine non si prendono provvedimenti, semmai si ragiona di cose collettive, a lume di naso le scelte possibili erano due: espellere tutti o togliere a quel padre la potestà sui figli, separando le loro sorti.
In Italia avevamo tollerato quel che non è tollerabile. In Francia hanno ritenuto di non fare altrettanto. Sostenere che fosse “umana” la condotta italiana, in base alla quale quei bimbi servivano per elemosinare e rendere accettabile (legittimo no di sicuro) l’occupazione abusiva di un bene pubblico, mentre “inumana” la scelta francese, mi pare risponda a canoni inaccettabili. Per questo credo che Valls abbia ragione (per la cronaca: socialista, lui stesso è stato naturalizzato francese, essendo nato a Barcellona, figlio di un catalano e di una svizzera).
Ma se è corretto il provvedimento, dove va a finire la cultura dell’accoglienza, che è forte in Europa ed è fortissima in Francia? E dove il rispetto per i diritti di quella ragazza? Il modo (sbagliato, lo ripeto) con cui è stata eseguita l’espulsione ha suscitato molta emozione, ma è una forma di razzismo il supporre che a genti venute da lontano non si applichi il diritto che applichiamo alle nostre. In particolare: a. l’accoglienza è non solo opportuna, ma anche conveniente per chi chieda di venire a lavorare e prosperare, difficile, invece, sostenere che sia saggia nei confronti di chi, come primo provvedimento, ritiene di barare, mentire e violare le leggi; b. a un padre che adotti quella condotta i nostri tribunali tolgono i figli e non per punizione, ma per tutelarli. I casi non sono pochi, nessuno felice.
Venire meno a questi principi è offensivo per la nostra storia e il nostro diritto, ma è offensivo anche per persone che, a quel che sembra, molti non ritengono degne di analoga considerazione. I diritti sono stampati su una moneta la cui altra faccia reca i doveri. Se sei cittadino del nostro Paese quella moneta può portare prezzi assai dolorosi, ove si tradiscano i secondi. Se non sei cittadino può portare l’espulsione. Ribadirlo serve a chiarire che non accettiamo l’idea che, da noi, taluni siano umani e altri a umanità ridotta. Far valere il diritto, su tutti, serve a evitare che il razzismo prenda la subdola forma della tolleranza verso l’intollerabile. Sembra buonismo, ma resta razzismo. Che va condannato sempre, comunque si manifesti.

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