Quando acquistavo Repubblica (fatto per 30 anni, poi
l'ossessione berlusconiana del giornale non l'ho retta più ) , Ilvo Diamanti
era uno dei miei opinionisti preferiti. Mi piace il suo modo di scrivere,
l'analisi lucida, ragionata e pacata. E questo anche se non sempre condivido
quello che scrive. Nell'articolo di oggi molte cose che osserva le trovo giuste
e in fondo contesto solo due cose, ancorché non irrilevanti.
1) le "urla" di Berlusconi vanno valutate anche nel merito, e
molte delle cose che lui ha contestato rappresentano problemi VERI, per
l'Italia e l'Europa, e questo a detta di tantissimi osservatori non
berlusconiani :
a) il problema dell'euro, com'è nato (cambio) , come non sia
sostenuto da una sufficiente unione politica
b) il problema dell'Europa, con un deficit di democrazia,
una sospetta egemonia tedesca, una limitazione di sovranità NON condivisa
c) l'eccesso di pressione fiscale e i suoi effetti recessivi
d) l'indispensabilità di un riforma istituzionale e
costituzionale che rafforzi il potere esecutivo (in Italia, notoriamente, un
sindaco ha più autonomia e potere del P. del Consiglio )
e) l'indispensabilità della riforma della giustizia, con una
magistratura che palesemente (caso Quirinale -Palermo ), a prescindere dai 33
processi 33 a
Berlusconi, si mostra politicizzata e fuori asse rispetto all'equilibrio dei
tre poteri dello Stato
Diamanti dice una cosa giusta quando scrive che Berlusconi porta la responsabilità delle riforme mancate, ma ne dice una non vera quando lo presenta come il colpevole unico o principale. Altri osservatori, bravi tanto quanto lui, come Giacalone, Panebianco , Galli della Loggia, da anni denunciano che il vulnus della seconda repubblica è stata di nascere maggioritaria conservando la struttura costituzionale precedente, fondata sul parlamentarismo. Di qui le maggioranze solo numericamente tali e l'effettiva, concreta inefficienza dei governi succedutisi in questi 20 anni ( ricordo sempre che di 18 anni di Berlusconismo, il centro sinistra ha governato l'esatta metà, forse qualche mese in più che in meno...).
2) Sgradevole, non da Diamanti, il riferimento al dato
dell'invecchiamento berlusconiano, sottolineando quello fisico. Nemmeno Renzi il rottamatore per eccellenza ha mai fatto scivoloni del genere. Un dato obiettivo a cui viene però data
valenza politica...Certo, Berlusconi non può essere il nuovo (invece possono
esserlo Fini, Casini e anche Bersani che
in Parlamento c'erano PRIMA di lui ? ), però quello che dice vale o non vale
non sulla base anagrafica. Napolitano ha quasi 90 anni, è in politica dal
ginnasio eppure sembra il VATE quando parla (non per me, ma per molti sì ).
A parte questo, che Berlusconi sia ormai un uomo
politicamente solo, che la sua stagione sia tramontata e che lui
caratterialmente stenti a digerire tutto ciò, su questo concordo pienamente.
È DIFFICILE uscire di scena. Quando per quasi vent’anni si è
stati al centro – non dello spazio politico – ma di ogni dibattito,
valutazione, polemica. È difficile.
Quando si è, ancora, alla guida del più grande gruppo
televisivo privato. Quando si è abituati a misurare il proprio potere – non
solo economico e finanziario – in base al controllo personale dei media. Visto
che il sistema politico e il modello di partito imposti da Berlusconi ruotano
intorno alla sua persona e alla comunicazione. È difficile farsi da parte.
Perché si rischia la devoluzione rapida e devastante della propria posizione
politica ed economica “personale”. Ma, soprattutto, si rischia l’isolamento. La
solitudine. Sta qui l’origine degli interventi di Silvio Berlusconi, negli
ultimi giorni. “Estremisti”, nei toni. L’Uomo-Solo-al-Comando, all’improvviso,
si sente solamente Solo. E ha paura del silenzio intorno sé. Reagisce con
estrema violenza – verbale. Così grida. E usa, non a caso, linguaggio e stile
di comunicazione sperimentati, con successo, da Beppe Grillo. Il quale, a sua
volta, ha intercettato una parte degli elettori di Berlusconi, orfani di
rappresentanza e di rappresentazione. Il Cavaliere: un uomo solo. Il giorno
dopo aver annunciato la rinuncia a candidarsi come premier, a capo del
centrodestra, la condanna del Tribunale di Milano, l’ha fatto sentire
vulnerabile. Gli ha fatto percepire la debolezza di chi non ha più il potere.
Perché è e sarà fuori dalla scena politica. Comunque, non più al centro. E
dunque esposto ai nemici di sempre: i magistrati. Il suo stesso “conflitto di interessi” da fattore di forza minaccia di
ritorcersi contro di lui. Visto che la sua debolezza politica rischia di
indebolire la posizione di Mediaset. Sul mercato dell’informazione e, in
generale, sui “mercati finanziari”. Ma, soprattutto, Berlusconi non si è
sentito sostenuto, ma, anzi, quasi abbandonato, dai leader del Pdl. O di quel
che ne resta. Poche voci a suo favore, da centrodestra. Nessuna dal Centro.
Neppure un sussurro dagli uomini del governo. Che egli aveva “accettato” e poi
sostenuto. Al punto di candidare Monti a leader della “sua” parte. Berlusconi.
Si è sentito solo e vulnerabile. Come quel 23 ottobre 2011, a Bruxelles, quando
la Merkel e Sarkozy, interpellati sulla credibilità dell’allora premier
italiano, si guardarono e sorrisero, suscitando l’ilarità di tutta la sala
stampa. Berlusconi. La sua esperienza di governo si chiuse in quel momento.
Sepolta dal ridicolo. Dall’in-credulità europea. Intollerabile per chi era
abituato a recitare la parte dell’Uomo Solo al comando. Così, quando, nei
giorni scorsi, ha percepito il proprio isolamento, nella Casa e nel Popolo che
egli stesso aveva creato: in quello stesso momento ha reagito. Ha inveito. Con
rabbia e risentimento. Non contro i “nemici” di sempre – magistrati e
comunisti. Ma contro gli “amici” che lo lasciavano solo. E stavano negoziando,
alle sue spalle, con i democristiani di Casini e con il salotto buono degli
imprenditori, rappresentato da Montezemolo. Silvio Berlusconi ha minacciato di far saltare il tavolo. Non solo del governo tecnico, ma,
anzitutto, del centrodestra. Del Pdl. Degli amici fidati che stavano preparando
la sua successione. Senza di lui. Non solo. Ma “contro” di lui. Il Padrone – di
ieri. Oggi: un Signore imbarazzante. Un’eredità sgradevole, perché è difficile
assumere la guida di una forza politica all’ombra, ingombrante, del Fondatore –
e unico leader, fino a ieri – del Partito Personale.
Per questo, più che un “ritorno in campo”, l’iniziativa di
Berlusconi, in effetti, appare una minaccia di invasione. Espressa in modo
perentorio. Un modo per dire, anzi, gridare, che lui, il Cavaliere, non se n’è
mai andato. Che il muro di Arcore esiste ancora. Berlusconi. Ha rivendicato la
propria capacità di esercitare il potere media-politico. Da solo contro tutti.
Perché tutti l’hanno lasciato solo. A costo di ricostruire un nuovo “partito personale”.
Una lista di “uomini nuovi”, da opporre ai “vecchi politici” presenti negli
altri partiti. Compreso quello che egli, almeno fino a ieri, guidava.
Tuttavia, il tono e i contenuti dell’intervento di
Berlusconi – la sua stessa presenza fisica – confermano l’impressione di una
storia conclusa. Difficile raccogliere la denuncia della politica e delle
politiche dell’ultima stagione espressa da chi ne è stato non “un”, ma “il”
protagonista. Difficile immaginare che vi sia spazio per un altro soggetto anti-montista
e anti-europeo, in Italia. Oltre a quelli che già agiscono sul mercato
politico. Dalla Sinistra alla Lega al M5S. Difficile anche concepire che la maschera esibita dal
Cavaliere nella conferenza stampa – artefatta, affaticata: sempre più vecchia –
possa “rappresentare” un “nuovo” soggetto politico, composto di persone giovani
– e nuove. Nella parabola di Berlusconi, “i due corpi del leader” (per
echeggiare la metafora di Mauro Calise) sono indissolubili. Il declino “fisico”
si riflette in quello del “corpo politico”.
Le invettive di Berlusconi risuonano, così, come “grida nel
vuoto”. Che, per questo, echeggiano più forti. Perché, davvero, intorno a lui,
c’è il “vuoto”. Il centrodestra e il Pdl, che egli ha creato a propria immagine
e somiglianza, oggi appaiono in seria difficoltà nel tentativo di ricrearsi. Di
costruire una nuova immagine e una nuova identità. Non sarà facile, per chi è
vissuto e cresciuto alla sua ombra. Ma l’esternazione di Berlusconi rende
evidente anche il “vuoto” prodotto dal crollo del Muro di Arcore, costruito
sulle macerie del Muro di Berlino. Oggi quel muro non c’è più e Berlusconi
resta sulla scena politica non per guidarla. Né per organizzarla. Al più, per
condizionarne le scelte e gli indirizzi. Ma, soprattutto, per difendersi. E per
farsi intendere deve gridare forte. In prima persona. Visto che sono in tanti a
gridare, in questo cambio d’epoca. La Seconda Repubblica è finita. Ora occorre
costruirne una nuova. Senza muri e senza nemici. E, tanto per iniziare, senza inseguire
Berlusconi.
Nessun commento:
Posta un commento