Posto l'intervento di Pierluigi Battista in ordine alla questione scottante della condanna a sei anni di carcere degli scienziati componenti la commissione Grandi Rischi della Protezione Civile. Noi ci siamo dedicati molto sul tema ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/10/intanto-che-il-mondo-condanna-il.html )
, ascoltando e riportando le critiche e le obiezioni di coloro che invece sostengono che la condanna sia giusta (a volte confondendo, a mio avviso, il piano "morale" da quello giuridico ) .
Molte delle osservazioni fatte, le ritrovo nell'articolo di Battista e questo mi conforta. A chi giustamente osserva che le sentenze non andrebbero criticate in mancanza di una approfondita conoscenza della carte, Battista risponde, e io sono d'accordo, che in certi casi la situazione di fatto è NOTA ed EVIDENTE, e quindi le persone possono anche esprimere giudizi per Logica. Certo, la Legge risponde poi a regole tecniche e non necessariamente logiche, ma francamente nel caso di specie appare piuttosto evidente che ci si trovi di fronte ad una esigenza di punizione volta a riscattare l'ingiustizia di tante morti , anche a prescindere dalle COLPE effettive. E questa è una deriva che va condannata e contrastata, facendo scadere la domanda di giustizia in giustizialismo, che è cosa ben diversa. Certo non sono i giudici chiamati a legiferare e poi a controllare in materia di Prevenzione, però poi, quando accadono i disastri, le responsabilità vanno ricercate LI', in chi, in caso di norme di edificabilità, NON ha vigilato per la loro osservanza.
Non contro coloro che non hanno saputo prevedere le conseguenze di fenomeni la cui imprevedibilità è la regola scientifica.
Buona Lettura
“Caccia alle streghe contro la scienza”
Davvero non si comprende la preconcetta ostinazione con cui in molti commenti si nega che nella sentenza di condanna dell’Aquila ai sei scienziati non circoli un venefico sentimento antiscientifico, una voglia di caccia alle streghe realizzata non con i roghi ma con più sottili strumenti giuridici. È vero che solo in Italia può accadere che un sismologo sia accusato di «omicidio colposo», cioè di aver provocato la morte di un certo numero di persone. Ma è certo che nessun magistrato potrà scrivere esplicitamente che uno scienziato viene condannato per non aver previsto un terremoto. Non ce n’è bisogno: basta dire che un certo numero di persone sono morte perché un gruppo di scienziati si è reso responsabile di non aver dato un allarme preciso e circostanziato.
Ma un allarme preciso e circostanziato è, per l’appunto, una previsione. Se vieni condannato perché non hai dato l’allarme vuol dire che non hai previsto. Dunque, vieni condannato per non aver previsto. È la logica, non c’è bisogno di aspettare le salvifiche «motivazioni».
Poi esiste la legittima antipatia per Bertolaso. Ma la legittima antipatia per Bertolaso non può far condannare sei scienziati perché, non avendo dato l’allarme sul terremoto in arrivo, avrebbero, come si legge nel capo d’imputazione considerato fondato dal giudice, «cagionato» la morte di un certo numero di cittadini abruzzesi. Si possono trovare sgradevoli le conversazioni telefoniche in cui la Protezione civile emerge come un luogo molto cinico e disinvolto, ma si dovrebbe onestamente dire che l’unica condotta che avrebbe potuto evitare questa condanna letta con preoccupazione in tutti gli ambienti scientifici del mondo, sarebbe stata la richiesta di un’evacuazione di tutta la popolazione abruzzese per un tempo indeterminato. Per un tempo indeterminato e forse infinito: perché, se la grande scossa non fosse arrivata, nulla avrebbe potuto escludere che sarebbe arrivata dopo un mese, un anno, dieci anni, chissà. Perché, giova ripeterlo, i terremoti non sono prevedibili.
La condanna dell’Aquila è figlia di un bisogno incontenibile di colpevoli «umani» linciati come responsabili di una catastrofe naturale incontrollabile. Ma nella ricerca del diavolo, si trascura ogni responsabilità vera sui nuovi edifici costruiti in violazione delle norme antisismiche, per esempio. In Giappone i terremoti non si prevedono, ma a Tokio, durante l’ultimo, devastante sisma, è morta solo una persona. Anzi due. Una per infarto. Non perché sia stato previsto l’imprevedibile, ma perché in una zona vulnerabile ai terremoti si costruiscono grattacieli che resistono ai terremoti, come a Los Angeles. In Italia no, la mappa delle zone sismiche è ignorata, inesistenti o sciatti i controlli per verificare che una Casa dello studente, come quella poi distrutta all’Aquila, non sia stata costruita con la sabbia. Si processano i ricercatori. Che ora, giustamente, rifiutano ogni impegno istituzionale. Questo sì, un atteggiamento molto prudente.
Poi esiste la legittima antipatia per Bertolaso. Ma la legittima antipatia per Bertolaso non può far condannare sei scienziati perché, non avendo dato l’allarme sul terremoto in arrivo, avrebbero, come si legge nel capo d’imputazione considerato fondato dal giudice, «cagionato» la morte di un certo numero di cittadini abruzzesi. Si possono trovare sgradevoli le conversazioni telefoniche in cui la Protezione civile emerge come un luogo molto cinico e disinvolto, ma si dovrebbe onestamente dire che l’unica condotta che avrebbe potuto evitare questa condanna letta con preoccupazione in tutti gli ambienti scientifici del mondo, sarebbe stata la richiesta di un’evacuazione di tutta la popolazione abruzzese per un tempo indeterminato. Per un tempo indeterminato e forse infinito: perché, se la grande scossa non fosse arrivata, nulla avrebbe potuto escludere che sarebbe arrivata dopo un mese, un anno, dieci anni, chissà. Perché, giova ripeterlo, i terremoti non sono prevedibili.
La condanna dell’Aquila è figlia di un bisogno incontenibile di colpevoli «umani» linciati come responsabili di una catastrofe naturale incontrollabile. Ma nella ricerca del diavolo, si trascura ogni responsabilità vera sui nuovi edifici costruiti in violazione delle norme antisismiche, per esempio. In Giappone i terremoti non si prevedono, ma a Tokio, durante l’ultimo, devastante sisma, è morta solo una persona. Anzi due. Una per infarto. Non perché sia stato previsto l’imprevedibile, ma perché in una zona vulnerabile ai terremoti si costruiscono grattacieli che resistono ai terremoti, come a Los Angeles. In Italia no, la mappa delle zone sismiche è ignorata, inesistenti o sciatti i controlli per verificare che una Casa dello studente, come quella poi distrutta all’Aquila, non sia stata costruita con la sabbia. Si processano i ricercatori. Che ora, giustamente, rifiutano ogni impegno istituzionale. Questo sì, un atteggiamento molto prudente.
Nessun commento:
Posta un commento