martedì 11 marzo 2014

IRPEF O IRAP NON E' UN DERBY SENZA CONSEGUENZE PER LA "CLASSIFICA" ITALIA


Infatuato di Luca Ricolfi, sto leggendo contemporaneamente due suoi libri : uno è stato pubblicato diversi anni fa, suggeritomi da alcuni amici di FB, che cercava di spiegare l'origine del complesso dei "migliori" che caratterizza la sinistra, e la conseguente antipatia di questa parte politica per i restanti due terzi della popolazione ( infatti il titolo è "Perché siamo antipatici" Perché siamo antipatici. La sinis ) ; l'altro è uscito in questi giorni, ed espone una suggestiva teoria sul perché l'Occidente non cresce più come prima ("L'Enigma della crescita"  enigma della crescita. Alla scoperta del ) .Ne parleremo.
Oggi il "nostro" scrive un bell'editoriale su La Stampa e spiega perché la scelta su dove indirizzare i dieci miliardi di euro evocati da Renzi non è affatto indifferente e spiega perché.
Peraltro un altro bravo opinionista, esperto di cose economiche, Giuseppe Turani, fa osservazioni opposte a quelle di Ricolfi, e anche lui ovviamente indica le ragioni : " Se quei dieci miliardi vengono usati per abbassare le imposte sulle persone fisiche con redditi bassi (o medi), si può stare certi che dopo sei anni di cinghia tirata (è diminuito persino il consumo della carne e delle verdure pregiate), finiranno tutti sul mercato. Qualcuno forse troverà il coraggio per comprarsi l’ultimo modello di tablet, ma la maggior parte farà acquisti essenziali.
In una parola ripartirà la domanda interna. E oggi la nostra crisi nasce proprio da questo: gli italiani hanno troppi pochi soldi e quindi hanno diradato gli acquisti. Se diamo loro dieci miliardi in più, all’economia arriverà un buon stimolo."
Come potete leggere di seguito, Ricolfi non ne fa solo un discorso "imprese - Lavoratori", ma soprattutto "garantiti e non garantiti". Quei dieci miliardi, se mai saranno recuperati (certo, se il sistema è tassare da altre parti...dubito che ci possa essere un ritorno positivo, ma non è questo ora il tema), è bene vadano ai settori che non hanno garanzie, e non a dare soldi in più a gente, specie i dipendenti pubblici, che oggi sono gli UNICI a poter ancora contare sulla retribuzione a fine mese. 
E Ricolfi contesta proprio questo, alla sinistra di governo e ai sindacati : da tempo siete diventati i tutori dei MENO deboli,  quelli che di soldi magari ne avranno non tanti, ma SICURI, rispetto a milioni di lavoratori cui la precarietà e l'incertezza sono la regola.
Pur riconoscendo la logica delle osservazioni di Turani, quelle di Ricolfi mi convincono di più.
E a voi ?
Buona Lettura




Irpef o Irap una scelta rivelatrice 

luca ricolfi

Irpef o Irap? I dieci miliardi di sgravi fiscali promessi da Renzi devono andare ai lavoratori o alle imprese? 
Mai dilemma di politica economica fu più falso e fuorviante di questo. Intanto perché l’abbassamento dell’Irpef - al quale secondo le ultime voci sarebbe orientato il premier - non riguarderebbe affatto «i lavoratori», che sono oltre 22 milioni, ma una parte dei lavoratori dipendenti; e in secondo luogo perché l’abbassamento dell’Irap non riguarderebbe «le imprese», quanto l’insieme ben più vasto dei lavoratori autonomi soggetti a Irap, che sono quasi 5 milioni di persone.  
Cominciamo quindi con il dire una prima verità: se, come pare, lo sgravio sarà tutto concentrato su un’imposta, e non spalmato su entrambe, la scelta reale di Renzi non è fra lavoratori e imprese, ma semmai fra due gruppi di lavoratori. 
Ma è l’unica scelta? Ed è la scelta più importante? 
Secondo me no. A mio parere, la frattura sociale fondamentale, in Italia, non è fra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi. La frattura fondamentale è fra garantiti e non garantiti. O, se preferite, fra società delle tutele e società del rischio. Da una parte dipendenti pubblici e dipendenti delle grandi imprese, la cui condizione poggia su un sistema di garanzie relativamente solido e sostanzialmente stabile. 
Dall’altra lavoratori autonomi, operai e impiegati delle piccole imprese, disoccupati, precari, lavoratori in nero, giovani e donne alla ricerca di un’occupazione, che nuotano nel vasto oceano del rischio perché la loro condizione è drammaticamente soggetta ai capricci del mercato e le tutele di cui godono sono minime. Questi sono i due mondi che si intrecciano in Italia, talvolta all’interno della medesima famiglia. Ora, rispetto a questa frattura, l’alternativa fra sgravi Irpef e Irap è assolutamente cruciale.  
Gli sgravi Irpef incidono sui risparmi e sui consumi di una decina di milioni di lavoratori dipendenti, ma lasciano del tutto invariata la condizione di chi è lavoratore autonomo o non ha un’occupazione. Gli sgravi Irap, invece, oltre a incidere sui risparmi e sui consumi di circa 5 milioni di lavoratori indipendenti, esercitano un effetto di entità non trascurabile sul tasso di crescita e sull’occupazione. Alleggerendo i conti delle aziende, infatti, gli sgravi Irap riducono il rischio di chiusura e aumentano le possibilità di creare nuovi posti di lavoro.  
La differenza di fondo fra le due strade, fra mettere 10 miliardi sull’Irpef e metterli sull’Irap, è che nel primo caso (Irpef) si fornisce un sollievo a una parte di coloro che un reddito già ce l’hanno, mentre nel secondo caso si dà una chance anche a chi non ha alcun reddito. In poche parole, gli sgravi Irap possono avere qualche effetto non solo nella società delle garanzie, ma anche in quella del rischio. 
 
Tradizionalmente la politica, specie a sinistra, ha sempre avuto un occhio di riguardo per il mondo dei garantiti, specie dipendenti pubblici e operai delle grandi fabbriche, e ha prestato ben poca attenzione a quello dei non garantiti, e in particolare di giovani, donne, disoccupati, precari e lavoratori in nero. E’ per questo che, quando spuntano fuori delle «risorse», il riflesso condizionato di un po’ tutte le forze politiche, e massimamente quello delle organizzazioni sindacali, è di convogliare tali risorse verso i propri iscritti o i propri elettori, che tendenzialmente costituiscono porzioni più o meno ampie e ben definite del mondo dei garantiti. E’ naturale: ognuno cerca di proteggere i suoi, e i non garantiti sono tali proprio perché non hanno alcuno che li protegga e ne difenda le buone ragioni.  
Ecco perché, molto giustamente, tanti studiosi e tanti osservatori dicono che, in Italia, non solo la destra ma anche la sinistra è conservatrice. Ed ecco perché, da qualche tempo, ci si augura che almeno la sinistra abbandoni la sua attitudine conservatrice e provi a fare la sinistra, difendendo innanzitutto i veri deboli. 
Avrà Matteo Renzi il coraggio di puntare, per la prima volta nella storia della sinistra nell’Italia repubblicana, sul mondo dei non garantiti?  
O preferirà la solita strada, quella di dare un contentino a un segmento dei garantiti? 
Lo vedremo domani, quando verrà presentato il Jobs Act. Nel frattempo possiamo solo rallegrarci di una cosa: dopo che il premier avrà fatto la sua scelta definitiva, noi cittadini ne sapremo molto di più sul premier stesso. Perché la scelta Irpef-Irap è una cartina al tornasole perfetta, capace di dirci se – con Renzi – la sinistra ha davvero cambiato verso, diventando più moderna e attenta all’interesse generale, o se essa continua ad essere ostaggio dei poteri di sempre, che ne hanno fatto una delle forze più conservatrici del Paese. 

Nessun commento:

Posta un commento