giovedì 8 maggio 2014

ORMAI LA RIFORMA AL SENATO E' UN CASO PSICHIATRICO


Tutti ce lo ricordiamo Renzino con le mani in tasca che salutava i senatori durante il suo discorso di insediamento come Premier, in una sorta di "morituri vi saluto". 
Non sta andando proprio così, e tra i pasticci in corso, perché finora più spesso questo sono i progetti di riforma che il premier sta provando a portare avanti, quello del Senato è il più melodrammatico.
Tanto che un osservatore arguto ma comunque moderato come Michele Ainis mostra di aver esaurito ogni pazienza, tanto da invocare il soccorso psichiatrico per i rappresentanti del popolo italiano (?).
Il problema, credo, sia stato determinato essenzialmente dalla scelta di Renzi di voler fare il presidente del Consiglio con un Parlamento di fatto a lui ostile. I parlamentari presenti sono stati eletti in quota PD ante Matteo, e quindi bersaniani e soci sono ben più numerosi della pattuglia dell'ex sindaco.
E' anche vero che dopo il suo approdo alla segreteria ci sono state molte migrazioni, ma intanto si tratta di fulminati sulla via del potere (quel poco che resta nei confini nazionali), gente che ha cambiato maglietta (non vogliamo chiamarli traditori ? voltagabbana ? comunque è gente di cui mi fiderei poco ) e che potrà farlo di nuovo, qualora gli equilibri si dovessero rispostare. Inoltre numerosi altri sono rimasti sulle loro posizioni, e se sono scomparsi dalla segreteria non così dalle aule e dalle commissioni dove anzi hanno un peso ancora decisivo.
Risultato, il Governo propone e il Parlamento disfa, con emendamenti continui. 
Non succede solo con il Senato, che il Job's Act, per la cui approvazione ci sono voluti due voti di fiducia su due testi DIFFORMI ( io mi soffermerei un attimo su questo assurdo ), cosi che ora la legge deve tornare alla Camera per una nuova approvazione. 
In realtà, per fare la rivoluzione soft a Renzi mancano i numeri, che potrebbe avere solo vincendo le elezioni politiche e portando in Parlamento eletti a lui fedeli o comunque più in linea col suo progetto. 
Così invece è una Casba.  Forse un netto successo alle ormai imminenti europee lo rafforzerebbe, rendendo tra l'altro anche più credibile la sua minaccia di elezioni anticipate (ma con quale legge elettorale ? Il proporzionale puro uscito dalla Consulta ? L'Italicum è un altro cantiere aperto ! ), e magari un progetto di legge del governo ce la farà ad essere votato senza snaturamenti.
Ma oggi non è affatto così.
Curioso, nei sondaggi Renzino vola, ma politicamente non era mai stato così in difficoltà come adesso. 
Di seguito, lo sfogo denuncia di Ainis

Senato, la Lotteria della Riforma
 
Finalmente la politica ha deciso: il nuovo Senato verrà eletto all’Enalotto. È l’esito del voto schizofrenico con cui la commissione Affari costituzionali ha avviato la riforma. Un voto al quadrato, dal quale sbucano fuori due Senati: uno eletto (secondo l’ordine del giorno Calderoli), l’altro no (secondo il testo del governo). Ma se è per questo, d’ora in avanti ci concederemo pure il lusso di due Stati: uno centralista (quello di Renzi, che toglie competenze alle Regioni), l’altro federalista (quello di Calderoli, che invece le incrementa). E il doppio Stato, col suo doppio Senato, timbrerà la doppia legge: una per mano dei soli deputati (così vuole il governo), l’altra con il voto d’ambedue le Camere (così vuole l’ordine del giorno).
Insomma, troppa grazia. Ma altresì troppa disgrazia, ad ascoltare gli improperi che rimbombano dai fronti contrapposti. Con Berlusconi accusato di tradimento sia da Renzi sia da Calderoli; ma il delitto è inevitabile, se hai due mogli in casa. D’altronde in questa pièce teatrale sono tutti bigami, nessuno escluso. Anzi: c’è chi è diventato trigamo, crepi l’astinenza. È il caso del Pd: una maggioranza (con Forza Italia) sulla legge elettorale, un’altra (con Alfano) sul governo, una terza (ma esiste?) sulle riforme costituzionali. Il simbolo della nuova stagione è Mario Mauro: ha votato entrambi i testi. L’uomo che vuole e disvuole. Subito infilzato dal medesimo anatema che già trafisse il dissenziente Chiti: cerca soltanto un po’ di visibilità. Da chi? Dagli elettori. Se non altro, ora abbiamo compreso il nostro ruolo: quello dei guardoni.
Ma forse è meglio distogliere lo sguardo, tanto non è proprio un belvedere. Per i miopi, giganteggia invece l’argomento con cui la presidente Finocchiaro ha archiviato l’incidente: l’ordine del giorno Calderoli sarebbe al più un consiglio, una preghiera. Dal precetto alla prece. Quanto al tormentone sull’elezione del Senato, si profila un compromesso: decideranno le singole Regioni, ciascuna a modo suo. Avremo quindi pattuglie di senatori eletti, nominati, premiati, sorteggiati. Dal federalismo fiscale al separatismo elettorale.
Ci sarebbe da allarmarsi, se l’intenzione fosse seria. Tranquilli, non lo è. Si tratta semplicemente d’una finta, un’ammuina. Fino alle europee, nessuno caverà un ragno dal buco. E dopo? Se vince Grillo, perderà l’Italicum: per Berlusconi troppo rischioso il ballottaggio. Se vince quest’ultimo, il presidenzialismo tornerà di moda. Peccato che ogni Costituzione rifiuti i vezzi del momento: se è una Carta a modo, non passa mai di moda. Non a caso quella degli Usa risale al 1787, quando nel Far West giravano gli Apache.
Ma intanto non resta che aspettare. E magari stilare un promemoria, per quando verrà il tempo delle decisioni. Primo: nel testo del governo, non è tutto oro ciò che luccica. Però non è nemmeno una patacca. L’idea dei sindaci in Senato, per esempio: magari sono troppi, ma l’idea non è affatto malvagia. O i 21 senatori nominati dal capo dello Stato: suona bislacca la nomina (un partito del presidente, suvvia), non altrettanto i nominati. Se Palazzo Madama svolgerà un ruolo di garanzia costituzionale, ben vengano esperienze e competenze. Basta trovare un altro criterio per selezionarle, non è così difficile.
Secondo: la legge sui partiti. E quella sulle lobby. E le primarie regolamentate. E il nodo della rappresentanza femminile. E la par condicio . E il conflitto d’interessi. Fino all’altro ieri tutti questi temi sembravano impellenti, adesso sono caduti nell’oblio. Sarà che la nostra attenzione è instabile e nevrotica, come quella d’un bambino. O forse sarà che i partiti, sotto sotto, non ne vogliono sapere. Ma la malattia del sistema politico italiano scava nel corpaccione dei partiti, e da lì contagia poi le istituzioni. Se curi soltanto le seconde, ti limiti alla superficie del problema. Come il malato che si rivolga al sarto, anziché al medico condotto. Però in questo caso serve uno specialista patentato. Quale? Lo psichiatra
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