venerdì 21 febbraio 2014

TORTORA NON FU IL PRIMO


Nel 1981, prima ancora del caso Tortora, che ovviamente, causa la grande popolarità nazionale del conduttore televisivo, ebbe uno scalpore maggiore ed è diventato il caso esemplare di come NON si celebra la giustizia, c'era stato in Italia un altro scandalo che avrebbe dovuto lanciare un allarme assordante per l'uso aberrante dei pentiti. Era stato il caso cd. Manuella, che prese il nome dal primo tassello oscuro di una pagina bruttissima della giustizia italiana, ancorché riscattata nel finale dalla serietà e professionalità dei giudici di Corte d'Assise.
Questa storia non la conoscevo, che, a 22 anni e studente universitario, con Tortora iniziai a nutrire i primi seri dubbi sul funzionamento di una macchina che fino a quel momento, figlio di un Giudice, avevo idealizzato.
Me l'ha sottoposta il mio caro amico Cataldo Intrieri, delle Camere Penali di Roma, postandomi un documentario, molto sobrio, realizzato, se non ho capito male, dalla Camera Penale di Cagliari. Mi sono poi andato a leggere un po' di notizie, e ne ho trovate sull'Unione Sarda e su Repubblica, sostanzialmente identiche a quelle del video, con commenti semmai più duri nei confronti di chi si era così colpevolmente sbagliato chissà quanto in completa buona fede.
Sì perché anche nel processo Marongiu come nel processo Tortora, e pare di capire nel caso Scarantino e in troppi altri, il problema non è SOLO - e sarebbe già abbastanza - che dei magistrati si fanno ingannare da delinquenti che si dicono pentiti e che siccome sono criminali andrebbero ascoltati con il massimo del dubbio e dei riscontri, ma anche che la manipolazione sia RECIPROCA. Il pentito usa il magistrato, e anche viceversa, con dichiarazioni troppe volte corrette in corso d'opera.
Ma andiamo per ordine. 
Il 22.4.1981 a Cagliari sparisce l'avvocato civilista Gianfranco Manuella. Le  indagini relative sono  affidate al PM Enrico Altieri. Circa due mesi dopo, viene trovato il cadavere di Giovanni Battista Marongiu, un pregiudicato, coinvolto nello spaccio di droga nella città. A legare le due figure, salta fuori da lì a poco un indagato per l'omicidio Marongiu, Sergio PIRAS, un professore di francese che si fa chiamare avvocato, che conosceva l'ucciso, e che presto fa intendere al procuratore Altieri che lui sa un sacco di cose, e tra queste che l'avvocato Manuella, non ancora ritrovato, in realtà è morto anche lui. Piras avrebbe assistito alla sua uccisione ma poi sbaglia più volte sul luogo dove sarebbe stato sepolto il corpo, che infatti non viene mai ritrovato.
Pazienza, gli inquirenti di fronte ad un personaggio dal canto così ricco di note, ancorché stonato, non si insospettiscono per così poco. Piras parla, parla, e racconta di una Cagliari corrotta, dove la delinquenza, soprattutto quella che tratta l'eroina, viene a contatto con persone bene della città, soprattuto avvocati in vista. Tra questi, appunto, Gianfranco Manuella, che sarebbe stato ucciso per uno "sgarro" e come lui il Marongiu. 
 Ad arricchire la scena, nell'ottobre 1981 arriva un altro pentito, che guadagna subito la pole position ammettendo di essere l'assassino di Marongiu. E' Pino PESARIN, un balordo, eroinomane, autore di rapine in banca, arrestato perché sospettato di essere coinvolto nell'omicidio Marongiu. Naturalmente, appena preso, Pesarin "si pente" e confessa, come detto, l'omicidio. Ci sarebbe un problema : quello che dice Pesarin NON combacia con quello che, tra una correzione e una ritrattazione, va dicendo Piras. 
Siccome il numero perfetto è 3, ecco che salta fuori un terzo pentito, un altro arrestato nel corso dell'inchiesta sulla banda di spacciatori che starebbe dietro agli omicidi. SI tratta di Marco MARROCCU che in un primo tempo sembra avallare le dichiarazioni di Pesarin. Ma come abbiamo visto queste NON sono conferenti con le cantate di Piras e gli inquirenti si preoccupano di questo coro stonato. Ecco così che dopo una bella chiacchierata coi magistrati, Marroccu si "corregge" e giustifica le prime dichiarazioni, a questo punto "false" perchè suggeritegli dal suo difensore, l'avvocato Paolo SECCI  e subito dopo inizia a fare le prime dichiarazioni che accusano Aldo Marongiu, in un primo tempo chiamato a difendere proprio Piras.
A questo punto, miracoli dell'istruttoria, anche Pesarin si adegua alle dichiarazioni di Marroccu, che come abbiamo visto a sua volta si era "aggiustato" con quelle del Piras. Finalmente i tre "tenori" cantano insieme !
Sempre stonati, però almeno lo spartito è quasi identico. Non durerà molto, ma abbiamo visto che gli inquirenti ( al PM Altieri bisogna aggingere il Giudice Istruttore Fernando BOVA ) sono di bocca molto buona. L' avvocato Secci viene arrestato, ma è solo il primo del Foro di Cagliari che dovrà conoscere le patrie galere.
A dire il vero, sia Marroccu che Pesarin ad un certo momento ritrattano le accuse ma qui scatta uno strano meccanismo, che era valso anche con Piras : quando accusano i pentiti sono creduti, anche senza riscontri, quando ritrattano no. Anche perché basta ragionarci un po' insieme ed ecco che i nostri cantanti ritrovano il giusto tono : a dicembre 1981 Marroccu "ritratta la ritrattazione" e ribadisce le accuse contro Secci. Gli inquirenti avevano risparmiato tempo, e  avevano mai liberato il legale.  Marroccu è un fiume in piena, attacca nuovamente l'avv. Aldo Marongiu, indicato come mente occulta della banda dedita allo spaccio, e coinvolge i suoi colleghi di studio, Giorgio Viana, addirittura l'esecutore materiale dell'omicidio Manuella , e il praticante Giuseppe Podda. Per far vedere che non si guarda in faccia a nessuno, i sospetti si estendono anche al sostituto procuratore Basilone, amico dell'Avv. Secci. Ma in galera ci andranno solo gli avvocati. Per i colleghi Aldo Marongiu e Giorgio Viana, insieme al dottore Podda, si aprono le porte del carcere "Il buon cammino" (che nomi...) di Cagliari.
Il carcere preventivo, come più onestamente si chiamava al tempo, durerà due anni, fino al processo in Corte d'Assise. Lo scontro tra magistratura e avvocatura a Cagliari fu durissimo.
Prima dell'inizio del processo passerà un anno. Nel frattempo saltano fuori testimonianze contrarie alle dichiarazione dei pentiti. Una teste per esempio dichiara che il 22 aprile, giorno in cui Piras dichiara di aver assistito all'omicidio di Manuella e all'occultamento del suo cadavere (che però non ritrova...), lei era con lui.
Alla procura non cale.

Il 10 marzo 1983 si apre finalmente il processo in assise. La formazione della Corte fu laboriosa, perché tra i magistrati giudicanti molti erano quelli che avevano espresso stima per gli arrestati e non pochi erano quelli che NON condividevano la conduzione dell'istruttoria. Alla fine vengono scelti come presidente Marco Onnis e come giudice a latere Gianluigi Ferrero.  La loro scelta fu motivo di speranza per gli avvocati arrestati, che ne conoscevano rettezza e capacità professionale. 
Il processo durerà 102 udienze. 
In esse accade, per esempio, che si faccia notare che il Pesarin riferisce di colloqui con il dott. Podda, dello studio Marongiu, che si recava in carcere per concordare le versioni da fornire agli inquirenti, che però risulterebbero impossibili : nei giorni  indicati dal pentito, il dr. Podda in carcere NON ci va, e infatti il suo nome non risulta nei registri del carcere in entrata e in uscita.
Ma il colpo di scena arriva con Marroccu che in udienza ritratta e stavolta lo fa davanti ai giudici. Gli avvocati sono INNOCENTI, non hanno nulla a che fare col traffico e lo spaccio di droga. La frode processuale, dice, gli è stata suggerita dal proprio difensore, poi ricusato...
Sempre in aula viene sentito come teste il pittore Matteo Discepolo, amico di Giorgio Viana, che scagiona l'avvocato affermando che il giorno dell'omicidio di Manuella, il 22 aprile 1981, commesso secondo Piras e Pesarin dallo stesso Viana, quest'ultimo era con il testimone. L'accusa non crede al teste (e certo !) , quest'ultimo si sottopone alla macchina della verità in una trasmissione tv - che quella prova non era e non è ammessa dal nostro ordinamento - e la supera in scioltezza. Non conta ma effetto lo fa.
Nulla peraltro scuote la convinzione colpevolista e il motivo lo spiega bene il PM Altieri al momento della requisitoria (pene pesanti per tutti, tranne che per i pentiti ovviamente...), in cui afferma che "il vero processo è quello che si è svolto in istruttoria e non quello tenutosi in aula". Basterebbe questa frase per fare un monumento equestre a coloro che si sono battuti per l'abolizione del processo inquisitorio e che hanno ottenuto la riforma dell'art. 111 della Costituzione. 
L'8 ottobre 1983 la Corte d'Assise ASSOLVE tutti gli avvocati imputati. 
Nel 1983 l'Italia non era forcaiola come oggi, e la folla applaudì in modo scrosciante la sentenza di  assoluzione. Quando Aldo Marongiu uscirà dal carcere trovò una folla giubilante ad accoglierlo. L'unione regionale forense, di fronte all'assoluzione con formula piena dei colleghi, chiese il trasferimento degli inquirenti, ritenuti ormai incompatibili con il distretto della corte d'appello di Cagliari. Richiesta comprensibile, ma chi se li doveva prendere   questi due cancri ?
Intervistato dopo la vicenda, l'avvocato Marongiu dichiarerà di non credere più alla giustizia così come si era sforzato di fare per gli oltre 20 anni di professione.  Come Tortora, anche lui si ammalerà di tumore e morirà precocemente.
Non trovo parole migliori per chiudere questa pagina di denuncia che quelle tratte da un passaggio della sentenza d'assoluzione :
" ...di fronte a cotali dichiarazioni, recepite senza alcuna contestazione dagli inquirenti, un'osservazione s'impone : in quel contesto il Marroccu avrebbe riscosso incondizionato credito anche se avesse descritto il rapimento del Manuella a bordo di un UFO purché pilotato da un equipaggio composto dal Secci, dal Viana, dal Marongiu e dal Podda". 










3 commenti:

  1. RENATA SERCI

    Bravo Stefano !

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  2. Né il primo né l'ultimo. Innamorarsi delle proprie idee è pratica comune ma pericolosissima

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  3. Chi può veramente affermare che avessero torto gli inquirenti?

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