mercoledì 31 dicembre 2014

RENZI SI FIDA DI MODI. CHE DIO GLIELA MANDI BUONA AI NOSTRI MARO'



Renzi, che di giustizia notoriamente non ci capisce una cippa per ammissione - segreta - dei suoi stessi uomini, poteva fidarsi, per la querelle dei due Marò, di puntare su una strategia di doppio binario uno dei quali era di carattere giuridico ( arbitrato internazionale) ? Ovviamente no. Per cui si punta tutto sulla diplomazia segreta, che si ha motivo di temere consista solo nel genuflettersi davanti al leader indiano perché ci faccia la grazia. Questo nonostante il recente schiaffone ricevuto dalla corte indiana che, per ribadire la propria autonomia e indipendenza dal potere politico, ha respinto due mozioni italiane finalizzate a concedere una licenza a Girone e a lasciare in Italia Latorre, che forse necessita di un intervento chirurgico. 
Chissà, magari il nostro Premier l'avrà visto come un bluff, una semplice ammuina...
Che dire ? Speriamo abbia ragione lui ! Intanto, a febbraio, saranno TRE anni che questa storia va avanti. L'altro giorno, su un magazine della Fiom è apparso un articolo in cui si biasimava il tanto (???) darsi da fare italiano per due che in fondo sono due assassini...
Non stupisce che un insulso foglio che fa capo ad un esagitato come Landini scriva scemenze del genere. Sarà qualche frustrato e nostalgico terzomondista, uno di quelli disperati che tra poco gli americani torneranno a Cuba, mentre da tempo fanno buoni affari col Vietnam... Per dire che Latorre e Girone, fucilieri di marina in missione anti pirateria a difesa di una nave italiana, sono due assassini, vogliamo almeno prima processarli ? Dopo tre anni sarebbe anche il caso no ?
Per fortuna solo il 10% degli italiani condividono in profilo così beota, questo un po' consola. 


Il Corriere della Sera - Digital Edition

Marò, strategia italiana ribaltata La scelta di puntare tutto su Modi
Niente arbitrato, accordo politico con l’India:
i rischi del piano di Palazzo Chigi
 

Nella lunga vicenda dei due marò, siamo tornati alla casella di partenza, al febbraio 2012: tutto è nelle mani della benevolenza dell’India politica e giudiziaria. Si può sperare che questa volta vada meglio: il governo indiano in carica, guidato da Narendra Modi, è più disposto di quello di allora a trovare una soluzion e condivisa. Il dato di fatto, però, è che a dare le carte continua a essere solo Delhi: la strategia per strapparle l’iniziativa, o almeno per condividerla, era stata impostata da Emma Bonino quando era ministro degli Esteri del governo Letta ed era stata portata avanti da Federica Mogherini, prima di trasferirsi a Bruxelles, e dal ministro della Difesa Roberta Pinotti. Fino a poco più di tre mesi fa: poi, la questione è stata presa in mano dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, la strategia è stata abbandonata e tutto è stato riportato su un piano esclusivamente politico tra i governi dei due Paesi; un rapporto nel quale l’India è in posizione di forza e detta modi e tempi. Con risultati pessimi per Salvatore Girone, per Massimiliano Latorre e per la reputazione internazionale dell’Italia, come si è visto nei giorni scorsi.
Ora si può fare il punto su ciò che sta avvenendo in questi giorni. Anche perché la vicenda ha assunto una valenza sempre più rilevante nella politica italiana dopo che Matteo Renzi ha criticato gli «inutili show» di alcuni «ministri dei governi precedenti», riferendosi all’ex titolare degli Esteri Giulio Terzi e forse a Emma Bonino; e ha detto che il governo di Delhi «nelle ultime ore ha aperto un canale di confronto diretto», con ciò di fatto smentendo i suoi ministri Pinotti e Paolo Gentiloni (Esteri) che avevano mostrato forte irritazione con l’India.
Fin dall’estate, sul tavolo delle autorità indiane c’è una proposta di Roma per arrivare a una soluzione condivisa. Al tempo, aveva una sua logica e rispondeva a una strategia: ingaggiare in un confronto politico il nuovo governo di Delhi e in parallelo preparare il ricorso all’arbitrato internazionale. Due iniziative che si rafforzavano a vicenda: l’arbitrato avrebbe fatto pressione sull’India affinché accettasse un compromesso e la proposta di accordo bilaterale sarebbe stata, se respinta, un’argomentazione in più per ricorrere all’arbitrato. Questa costruzione è stata inspiegabilmente abbandonata.
La decisione di azzerarla è avvenuta in contemporanea alla scelta di Renzi di prendere direttamente in carico la questione. Il che ha significato mettere ai margini i ministeri degli Esteri e della Difesa, fino ad allora alla guida del caso, e puntare tutto sulla ricerca di un rapporto diretto con Modi, in particolare con Ajit Doval, consigliere per la Sicurezza nazionale, una delle superspie più famose d’Asia. E ha comportato il congelamento del team giuridico di avvocati internazionali, guidato dall’inglese Sir Daniel Bethlehem, che nei mesi precedenti aveva preparato la soluzione italiana per arrivare a un compromesso con l’India o all’arbitrato internazionale unilaterale. A quel punto, la gestione del caso si è trasformata nell’esclusiva ricerca di una disponibilità della parte indiana a risolverlo.
Il 16 dicembre scorso, è arrivato il risultato della svolta impressa da Renzi. Gli avvocati dell’Italia hanno presentato due mozioni alla Corte Suprema di Delhi con le quali chiedevano un prolungamento della licenza di Latorre e un permesso natalizio di tre mesi per Girone. Evidentemente incoraggiati dai colloqui con Doval. In realtà, l’avvocato dello Stato indiano si opponeva alle mozioni. E il presidente della Corte Suprema si mostrava irritatissimo dalla mossa italiana, letta come il tentativo di parte politica di imporre una soluzione violando l’autonomia della Corte: consigliava agli avvocati italiani di non presentare nemmeno le mozioni; consiglio umiliante ma perentorio. Tradotto: il governo Modi – come ha poi ribadito pubblicamente – vorrebbe «una soluzione diplomatica condivisa» con Roma ma deve rispettare l’indipendenza della sua magistratura, la quale lo ha fatto sapere con chiarezza. Un Paese europeo che non consideri l’India pienamente uno Stato di diritto è destinato a sollevarne gli automatici riflessi anticolonialisti.
Alla fine, insomma, il nodo mai sciolto della vicenda è venuto al pettine: la confusione tra aspetto diplomatico del caso e aspetto giudiziario. Il nuovo pasticcio creato con la svolta degli ultimi mesi ha fatto tornare alla casella di partenza questo triste gioco dell’oca. Perché ora, tra l’altro, l’Italia si sta alienando la possibilità di dare inizio a un arbitrato internazionale unilaterale, impossibile da chiedere se con il governo di Delhi ci sono ancora aperte trattative, come hanno confermato gli indiani e lo stesso Renzi due giorni fa. Solo quando una trattativa è, dopo più tentativi, fallita, il ricorso all’arbitrato unilaterale ha chance di successo, no n prima: quella era la strategia portata avanti fino ad alcuni mesi fa e poi abbandonata dal governo di Roma. Ora, resta solo la possibilità che Narendra Modi accetti un accordo, magari per un arbitrato su dove tenere (in Italia o in un Paese terzo) il processo a Girone e Latorre. Siamo in attesa della bontà sua. 

@danilotaino

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