martedì 20 maggio 2014

"IL COMUNISMO E' FALLITO MA ERA UNA BUONA IDEA". GRILLO, GRAZIE, CHE SEMMAI MI FOSSE VENUTO UN DUBBIO, NEL FUTURO, ORA SO CHE NON TI VOTERO' MAI


Faccio parte dei 3-5 milioni di italiani che hanno visto ieri sera tardi Grillo da Vespa.
Il personaggio a me non sta antipatico, e in passato, un paio di volte, sono andato a vedere i suoi spettacoli, mi sono divertito e ho pure ascoltato qualcosa con curiosità e attenzione.
Parlando di tutto lo scibile, capita di essere a volte d'accordo con lui - sicuramente sui sindacati, sul fisco che strozza autonomi e imprese (non solo le piccole e medie) - e chissà, magari un giorno, di fronte all'assenza di una proposta liberale credibile, e non fidandomi della capacità effettiva di Renzino di emanciparsi dalla sinistra radicale, invece di astenermi finiva che il voto glielo davo. Non l'ho mai pensato, a dire la verità, però nella vita....Invece ieri Grillo mi ha tolto ogni possibile dubbio, con la sua frase "il comunismo è fallito ma era una buona idea". Ecco, perfetto, stiamo bene così. Demenziale anche la chiosa successiva, laddove liquida il Capitalismo come ciò che "disintegra la società". 
Come ricordano spesso opinionisti e politologi liberali, il Capitalismo ha sicuramente i suoi lati d'ombra, a volte anche cupi, ma ha mostrato anche la capacità di correggerli e ridimensionarli. E comunque, con tutti i suoi difetti, è il sistema a cui si deve la prosperità di questo emisfero.  Grillo è un miliardario  (beato lui, buon pro gli faccia) e lo deve ad un sistema capitalista.
Quanto al Comunismo, quello che poi è stato realizzato, in cosa consisterebbe la buona idea ??
Ciò posto, il duetto con Vespa ha avuto anche momenti divertenti, che l'uomo conserva le sue doti teatrali, e tanti annunci roboanti chissà se hanno pure convinto qualcuno. Probabile, che quello era uno degli intenti.
Il servizio di Jacoboni, su La Stampa, mi sembra ben fatto e fedele a quanto ho visto.
Insieme, ci sono anche le "pagelle" di alcuni opinionisti del quotidiano, magari ai lettori del Camerlengo piacerà darci una letta.







Grillo, dalla “lupara bianca” al selfie con Vespa

“Io urlo, ma è rabbia buona”. Tra gag, monologhi torrenziali, “un milione di posti di lavoro lo dico io adesso”. E un “assegnone” al posto del Contratto con gli italiani
E così, ultima metamorfosi, il lupo s’è travestito da agnello. E s’è fatto pure il selfie con Bruno Vespa. 
Se quella di Silvio fu la serata del contratto con gli italiani, questa resterà forse quella dell’assegnone (Grillo sfodera i cinque milioni della restituzione della prossima parte di eccedenze degli stipendi dei parlamentari del M5S); e del capello azzurrino, dei monologhi senza teatro, dei bicchieri d’acqua e della saliva deglutita a mascherare l’emozione persino lui, vecchio volpone tv, degli «eh?» perché non sentiva le domande, dei diluvi torrenziali quando le sentiva e non rispondeva («Grillo! È un’intervista e non un comizio», e «ma stai scherzando? Io non venivo qua a farmi intervistare da te»), e dell’incredibile parodia e autoparodia: «un milione di posti di lavoro lo dico io, ora!», ha fatto a un certo punto Grillo, con Vespa che rideva perché sapeva che era tutto show, e si sentiva coinvolto nella parte. Ma è stata anche una serata furbo-soffusa - «voglio spiegare alle pensionate, anch’io sono un pensionato, che non sono Hitler» - in cui ogni tanto Grillo diceva «ci conosciamo da vent’anni», e Vespa ammetteva che sì, oppure Grillo gli faceva «non riesco a rilassarmi con te davanti», e Vespa «e che devo farti, un massaggino?»... 
Ecco. Dopo aver variamente evocato Hitler, o usato nel pomeriggio sul blog metafore tipo la «lupara bianca» («a Renzi faranno fare la fine di Letta e Monti, con la lupara bianca»), Beppe Grillo ieri era atteso a una delle performance più nazionalpopolari dell’anno. E così è stato. All’arrivo ha mostrato ai fotografi il plastico del castello di Lerici nel cortile di via Teulada, «da Vespa non fanno entrare le cose di plastica in studio ma fanno entrare Berlusconi». Entrato in studio guardava la foto dicendo «mi mettete sempre con la faccia ghignante per spaventare le vecchiette». E poi una performance inarrestabile, flusso di coscienza, i cui effetti sull’inerme elettore alias telespettatore-tipo di questa trasmissione sono onestamente impossibili da indovinare; ma escludere che possano essere stati proficui per il Movimento sarebbe avventato. 
È stata l’ennesima metamorfosi, da insurrezionalista a nazionalpopolare, dall’urlo alla modalità-Fantastico, del suo showman. «Una mossa politica, ci sono le elezioni, avete notato?». Dove’erano indistinguibili battute, provocazioni, proposte, frasi di repertorio: «noi siamo la rabbia buona», le «due slinguate di Renzi alla Merkel», il «processeremo gli imprenditori, gli editori, i giornalisti», o «il comunismo è fallito, ma era una bella idea; il capitalismo invece è questo, disintegra le società». Il tetto alle pensioni, «cinquemila euro, possiamo recuperare sette miliardi». Il «vinceremo, e il Pd dovrà farsi un esame di coscienza. Andremo al Quirinale, con la nostra gente, e diremo al presidente: lei ha fatto questa larga intesa, non ha funzionato, proviamo diversamente». In mezzo a tante teorie, per esempio quella della decrescita, spiegate un po’ così, con Vespa che esordisce dicendo «ero a Dubai due giorni fa..» e Grillo che lo interrompe dicendo «che eri a fare a Dubai?!?»... 
«Chi ruba allo stato avrà l’interdizione perpetua», ha annunciato a un certo punto Grillo parlando dell’Expo: «Tu non ci sei stato, lì, c’è un grande campo ma non c’è niente!». Ha citato Benedetto Croce, «l’unica rivoluzione è inserire una persona onesta». Ha sostenuto che «il voto sarà il più politico da anni, o noi o loro». «Se usciamo dall’euro? Lo deciderà il popolo italiano, non quattro c. di partito». 
Da Vespa c’era già andato, ma era un’altra vita. Era la serata elettorale del 1983, un voto in cui la Dc crollò (il crollo in Italia è un lento morire che dura trent’anni) e - come racconta Vespa - «quando Grillo vide che la Dc perdeva sei punti, staccò il ritratto di De Mita dalla parete e chiese: “Che faccio, lo butto?”. Io gli risposi: “Lascia perdere, può tornare buono”. E infatti De Mita non si dimise». Aveva ragione, ovvio, Vespa.

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